Il Candido di Voltaire riletto al cinema

Intorno al film.

Mondo Candido rappresenta una gradevole eccezione all’interno della filmografia di Jacopetti e Prosperi, i creatori dei famigerati mondo-movie – documentari scioccanti sui vari orrori del mondo. Col nostro film, ultimo della loro collaborazione, si spostano invece sul versante avventuroso/fantastico, una commedia che non rinuncia però a una graffiante messa in scena delle storture dell’umanità.

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La vicenda.

Candido (Christopher Brown) è un ragazzo ingenuo e innamorato del mondo, che vive nel Settecento in un castello della Westfalia seguendo gli insegnamenti del dottor Pangloss (Jacques Herlin). Scacciato dal barone dopo averne sedotto la figlia Cunegonda (Michelle Miller), intraprende magicamente un viaggio nel tempo attraversando epoche e luoghi diversi: dall’Inquisizione al Ku-Klux-Klan, dalla scoperta dell’America ai moderni States, fino alle guerre d’Irlanda e Israele. Nel suo viaggio, ritrova più volte sia Cunegonda che Pangloss.

Narrazione e stile.

Mondo Candido è probabilmente l’opera più riuscita (e sicuramente la più gradevole) dei due registi, i quali esprimono tutta la loro creatività in un film particolarmente sfarzoso e in grado di unire vari linguaggi stilistici. Il titolo richiama il loro film più famoso (Mondo cane) inserendovi però questo personaggio stralunato attorno al quale ruota tutta la vicenda. Candide, ou l’optimisme di Voltaire è un racconto filosofico volto a confutare le dottrine ottimiste sul mondo, e il film ne riprende i personaggi e le situazioni principali, stravolgendo però il tutto attraverso l’elemento fantastico del viaggio nel tempo. Come nel romanzo, l’ingenuo Candido (nome parlante) è convinto di “vivere nel migliore dei mondi possibili”, secondo quanto gli insegna Pangloss (incarnazione voltairiana del filosofo Leibniz), nonostante tutte le disavventure che vive. Jacopetti e Prosperi prendono il pessimismo insito nell’opera letteraria e lo incrementano: lo contestualizzano in varie epoche e mettono in scena – seppure in modo divertente, surreale e satirico – le assurdità e le crudeltà dell’uomo; scompare la ferocia dei loro shockumentary, le scene di violenza sono quasi sempre ridotte a farsa, ma rimane il gusto graffiante per la provocazione. Sotto la lente deformante dei due registi, il film si trasforma in un J’accuse contro il Potere nelle sue varie forme (Inquisizione, razzismo, capitalismo, guerre). Mondo Candido è un film incredibile dal punto di vista sia visivo sia narrativo, un vero film d’autore impossibile da rinchiudere in un genere. Grandiose le ricostruzioni sfarzose ed esagerate del castello, al cui interno troviamo una parata di personaggi quasi felliniani – il barone (Gianfranco D’Angelo), l’enorme baronessa, nani e altri individui strampalati; incontriamo poi l’accampamento dei “bulgari”, una montagna da paradiso dantesco e altri pomposi edifici, fino ad approdare ai nostri giorni. La fotografia dai contorni flou e il frequente uso del ralenti sono indice di uno stile raffinato, reso ancora più fluente dalle note di Riz Ortolani che spaziano da melodie spensierate a toni rock fino a pezzi malinconici. Nel film accade sempre l’imprevedibile, il bizzarro e l’assurdo: una statua che prende vita, moderni soldati americani che irrompono durante una battaglia del Settecento, una rock-band che invade il castello, mentre sulla nave di Colombo salgono i personaggi più disparati quali Marylin Monroe e un astronauta. La dimensione logica e temporale è azzerata, come se ci trovassimo in un lungo sogno che alla fine ricomincia da capo. Candido passa attraverso la Storia cercando continuamente la sua amata Cunegonda, nel frattempo divenuta amante dell’Inquisitore (il torvo José Quaglio) e di un ebreo (Alessandro Haber); Pangloss è il suo “Virgilio”, ma assume sempre più importanza anche lo schiavo di colore da lui salvato e che lo accompagna nel viaggio. Insomma, una sarabanda sterminata di personaggi bizzarri, fra i quali trovano spazio varie scene erotiche, sempre abbastanza contenute – così come la violenza, presente ma edulcorata dal tono surreale. Il film è di base una commedia fantastica, ma strappa sorrisi amari e fa riflettere, è come una grande metafora filtrata da tutte queste avventure oniriche. Particolarmente toccanti alcune sequenze: la scena politically uncorrect con un bambino che gioca con la granata e il combattimento tra israeliani e palestinesi, girato al ralenti su un campo di papaveri e con le note struggenti di Ortolani.

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