Natale in casa Cupiello, un grande classico di Eduardo de Filippo, diretto e interpretato da Fausto Russo Alesi è andato in scena al Teatro Donizetti dall’8 al 13 marzo, con una versione innovativa della famosa tragicommedia.
A immedesimarsi in tutti i personaggi è sempre Alesi, che cambiando voce e mimica riesce a interpretare tutti i ruoli, dal protagonista, Luca Cupiello, alla moglie Concetta, al figlio Nennillo, al fratello di Luca, Pasqualino, alla figlia Ninnuccia, al marito di lei, Nicolino, all’amante della figlia, Vittorio. L’idea che ci vuole trasmettere con questa originale mise en scène è quella non tanto di un monologo, in quanto a parlare non è un unico personaggio ma molteplici, quanto quella di un assolo, in cui ogni personaggio, pur essendo in mezzo agli altri è come se fosse isolato, come se la sua stessa voce si perdesse in mezzo a quella degli altri personaggi, mettendo in risalto la solitudine, anzi la somma di mille solitudini che non riescono realmente a interagire e a farsi comprendere.
L’incomunicabilità potrebbe essere il tema costante che caratterizza l’opera, andando a recuperare quel filone tanto caro alla nostra letteratura del ‘900 che da Pirandello a Moravia ha affrontato tale problematica.
Possiamo notare già dall’inizio della rappresentazione come tra il marito Luca e la moglie Concetta non ci sia un vero e proprio dialogo, così come con il figlio Nennillo che se ne vorrebbe andare via di casa e che è insensibile ai valori e alle tradizioni paterne, che all’interno dell’opera sono simbolicamente rappresentate dalla costruzione del presepe, il quale per Luca racchiude i valori della famiglia e della sua infanzia, di un passato che egli vorrebbe conservare e trasmettere ai suoi cari. Ciò che sta alla base di questa incapacità di comprendersi sono i valori differenti e il diverso modo di pensare dei personaggi. Mentre Luca rappresenta infatti il mondo della tradizione e dei valori della famiglia, gli altri componenti incarnano invece i principi della società moderna, corrotta dai valori del denaro e del profitto, che per essi vengono prima dei valori familiari.
La scenografia è caratterizzata da pochi oggetti presenti sulla scena, che diventano fondamentali in quanto rappresentano i sentimenti dei personaggi o sono un pretesto per rappresentare i rapporti tra i familiari, come i cartoni per costruire il presepe o la tazza di caffè con cui si apre il dialogo iniziale tra Luca e la moglie.
Tre sono i cambi di scena importanti durante la rappresentazione: la scena iniziale in cui ci vengono mostrati per la prima volta i personaggi (sempre interpretati da un unico attore) e gli oggetti che fanno parte della loro quotidianità. La seconda scena, ambientata nella sala da pranzo per il pranzo di Natale, in cui i familiari si riuniscono per festeggiare e l’ultima, ambientata invece nella camera da letto, dove a Luca, malato e ormai prossimo alla morte, toccherà rimettere insieme i cocci di una famiglia ormai distrutta, separata e dominata dalla falsità e dall’ipocrisia, illudendosi, nei deliri della febbre, di riuscire nell’intento.
Una commedia tragicomica potremmo definirla, in quanto, come accade fin dall’antichità nelle rappresentazioni teatrali, si sa che l’altra faccia del comico è il tragico e non vi può essere l’uno senza l’altro. Una commedia, dicevamo che ci invita a riflettere su come siano difficili i rapporti anche per chi vive sotto lo stesso tetto familiare, una situazione quasi paradossale ma che caratterizza anche l’epoca contemporanea e che forse solo il teatro può aiutarci a comprendere.