"La Traviata", la tisi in un mondo di signori e prostitute.

Dopo la Bohème siamo ancora a Parigi, in un mondo diverso, dove al popolo variegato del Quartiere Latino si contrappone la nobiltà spensierata e cieca di fronte ai bisogni, sia morali che economici, dell’uomo qualunque.

traviata

Violetta è come Mimi, malata di tisi, anche lei probabilmente nasce povera e a differenza dell’eroina Pucciniana,  si riduce a prostituirsi.

Verdi mette in scena le contraddizioni borghesi che spesso troviamo anche nella società d’oggi. Ieri e la prostituta, oggi il diverso, ma il comportamento dei ben pensanti è sempre lo stesso. Verdi denuncia il basso profilo etico della società borghese, Lui che viveva con una donna separata, Giuseppina Strepponi, Lui che si sente in dovere di scrivere al padre della sua prima moglie. “In casa mia vive una Signora libera e indipendente.. né io né lei dobbiamo a chicchessia conto delle nostre azioni…dirò che a lei, in casa mia, si deve pari anzi maggiore rispetto che a me…”.

Questo è l’ambiente sociale che Verdi denuncia, mettendone a nudo i pregiudizi. A nulla vale il tentativo di riemergere dal basso di Violetta attraverso l’amore vero, mai conosciuto prima, d’Alfredo. Povera (vittima di un disperato amore) deve abbandonarlo per le convenienze che la società impone. Il padre d’Alfredo, per salvare la reputazione della figlia, chiede il sacrificio all’amata del figlio. La società, rappresentata nella festa a casa di Flora, non sa comprendere la tragedia che si va manifestando in tutta la crudeltà e avvalla le regole che la borghesia spesso si prefigge.

Quest’opera è modernissima,  attuale, se si considerano le minoranze che la società attuale ha creato nel suo contesto. Basta sostituire la prostituta con l’omosessuale o il povero straccione, troviamo lo stesso comportamento, la stessa difesa del convivere comune, che c’è nella società d’oggi.

Bisogna dare atto a Victor Hugo e a Verdi, di aver lanciato con la loro opera un macigno nello stagno dei pettegolezzi, degli sguardi accusatori, dei sottintesi, che vivono nell’ignoranza di qualsiasi classe sociale.

La musica descrive perfettamente questo stacco tra l’indifferenza della società e il dolore del singolo, nel terzo atto quando nella stanza della morente Violetta, entrano i canti della festa del Carnevale, e Lei pensa di donare gli ultimi suoi denari ai poveri. “sallo Iddio quanti infelici soffrono”

Non ci resta che domandarci. Fu vero pentimento quello del padre Germond o fu un dovere davanti alla morte che verrà dimenticato nel turbine delle consuetudini che la società impone?

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