8 marzo, la donna con la macchina da presa per il film Galileo (1968)

Intorno al film. Liliana Cavani è una figura di spicco nel cinema italiano, fra le poche registe donne in grado di imporsi anche a livello internazionale. Autrice nel senso più genuino della parola, ha portato avanti un cinema e uno stile strettamente personali: prima ancora dei suoi film più visionari, esistenzialisti ed “anarchici” (I cannibali, Il portiere di notte, La pelle e molti altri ancora), ha diretto due interessanti biografie, Francesco D’Assisi (1966) e Galileo (1968).

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La vicenda. Il film esplora una parte della vita di Galileo Galilei, il famoso scienziato che nel Seicento rivoluzionò l’astronomia. A Padova, Galilei (Cyril Cusack) è intento a studiare le teorie di Tolomeo e Aristotele per capirne i limiti. La cultura è però appannaggio della Chiesa, che mediante l’Inquisizione processa tutti coloro che sono considerati eretici: Giordano Bruno, amico di Galileo, viene condannato al rogo, ma lo scienziato è determinato a proseguire i suoi studi. Muovendosi tra Padova, Firenze e Roma, perfeziona il cannocchiale di Keplero e arriva alla conclusione che la Terra non è immobile al centro dell’universo. Dopo la pubblicazione delle sue teorie, viene processato dall’Inquisizione e costretto ad abiurarle.

Narrazione e stile. Dirigere una biografia non è mai semplice, tanto più se incentrata su un personaggio importante come Galileo e ambientata in un periodo così oscuro e controverso. La Cavani, qui alla sua seconda regia dopo il film su San Francesco, prosegue nel genere storico/biografico e lo fa nel migliore dei modi: decide saggiamente di non costruire un’epopea fluviale su tutta la sua vita dalla nascita alla morte, ma di concentrarsi sugli anni più importanti narrandoli in un film di circa 90 minuti. Analizza quindi il periodo che vede Galilei studiare ed elaborare le sue teorie, intrecciando l’aspetto scientifico con quello storico e religioso. La vita privata è messa un po’ in secondo piano, e solo in alcune scene vediamo il protagonista alle prese con la compagna e la figlia.

Liliana Cavani non ha ancora maturato il suo stile più personale, quello che va dal surrealismo dei Cannibali all’atmosfera “viscontiana” del Portiere di notte: le sue opere più celebri sono caratterizzate da un’estetica raffinata, toni morbosi ed erotismo quale metafora esistenziale. In Galileo manca ogni componente erotica (d’altronde, la vicenda non lo richiede), ma la regia mostra già in nuce la certosina analisi dell’uomo che sarà alla base di tutti i suoi film, e lo stile è come sempre elegante e ricco di metafore (pensiamo ai cardinali inquadrati dal basso verso l’alto). Scritto e sceneggiato dalla stessa Cavani insieme a Tullio Pinelli, è frutto di una co-produzione fra Italia e Bulgaria – come si può vedere dalla presenza nel cast di vari attori bulgari. Per il difficile ruolo di Galileo è stato scelto il grande attore irlandese Cyril Cusack, famoso in Italia negli anni Settanta per la sua presenza in vari film polizieschi, qui autore di un’ottima performance che restituisce lo spessore umano e scientifico del personaggio. La vicenda inizia in media res, cioè senza fronzoli di presentazione ma durante una lezione universitaria di anatomia a cui partecipa anche Galilei. Presto entrano in scena vari i personaggi di contorno, anch’essi senza una vera e propria introduzione ma direttamente nella vicenda – un po’ tutto il film ha un andamento quasi teatrale, sia per l’abbondanza di interni, sia per queste apparizioni sceniche, sia per i dialoghi. Nella prima parte assume importanza anche Giordano Bruno (Georgi Kaloyanchev), legato allo scienziato dall’amicizia e dalla comune “ribellione” verso la Chiesa.

Il film diventa così anche una sorta di denuncia verso l’istituzione ecclesiastica e il suo potere culturale e politico – in questo senso è profondamente cavaniano; fra i temi affrontati, spicca il dualismo tra fede e razionalità e l’opposizione al sistema culturale e politico precostituito. Galileo non è un’opera semplice, in quanto i bei dialoghi sono spesso pregni di riferimenti a filosofi, scienziati e teorie, il tutto presentato comunque in modo abbastanza fruibile, non pesante né noioso. Cusack è affiancato da numerosi bravi attori, italiani e non – su tutti, Giulio Brogi, Lou Castel e Piero Vida nel ruolo di Papa Urbano VIII.

La colonna sonora. Affidata ad Ennio Morricone, è composta da brani musicali intensi ma non invasivi: le tipiche melodie malinconiche del maestro si affiancano a canti ecclesiastici che ricreano l’atmosfera dell’epoca.

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