VENEZIA 74: L’OMBRA DELLA SPOSA (2017) DI ALESSANDRA PESCETTA

In concorso alla 74esima Mostra di Arte Cinematografica di Venezia, nella sezione cortometraggi, troviamo la nuova opera della regista italiana Alessandra Pescetta, L’ombra della sposa (2017). La regista è una fra gli artisti più completi e singolari del cinema italiano contemporaneo: autrice di numerosi videoclip e corti (ma anche opere teatrali e installazioni video-artistiche ispirate alla mitologia classica), ha debuttato nel lungometraggio con il magnifico La città senza notte (2015), presentato in numerosi festival di tutto il mondo e recensito precedentemente in questa rubrica; il cinema della Pescetta è sempre alla ricerca di nuove sperimentazioni artistiche, ma mai astratte né fini a se stesse, bensì sempre funzionali alla rappresentazione di certi aspetti della realtà sociale di ieri e di oggi.

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L’ombra della sposa nasce dopo la rappresentazione teatrale del classico Horcynus Orca di Stefano D’Arrigo (opera che ispirò Eriprando Visconti per il dittico di film La orca e Oedipus Orca), prodotta dal Teatro Biondo Stabile di Palermo nel 2016 e diretta da Claudio Collovà, co-sceneggiatore del corto insieme alla Pescetta e autore dei testi recitati. Il film è un’opera particolarmente struggente e complessa (del resto, la vera Arte non può essere semplice o banale), nonostante la durata di 11 minuti, e racconta gli ultimi istanti di vita di alcuni soldati in mare, i loro ultimi pensieri, l’amore fra un uomo e la sua sposa affidato ad alcune lettere che affondano inesorabilmente con lui, in una sorta di limbo fra la vita e la morte.

Se in precedenza la regista aveva affrontato temi come l’immigrazione, il confronto/scontro fra culture diverse e il disastro nucleare di Fukushima, qua si confronta con l’orrore della guerra, e lo fa ambientando la storia in quello che è un elemento essenziale della sua poetica, cioè l’acqua. L’ombra della sposa è infatti dedicato a quelle migliaia di soldati che persero la vita nel mare della Sicilia durante la Seconda Guerra Mondiale, un mare che divenne la loro tomba. La regista è particolarmente legata alla terra siciliana – le sue opere sono sempre squisitamente personali sia come stile sia come temi trattati – ma la triste vicenda è estesa ovviamente a tutti i morti delle guerre, una tragedia universale che non conosce nazionalità (“Qui nel mare, parliamo tutti la stessa lingua, portiamo tutti la stessa divisa, moriamo tutti la stessa morte”, recita uno degli intensi dialoghi).

Un film dunque – com’era La città senza notte – al contempo metaforico e terribilmente concreto, una drammatica storia di morte e amore. Come ogni sua opera, L’ombra della sposa possiede innanzitutto una forza visiva potentissima, con un linguaggio da video-arte, che trascina e coinvolge lo spettatore in un fluido ipnotico di immagini e suoni. L’immagine si apre con una misteriosa ragazza (Victoria Rzepa, già molto apprezzata nel corto Ahlem della Pescetta) che siede triste sulla riva, immortalata come in un quadro – scena che tornerà alla fine – per poi spostarsi sott’acqua dove giacciono sei soldati, un marinaio (Giovanni Calcagno) e la sposa (Angela Ribaudo). Il bravissimo Calcagno, attore di cinema e teatro, presente in quasi tutte le opere di Alessandra Pescetta (con lei ha fondato la produzione La Casa dei Santi), catalizza l’attenzione con la sua inconfondibile voce profonda e magnetica, quasi fluida, come un’estensione sonora dell’acqua dove i personaggi stanno morendo (“La mia carne è liquida…e acquosa”).

L’ombra della sposa, tramite un lavoro complesso di regia e montaggio audio/video (la regista è anche montatrice del corto), diventa un’opera d’arte totale, in cui immagini, voci e suoni formano una sinestesia che avvolge lo spettatore. Girato quasi interamente sott’acqua, mostra un paesaggio subacqueo spettrale, un non-luogo dai richiami gotici (viene in mente la celebre scena coi cadaveri dell’Inferno argentiano) dove i soldati morenti (o già morti? Forse si trovano in un limbo, un aldilà) formano un tutt’uno con l’ambiente di cui ormai fanno parte e in cui fluttuano al rallentatore. Alla voce di Calcagno si alternano e si soprappongono quelle altrettanto ipnotiche di altri due soldati e della sposa, in una partitura struggente di dialoghi a metà fra il surreale e il realistico: dalle dichiarazioni d’amore della donna ai ricordi della loro vita, dagli ultimi pensieri prima della morte alla denuncia dell’orrore universale della guerra, fino alle terribili urla che invocano “Sepoltura”. I soldati ormai sono spettri privi di identità, protagonisti di un unicum straziante e apocalittico dove i loro corpi galleggiano insieme ad alghe, sangue, fotografie, lettere e oggetti vari, mentre l’acqua avvolge i protagonisti come un liquido amniotico. La sposa, efebica, fluttua nell’acqua come una Ninfa o una novella Ofelia shakespeariana. L’atmosfera che permea tutto il corto è pervasa da tristezza e mistero, infatti uno dei punti di forza dell’arte pescettiana è proprio il non voler spiegare tutto, lasciando spazio all’interpretazione dello spettatore. Per esempio, la sposa – sott’acqua come i soldati – potrebbe essere lei stessa defunta nell’illusoria attesa del ritorno del marito? E il personaggio enigmatico di Victoria Rzepa, indicata solo come “ragazza del mare”, chi rappresenta? Una traghettatrice verso l’aldilà? O una profuga contemporanea morta durante la traversata del Mediterraneo? Anche l’identità dell’una e dell’altra non è affatto scontata, anzi c’è una sorta di voluto straniamento per lo spettatore, in cui “sopra” e “sotto” si ribaltano: la sposa, che sembrerebbe essere la donna sulla riva, giace invece sott’acqua; la “ragazza del mare”, viceversa, attende sulla riva.

Inquadrature complesse e raffinatissime, primi piani su volti, arti e corpi con abiti militari, immagini sperimentali che suddividono la scena fra un sopra e un sotto (simili a quelle dei precedenti Epigrammi) sono ulteriori testimonianze di una vena creativa sempre vulcanica e innovativa, intenta a sfruttare al massimo il gusto per la composizione delle inquadrature e tutti gli elementi che fanno del cinema una vera Arte. Sperimentazione e surrealismo uniti a una cruda realtà sono sempre i punti forti di quella che continua a confermarsi una fra le migliori esponenti del Cinema d’Arte italiano contemporaneo. Completa il tutto la colonna sonora e il sound-design di Giuseppe Rizzo, musiche a metà fra la tensione e la malinconia, che avvolgono gli spettatori in un ambiente ovattato, come l’acqua che racchiude gli sventurati protagonisti.

Una curiosità: Alessandra Pescetta ha svelato il titolo del suo prossimo film: 100 preludi, prodotto dalla Recalcati Film, che ha co-prodotto anche L’ombra della sposa insieme a La Casa dei Santi.

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