Film di genere: Palermo Milano solo andata (1995) di Claudio Fragasso

Intorno al film

Il grande regista Claudio Fragasso, fattosi le ossa per anni come sceneggiatore, dirige negli anni Ottanta e all’inizio dei Novanta alcuni horror divenuti dei cult. Ma il suo guardo non si limita a un genere, e così, dopo il crudele noir metropolitano Teste rasate (1993), realizza quello che è il suo capolavoro e probabilmente il suo film più famoso, Palermo Milano solo andata (1995). Tra i più bei film italiani degli ultimi vent’anni, non solo fissa i canoni del futuro cinema di Fragasso con l’unione di impegno e spettacolo, ma entra nell’immaginario collettivo come “film generazionale”, simbolo del nuovo cinema poliziesco e di impegno civile – proprio il genere che mancava in quegli anni. Vincitore di due David di Donatello e di un Globo d’Oro nel 1996, è stato riconosciuto “film di interesse culturale nazionale” dal Dipartimento dello Spettacolo (Presidenza del Consiglio dei Ministri), e i frequenti passaggi in tv testimoniano il successo di questa monumentale pellicola.

locandina

La vicenda

Milano. Un pentito rivela al giudice Laurenti il nome dell’unica persona che può testimoniare contro il boss mafioso Scalia: il ragioniere Turi Leofonte (Giancarlo Giannini). A Palermo, viene così organizzato un doppio servizio di scorta: uno per prelevare il contabile e portarlo nel capoluogo lombardo, l’altro per portare al sicuro moglie e figli. A capo dell’operazione c’è il navigato ufficiale Nino Di Venanzio (Raoul Bova), al comando di sei poliziotti che sono al loro primo servizio di scorta. Quello che sembrava un incarico abbastanza semplice si trasforma però in tragedia, quando un commando di uomini armati assalta le auto uccidendo due poliziotti e la moglie e il figlio di Leofonte. È evidente che da qualche parte c’è un informatore: non potendosi fidare di nessuno, Di Venanzio e i quattro agenti superstiti devono proseguire da soli il lungo e pericoloso viaggio verso Milano per scortare il ragioniere e la figlia.

Narrazione e stile

“Quando la paura fa diventare uomini”, recita la tagline. Proprio in tale frase è racchiuso il nucleo di questo complesso film, che sarebbe banale giudicare un semplice poliziesco. Palermo Milano solo andata è sicuramente un’opera di grande impatto spettacolare (Fragasso è un maestro nel dirigere le scene d’azione), ma anche e soprattutto un dramma umano e sociale: il fenomeno mafioso (che in quegli anni diventava sempre più eclatante) viene messo in scena in tutto il suo realismo, ma i veri protagonisti del film sono i poliziotti, questi giovani agenti mandati al macello che vivono un processo di maturazione sotto la guida del veterano Raoul Bova. Si parlava in precedenza di un “film generazionale”: non solo per aver lanciato numerosi giovani e bravi attori verso il successo (creando una nuova “generazione” di interpreti), ma anche perché ridisegna l’immagine del poliziotto nel cinema. Dopo i gloriosi anni Settanta dei “commissari di ferro” in stile Maurizio Merli, il genere poliziesco aveva conosciuto un lento declino, e proprio all’inizio dei Novanta cercava di rinascere, prima con il discreto La scorta (1993) di Ricky Tognazzi, poi – soprattutto – proprio con il film di Fragasso. È qui che, per la prima volta (a parte rare eccezioni come Io ho paura di Damiani, 1977), il poliziotto viene rappresentato non come un “supereroe”, ma un uomo con la sua vita, le sue paure, il suo coraggio ma anche le sue debolezze. Sono i protagonisti di Palermo Milano solo andata a disegnare l’immaginario che sarà poi sfruttato ampiamente da numerosi film e fiction televisive, senza però la stessa verve e intensità del prototipo: il capolavoro di Fragasso riscrive quindi un nuovo universo poliziesco, più realistico rispetto a quello degli anni Settanta e destinato a fare scuola.

