Quasi per caso, recentemente, ho conosciuto un giovane autore di Bergamo. Senza sapere nulla di lui e dei libri che aveva pubblicato, mi sono immersa nella lettura di “Rapporti difficili. Storie in bicicletta e altri racconti”. Ero scettica perché di bici non capisco nulla e il libro è pubblicato con YouCanPrint, ma ho dovuto ricredermi.
“Rapporti difficili” è una raccolta di racconti con protagonisti la bicicletta e l’essere umano nella sua fragilità e nelle sue difficoltà a rapportarsi con gli altri, ma anche con se stesso. Allo stesso tempo è un modo per immaginarsi un mondo diverso, forse utopico, ma non impossibile e per guardare alla quotidianità con uno sguardo più empatico verso il prossimo. Questo sguardo deriva forse dall’esperienza personale dell’autore: Carlo Capotorto. Dopo una formazione da grafico pubblicitario e aver lavorato nel settore, Carlo, nel 2007 scelse di lasciare tutto (compresa l’auto) per iniziare una serie di viaggi, che lo portarono in Australia, nel sud est asiatico, a Dublino e Barcellona. Nel 2013 una seconda svolta contribuì alla sua visione della realtà: Capotorto si avvicinò al volontariato, prima come insegnante di italiano agli stranieri e poi in progetti di aiuto a persone con problematiche di disagio abitativo. Queste attività diventarono una sorta di vocazione e il suo mestiere principale, ma, contemporaneamente, Carlo non aveva mai smesso di scrivere pensieri, racconti, poesie , canzoni. Questo suo continuo impegno a liberare sulla carta tutto ciò che gli pesava nella testa portò a ben due pubblicazioni nel 2015: “Bergamo in blue” e una raccolta di pensieri/poesie intitolata “Qualcosa che sembra poesia”. Infine, quest’anno, a giugno, è uscito “Rapporti difficili. Storie in bicicletta e altri racconti.”, che ho letto per voi.
Per raccontarvi il libro, mi sembra però più opportuno utilizzare le parole dell’autore stesso, dato che ho avuto l’opportunità di intervistarlo.
– Il tuo libro si intitola “Rapporti difficili” e fin qui sembrerebbe dedicato a rapporti interpersonali, ma il sottotitolo “Storie in bicicletta e altri racconti” ci porta su un altra strada. Spiegaci in realtà di cosa tratta e come è strutturato.
Esatto, il sottotitolo ci porta proprio su un’altra strada: sulla strada. Le storie contenute nel libro parlano inizialmente di bicicletta e i rapporti non sono solo quelli tra le persone, ma anche quelli meccanici. Il rapporto della bicicletta è in sostanza la posizione della catena sui pignoni, le ruote con i dentini, per intenderci, che in base a come viene cambiato dal ciclista rende la pedalata più morbida o più dura. Questo paragone rapportato alla vita di tutti i giorni ci porta ai rapporti interpersonali – protagonisti della seconda metà dei racconti – di chi pedala con più sforzo perché vuole andare più lontano, di chi sceglie (o a volte gli viene imposto) di far più fatica.
– La bici è la protagonista della prima metà libro e sembra essere un’eroina, che salva, rende liberi e coraggiosi. In un racconto la paragoni a una donna e in un altro scrivi che è più leale degli esseri umani, perché avvisa sempre quando qualcosa non va. Cosa significa per te la bicicletta e che ruolo ha nella tua vita?
La bicicletta è un essere semplice, che ha bisogno di cure, è un mezzo di trasporto e un’amica fedele. La bici è anche un modo per tornare a una vita meno consumistica e indaffarata. Per me la bicicletta è libertà di andare senza spendere e di fermarsi a chiacchierare con qualcuno che si conosce, senza dannarsi per cercare parcheggio (e pagarlo); è la difficoltà nel perseverare a utilizzarla il più possibile, anche con il freddo, la pioggia o la neve. Ha un ruolo fondamentale per me, non solo per il suo utilizzo, ma anche perché quando monto in sella e pedalo mi sento sicuramente meglio e fischietto.
– Legato al tema della bicicletta vi è quello dell’ecologia. Spesso nei racconti sogni e immagini un mondo diverso, più pulito e quasi utopico. Quale messaggio volevi lasciare al lettore a proposito di questo tema? Credi davvero che sia possibile realizzare un mondo diverso?
