Le antipatie

Sono stanca/o di ricevere manifestazioni di antipatia gratuita.”

Questa frase l’ho sentita dire spesso, l’ho pensata, e mi è capitato di leggerla negli occhi di alcune persone, soprattutto le più fragili che a volte sono quelle che si danno da fare, che si espongono, anche in nostro favore. In questa frase ho trovato l’insofferenza per ciò che è inspiegabile: l’antipatia a pelle. Un sentimento di quelli che non hanno senso, perché fa nascere verso altri, o altre, insofferenza ingiustificata.

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Nei forum degli internauti, il mondo di internet in cui si sostituisce la figura della persona di strada, ci sono giustificazioni basate sul sesto senso, su approssimate teorie chimiche, su capacità intuitive che rasentano la chiaroveggenza, ma che invece mostra un’evidente necessità di essere a tutti i costi al centro di qualcosa, come se lo si facesse per non sentirsi morti.

Quando vedo queste persone che perdono tempo per dimostrarmi quanto gli sia antipatica/o, provo imbarazzo per loro. Imbarazzo che mi porta a pensare, ma non hanno niente da fare nella vita?”

Provare imbarazzo e pensare. Se rifletto sulle dimostrazioni di antipatia mi devo chiedere: ero così anche io? Purtroppo ammetto che “Sì, lo sono stato”. Anche per me c’è stato il periodo della manifesta antipatia, coincise con l’adolescenza.

L’adolescenza, si sa, è il porto dei sentimenti. Per uno che attracca ne escono due (o viceversa) ed è il periodo in cui si fanno più errori. Certo non sono errori irreparabili, però sono errori importanti perché formativi, con cui si impara ad essere onesti con sé stessi, anche se a volte alcuni adulti ci fanno capire che non sempre vale la regola.

Da adolescenti si ha sete di onestà. Si è onesti in modo imbarazzante verso i genitori e critico verso sé stessi. Dostoievskji (L’adolescente), Pavese (La luna e i falò, Feria d’agosto), Pirandello (I vecchi e i giovani) Pasolini (Mamma Roma) hanno raccontato di loro, di noi, di altri, in modo sublime, ricordandoci come la verità sia violenta, cruda e vissuta in modo spasmodico dai ragazzi.

L’adolescenza è un periodo complesso, violento, dove la violenza non è fisica ma emotiva. È il periodo in cui durante i grandi attacchi emotivi delle paranoie, le domande necessitano di risposte. Da adulti spesso scherniamo i ragazzi e così perdiamo un’occasione di dialogo con cui noteremmo la loro necessità di essere, capire, partecipare, ma purtroppo siamo abituati a dire che gli adolescenti oggi non hanno voglia di fare niente, e lo diciamo senza cognizione di causa. Così li trattiamo come se ci stessero antipatici. Sempre per una questione di “pelle”.

Mi chiedo come possano delle persone intelligenti (perché tutte le persone sono intelligenti) sprecare il proprio tempo inutilmente con questi atteggiamenti. Non hanno altro da fare? Non pensano che mostrare dell’antipatia senza aver provato a costruire un rapporto sia uno spreco di energie, di tempo, di vita?”

Le persone che provano antipatia a pelle vedono dei torti dove non ci sono e costruiscono macchinose elucubrazioni liberatorie o giustificatorie, che si alimentano con quegli errori umani e quotidiani facilmente commettibili: una reazione nervosa, dell’insofferenza, o altre cose futili e leggere che si potrebbero superare con un sorriso.

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Quando ci comportiamo in questo modo, ci dimentichiamo che la nostra vita sarebbe semplice se vissuta con il basso profilo del dialogo, delle aperture, dell’assenza di aspettative verso gli altri.

Nessuno è colpevole di qualcosa e nessuno ha il diritto di provare antipatie a priori per chicchessia senza prima averlo conosciuto, senza averci almeno parlato, senza essersi annoiato o senza aver sorriso con luilei. Proprio con un sorriso si scoprirà che l’antipatia non esiste, che l’errore è sempre stato nostro, e che quando pensavamo di essere tutto in realtà non eravamo niente. Eravamo inutili.

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