Cani arrabbiati (1974), il feroce noir di Mario Bava

La Rarovideo distribuisce un’edizione monumentale di Cani arrabbiati (1974), il feroce noir di Mario Bava diventato un cult

Intorno al film

La Rarovideo distribuisce un’edizione monumentale e quasi definitiva di Cani arrabbiati (1974), “il capolavoro pulp ritrovato del maestro Mario Bava” (Nocturno Cinema). Il geniale autore dell’horror gotico italiano si distacca per una volta dal genere dirigendo questo eccezionale noir/poliziesco che costituisce qualcosa di unico nella sua filmografia, sia per lo stile che per la sua fama di cult. Una fama cresciuta negli anni anche a causa delle travagliate vicende produttive: la casa di produzione fallì appena terminate le riprese, e il film rimase “sepolto” fino al 1995, quando, grazie all’interessamento dell’attrice Lea Kruger, la Spera Cinematografica effettuò la post-produzione (montaggio, doppiaggio, musiche) e Cani arrabbiati vide finalmente la luce. Il dvd Rarovideo contiene sia la versione più vicina al primo montaggio di Bava (nota come Semaforo rosso o Wild dogs, che sarà analizzata qui di seguito), sia il cut Kidnapped (decisamente meno efficace), realizzato nel 2002 dal figlio e dal nipote del regista. Negli extra, troviamo inoltre i finali e gli inizi alternativi realizzati dalle varie distribuzioni e un documentario sul film a cura di Nocturno Cinema; completa l’edizione un ricco booklet.

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La vicenda

Roma. Tre rapinatori – Dottore (Maurice Poli), Bisturi (Don Backy) e Trentadue (George Eastman) – compiono una rapina al portavalori di una ditta farmaceutica. Inseguiti dalla polizia, si impadroniscono di un’auto con due ostaggi: Maria (Lea Lander) e Riccardo (Riccardo Cucciolla), un uomo che sta portando all’ospedale il suo bambino gravemente ammalato. Inizia così una drammatica fuga tra autostrade e tangenziali: in balia dei tre psicopatici, gli ostaggi sono costretti a sottostare ai loro ordini, fra minacce e violenze, fino all’inaspettato epilogo.

Narrazione e stile

Cani arrabbiati nasce in un periodo del cinema italiano in cui il poliziesco (insieme al thriller) andava per la maggiore. Mario Bava si inserisce nel genere come solo i veri maestri sanno fare, cioè uscendo dai binari classici per dare vita a un prodotto assolutamente unico. Il soggetto, poi sceneggiato da Alessandro Parenzo, è tratto dal racconto L’uomo e il bambino di Michael J. Carrol, pubblicato in coda a un volume della collana “Gialli Mondadori” che Bava amava leggere. Più noir che poliziesco, sopra le righe e al contempo realistico, Wild dogs è un film che a posteriori possiamo definire “pulp”: quel genere misto di violenza e humor nero riportato in voga da Quentin Tarantino, il cui film d’esordio Le iene vuole proprio ispirarsi allo stile iperrealistico, violento e claustrofobico dell’opera in analisi.

Il lato più strettamente poliziesco è confinato ai primi minuti, con la rapina e le sparatorie (notevoli le frenetiche scene d’azione, compreso un ralenti “alla Castellari” su un finestrino infranto); dopo di che, il film diventa squisitamente un noir (molto sui generis), con la descrizione minuziosa e psicologica dei rapporti fra i delinquenti e gli ostaggi e anche dei conflitti che nascono fra i membri della banda. Una peculiarità di Cani arrabbiati è lo svolgersi, in buona parte, all’interno dell’auto sequestrata: un’operazione sperimentale dal punto di vista stilistico (e anche difficile da realizzare, tanto più sotto il sole di agosto), che si rivela terribilmente efficace nella costruzione di un’atmosfera ansiogena e ruggente. Un clima teso e claustrofobico che emerge non solo nelle scene più crude, ma anche in situazioni apparentemente banali che in quel contesto si trasformano in qualcosa di esplosivo e memorabile (pensiamo, per esempio, al momento in cui George Eastman canta a squarciagola e in maniera stonatissima Emozioni di Lucio Battisti), grazie a una serie di elementi che trasmettono in maniera epidermica la tensione e il calore insopportabile: gli interni claustrofobici e la strada diretta verso l’ignoto, la fotografia “solare e cruda” (Giona A. Nazzaro) di Emilio Varriano, le musiche martellanti di Stelvio Cipriani, il montaggio frenetico di Angelo Marzullo, le interpretazioni sanguigne di tutti gli attori.