Sono convinto che un mondo diverso sia possibile. Se continuiamo così la razza umana non durerà ancora a lungo. Il messaggio che vuole uscire da quelle pagine è proprio quello di una possibile rivoluzione su due ruote. L’utopia del “tutti in bici” è bellissima, ma ma mi rendo conto che è irrealizzabile nella società moderna che ci costringe a lunghi spostamenti per lavoro o tempi stretti tra un impegno e l’altro. Eppure piccole bolle ci sono, città senza motori, dove le persone lavorano a chilometro zero e non hanno bisogno di benzina e frenesia.
– La seconda parte è dedicata a rapporti difficili, non solo con gli altri, ma anche con se stessi. I protagonisti sono pieni di dubbi, ansie e paranoie o hanno bisogno di trovare un loro posto nel mondo. Questi racconti sono solo per svuotarti la testa, come dici tu, o avevi anche un altro scopo?
Questa è difficile. Una parte di me vorrebbe raccontare il casino che ho in testa, ma l’altra mi consiglia di evitare uno sproloquio delirante. Se non con l’intero pensiero dei personaggi, credo che in alcuni ragionamenti sia facile immedesimarsi. Tanti di quei dubbi sono passati per il cervello di tutti e, in un modo o in un altro, ogni persona ha il desiderio, conscio o inconscio che sia, di trovare il suo spazio nel mondo. Mi è capitato e capita di parlare con chi a questi dubbi non trova una risposta e li ingigantisce, rendendoli veri e propri ostacoli insormontabili…ecco, non ho l’arroganza di dire che qui dentro ci sia la risposta a questi dubbi, ma c’è il mio personale modo di affrontarne alcuni e magari qualcuno può trarne vantaggio.
– A volte i personaggi sono “antieroi senza futuro”, come l’uomo che ha perso casa e lavoro in “Una piccola parte”. Perché hai voluto rappresentare questo problema oggi molto diffuso? Avevi uno scopo
anche morale nei confronti del lettore?
Mi piace “antieroi senza futuro”. Sento molto vicine queste realtà e già in “Bergamo in blue” avevo toccato l’argomento e anche qui non riesco a slegarmene… gli ultimi, gli ignorati, quelli che tanti
nemmeno vedono hanno dentro di se un dolore impossibile da misurare e da capire appieno. Sono personaggi che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni, che ci chiedono la monetina o se vogliamo comprare qualcosa, che ci passano accanto con la birra in mano alle 10 del mattino, personaggi anche un po’ sfigati a volte, ma che potremmo essere noi in un futuro non troppo lontano.
– Nel racconto “Semplici parole” appare l’immagine di un uomo anziano, armato di bicicletta e macchina da scrivere, che regala poesie ai passanti e ha con se un libro con tema la malinconia, proprio come la tua prima raccolta. Cosa simboleggia questo uomo? È come ti immagini nel futuro o è un omaggio a qualcuno?
Ci leghiamo alla domanda precedente e l’hai azzeccata: è proprio come m’immagino in un possibile futuro! Simboleggia l’inesorabile passare del tempo, la sfuggevole presenza che ora c’è ed ora non sai dove sia
andata, rappresenta la speranza che racchiude una poesia. L’ingenua speranza che delle semplici parole lette dalla persona giusta possano entrare nel cuore e farlo ragionare.
– Non so se ti sei accorto, ma tutti i protagonisti dei tuoi racconti sono maschili. Le donne quando ci sono sono bellissime e fuggevoli, sembrano dolci apparizioni, che possono, però, anche gettare nella totale disperazione. Quale è il ruolo della donna? Salva come la bicicletta oppure no?
Si, al contrario del precedente libro che aveva un paio di racconti al femminile qui sono tutti maschili… non ci avevo fatto caso! Cado nel banale se dico che le donne sono necessarie per ogni uomo, per la sua sanità e pazzia, salvano e distruggono?! Sono fondamentali nei racconti, nei rapporti difficili appunto, perché segnano sempre un punto di svolta che sia positivo o negativo, e intorno a quegli incontri i ragionamenti dei protagonisti cambiano, annebbiati dal sentimento o dalla rabbia, un po’ come succede davvero.
– Ultima domanda: stai già pensando a un prossimo libro e se sì, sempre di racconti?
Si… cioè, non riesco molto a fermarmi dallo scrivere anche se, ultimamente, sto portando avanti svariati progetti slegati dalla carta stampata. Ho già una decina di racconti più o meno lunghi sul
computer da correggere ed editare e al momento sto scrivendo qualcosa di un pochino più lungo che, chissà, magari si trasformerà in un libretto singolo: dipende da come si svilupperà. Si tratta di una sorta di allegoria sul nazismo in una chiave un po’ particolare… ma non vorrei anticipare troppo che poi magari ci si fanno delle aspettative!
Elena Ravasio