A parte Giancarlo Giannini, grandissimo attore già affermato da tempo, e Stefania Sandrelli che ricopre un breve ma intenso ruolo (la moglie di Leofonte), il resto del cast era alle prime armi nel 1995. Anche Raoul Bova, oggi uno fra gli attori italiani più famosi, muoveva i primi passi nel mondo del cinema: Palermo Milano solo andata è il film che lo lancia come protagonista, e proprio la superba interpretazione farà da trampolino di lancio. Lo stesso vale per gli altri giovani attori, perfetti ciascuno nel delineare un carattere diverso: nel film non c’è un personaggio fuori posto, dai protagonisti fino ai ruoli a latere. Bova è un ufficiale di polizia giovane ma già navigato, che farà da maestro e quasi da “padre” ai coraggiosi ma inesperti membri della scorta. C’è Ricky Memphis, l’agente Remo Matteotti, con una famiglia a carico e impegnato a studiare da geometra; Valerio Mastandrea, l’agente romano Tarcisio Proietti, la recluta più giovane e inesperta che vive una breve storia d’amore con la figlia di Leofonte (Romina Mondello) ed è destinato a una tragica fine, in quella che è una fra le scene più commoventi del film; Francesco Benigno, l’agente Saro Ligresti, un sanguigno e rabbioso poliziotto dai metodi spicci; Rosalinda Celentano, l’agente Paola Terenzi, donna emancipata e unica componente femminile del gruppo (Stefania Rocca muore quasi subito nell’agguato, insieme a Paolo Calissano). Tutti questi attori riescono a non farsi rubare la scena dal ruggente Giannini, grandioso come sempre e in grado di passare attraverso varie sfumature, dalla disperazione di fronte alla morte di moglie e figlio alla feroce dichiarazione di vendetta verso gli assassini, fino alla debolezza che dimostra verso la fine nel dialogo con la figlia Chiara. Notevole, infine, la performance di Tony Sperandeo nei panni del pentito Marinnà che innesca tutta la vicenda: per quanto poco stia in scena, non c’è film in cui passi inosservato, col suo volto truce e l’accento marcatamente siciliano, spesso impiegato – come in questo caso – in ruoli da mafioso.

Se le recitazioni sono convincenti, altrettanto sono la narrazione e i dialoghi – e non è un caso, visto che la sceneggiatura è firmata da Rossella Drudi su un soggetto scritto da lei insieme a Fragasso, entrambi sceneggiatori eccezionali. Battute secche e rabbiose si alternano a discorsi di ampio respiro, come la lunga metafora di Leofonte sui “tonni e pescespada”. Il film non è mai banale, non cede a nessuno stereotipo e riesce ad emozionare lo spettatore per tutti i 100 minuti: dramma umano, sentimentale e psicologico si fondono mirabilmente con lunghe e spettacolari scene d’azione. Almeno quattro (ma molte altre ancora) sono le sequenze indimenticabili. L’agguato che rompe subito la relativa tranquillità del viaggio: una sequenza di impatto emotivo ancora più forte per il suo arrivo inaspettato, in una piazza, fra raffiche di mitra e colpi di pistola che portano alla morte dei due poliziotti e della famiglia di Leofonte. La sparatoria all’interno del ristorante, preparata con un calibrato climax ascendente che esplode in una pioggia di pallottole: da notare che tre dei killer sono interpretati da alcune vecchie glorie del poliziesco italiano, i bravissimi attori e stuntman Claudio Zucchet, Omero Capanna e Bruno Di Luia. Il successivo agguato nella stazione di servizio, che si conclude con la morte di Mastandrea, proprio la prima volta che ha estratto una pistola: indimenticabile e commovente, è sottolineata dalle triste musica, dalle secche battute pronunciate dai personaggi e dalla poderosa inquadratura dall’alto sul luogo della tragedia. Infine, l’adrenalinica conclusione per le strade di Milano: costretti a scendere dal pullman bloccato nel traffico, gli agenti si incamminano a piedi con gli scortati verso il tribunale, e altri poliziotti del posto si aggiungono man mano al gruppo; tutta la sequenza è accompagnata dalle note ritmate e ossessive, e la grande potenza visiva di questo imponente corteo che cresce sempre di più sembra essere quasi una metafora dell’avanzare trionfante della legge sulla criminalità. Palermo Milano solo andata segna dunque la cifra stilistica che sarà presente in numerosi film successivi di Fragasso, cioè l’unione di impegno civile e spettacolo. Lo stesso regista realizzerà una sorta di remake televisivo in due puntate, Operazione Odissea (1999) e, nel 2007, il sequel ufficiale del film, Milano Palermo: il ritorno.

La colonna sonora

Come in ogni grande film, la colonna sonora riveste un ruolo fondamentale nella costruzione delle sequenze. Affidata a Pino Donaggio, celebre musicista italiano che ha esordito come cantautore per poi dedicarsi alla scrittura di musiche per film, si compone di due temi fondamentali. Il primo – più squisitamente “poliziesco” – è quello che sentiamo sui titoli di testa, un’armonia semplice e martellante che ripete un gruppo di note in maniera ossessiva: risulterà più che mai efficace nel finale, quando scandisce i passi inarrestabili del corteo. C’è poi una componente più “lirica”, con melodie gravi e di ampio respiro che accompagnano i momenti più drammatici (l’uccisione della famiglia di Leofonte e la morte dell’agente Proietti).

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