Grandiosa la costruzione dei personaggi. Riccardo Cucciolla interpreta il ruolo che gli è più congeniale, cioè un “uomo qualunque” grigio e mediocre, pacato e vittima degli eventi (anche se avremo delle sorprese). Da antologia le performance dei tre delinquenti, eccessivi ma al contempo credibili nella loro psicopatologia (specchio del carattere di tutto il film): il capo Maurice Poli (attore francese dal volto serio e marmoreo), il maniaco sessuale George Eastman (alias Luigi Montefiori, presenza celebre del cinema italiano) e l’amante dei coltelli Don Backy (Aldo Caponi, famoso cantante ma anche validissimo attore). La tedesca Lea Lander (alias Lea Kruger, a cui dobbiamo il ritrovamento del film) è Maria, l’altro ostaggio, che ci regala un’interpretazione sofferta e disperata.

Il viaggio è costellato da una serie di episodi, imprevisti, tentativi di fuga ed esplosioni di violenza. Una violenza non solo fisica (per esempio Eastman ucciso dal capobanda e l’autostoppista sgozzata), ma anche e soprattutto psicologica: vedasi le continue minacce e vessazioni a cui sono sottoposti gli ostaggi, in particolare la donna, vittima di continue avances sessuali e protagonista di una lunga fuga tra i campi che si conclude con una crudele umiliazione da parte di Bisturi e Trentadue. La vicenda prosegue con un climax ascendente di violenza e tensione, che raggiunge vette altissime fino ad esplodere nel doppio finale a sorpresa.

Nel 2002, Lamberto e Roy Bava (figlio e nipote del regista), ripresero in mano la pellicola e realizzarono un nuovo cut, noto come Kidnapped: scene aggiuntive girate ex novo sulla base delle indicazioni lasciate da Mario (morto nel 1980), modifiche al montaggio, ma soprattutto nuovo doppiaggio e nuove musiche. La colonna sonora diventa inspiegabilmente una melodia quasi da commedia, mentre il doppiaggio è piatto e “televisivo”, facendo perdere gran parte dell’efficacia che possiede il cut Wild dogs, un cult imprescindibile che conserva intatto il suo valore e la sua ferocia a distanza di anni.

La colonna sonora

La colonna sonora è composta dal Maestro Stelvio Cipriani, uno dei più grandi autori italiani di musiche per film. Il brano originale (o meglio, composto per la prima edizione del 1995) è semplice ma indimenticabile: un tema frenetico e martellante, ossessivo e reiterato, che rimane subito impresso nello spettatore e lo introduce nell’atmosfera del film; su questa base, si innesta poi una melodia di più ampio respiro (ma sempre ritmata), mentre sullo sfondo continuano le “ipnotiche” percussioni.

Davide Comotti

Bergamasco, classe 1985, dimostra interesse per il cinema fin da piccolo. Nel 2004, si iscrive al corso di laurea in Scienze Umanistiche dell’Università degli Studi di Bergamo (laurea che conseguirà nel 2008): durante gli studi universitari, ha modo di approfondire la sua passione tramite esami di storia, critica e tecniche del cinema e laboratori di critica e regia cinematografica.

Diventa cultore sia del cinema d’autore (Antonioni, Visconti, Damiani, Herzog), sia soprattutto del cinema di genere italiano (Fulci, Corbucci, Di Leo, Lenzi, Sollima, solo per citare i principali) e del cinema indipendente.
Appassionato e studioso di film horror, thriller, polizieschi e western (soprattutto italiani), si occupa inoltre dell’analisi di film rari e di problemi legati alla tradizione e alle differenti versioni di tali film.
Nel 2010, ha collaborato alla nona edizione del Festival Internazionale del Cinema d’Arte di Bergamo.
Esordisce nella scrittura su “La Rivista Eterea” (larivistaeterea.wordpress.com). Attualmente, scrive sulla rivista cartacea “Bergamo Up” e sulle riviste online lascatoladelleidee.it, ciaocinema.it, mondospettacolo.com, horror.it, malastranavhs.wordpress.com e nonsologore.it . Ha redatto inoltre alcuni articoli per il sito della rivista “Nocturno Cinema” (nocturno.it).

Ha scritto due libri: Un regista amico dei filmakers. Il cinema e le donne di Roger A. Fratter (edizioni Il Foglio Letterario) e, insieme a Vittorio Salerno, Professione regista e scrittore (edizioni BookSprint).

Contatto: davidecomotti85@gmail.com

 

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