Letture africane: Decamerone Nero

Il Decamerone Nero di Leo Frobenius non è un libro Africano, ma un insegnamento su ciò che ignoriamo e che crediamo inferiore a noi, l’Africa. Un continente dove ogni bianco europeo abbandonato a sé stesso imparerebbe la lezione del rapporto umano. In questa pregevole raccolta di tradizioni orali, racconti scritti, leggende e miti, ci sono tutti gli elementi che portano ad amare l’Africa e a farci capire che siamo tutti umani.

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Senza aver letto questo libro, così come altri autori africani partendo da quelli in lingua Swahili, c’è chi si sente superiore agli Africani perché lontani, o inconsapevoli dei nostri ritmi produttivi(!), o perché li ritiene stupidi in quanto “negri”, dimenticandosi che sono persone e, soprattutto, ignorando che il solo pensare questa cosa lo rende un perfetto idiota.
Perché dico questo? Ovviamente tutto è dovuto ai tempi che corrono, che obbligano a ribadire queste cose prima che qualcuno si creda meglio di altri, quando invece è solo uguale agli altri. Culturalmente posso sostenere questo pensiero partendo dall’idea che chi ha letto Boccaccio e ne ha apprezzato l’ironia, la poesia, la genialità, arrivando ad esaltare il GENIO italico e europeo, allora dovrebbe anche leggere e conoscere il Decamerone Nero di Leo Frobenius, perché apprezzarebbe il genio continentale e storico dell’Africa.

Questo libro è una ricca raccolta di racconti africani che arrivano dalla foresta del Togo, o dalla Cabilla e che costituiscono “il fiume dell’Africa Antica, l’Africa dei sogni adolescenti: un’Africa dalle tinte accese, in cui violenza, crudeltà, dolcezza, amabilità, stoltezza e saggezza, convivono e si confondono[…]” (dall’edizione Bur)

L’Africa è terra di persone, per cui è terra di cultura.

Credere che in Africa ci siano solo animali e uomini che co-abitano con loro, reputandoli non in grado di pensare o di essere intelligenti “come noi”, è quanto di più stupido si possa fare con la propria testa; ma purtroppo si sa che la stupidità e i suoi pensieri sono solo una prerogativa umana. Per confermare la mia considerazione mi basta ricordare le guerre di ideologia e religione, le aggressività tra vicini di casa, la brutalità delle sopraffazioni, il limite mentale di chi limita la libertà altrui.

Queste visioni, e i loro atteggiamenti, sono inutili, come inutile è sentirsi meglio di altri popoli.

(Testo libero – Ezio Giacolsa)

 

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Astuzia femminile

(racconto della popolazione Cabili – Algeria)

La moglie di un uomo era incinta e, da quando era in quello stato, non passava giorno senza che dicesse al marito:- Ho una gran voglia di carne. Va’ al mercato e compramene un pezzo!- L’uomo, è vero, ogni giorno si recava al mercato, ma senza mai tornare con la carne. La donna ogni giorno glielo chiedeva, e l’uomo mai esaudiva il suo desiderio. Le cose continuarono così fino a un mese circa prima del parto.
Un giorno il marito incontrò al mercato un amico. I due si salutarono. I due chiaccherarono. Il marito disse all’amico:- Vieni a mangiare da me – L’amico accettò. L’uomo comprò al mercato due pernici, tornò a casa e disse alla moglie:- Eccoti due pernici. Preparale, ché ho invitato un amico. Il nostro ospite mangerà con noi le pernici.- La moglie disse:- Le cucinerò.
La moglie cucinò due pernici, ma non preparò né kuskus né focacce, ne pane. Il marito giunse con l’amico e chiese:- E’ pronto il cibo?- e la moglie:- Il cibo è pronto. Ma, come tu sai, non sto bene e cucinare mi riesce gravoso. Torna dunque al mercato e compera una focaccia, del pane, quel che vuoi.-
Subito l’uomo s’avviò.
La donna restò sola e con l’amico del marito. E senza por tempo in mezzo cominciò ad affilare un coltellaccio. L’amico del marito se ne avvide. Ne ebbe paura. Si chiese:”Che questa donna voglia uccidermi?” Quando la moglie ebbe finito di affilare il coltello, disse all’amico del marito:- Orsù avvicinati -. L’uomo chiese:- Che intendi fare? – E la donna:- Tagliarti le palle. E’ questa l’usanza in vigore tra noi, quando un amico è ospite per la prima volta -. Replicò l’uomo:- Lasciami uscire prima a fare acqua -. E la donna:- Ma sì, fa pure -. L’amico del marito uscì e, appena fuori, se la diede a gambe più ratto che potè.
Scomparso l’amico del marito, la donna prese a divorare in gran fretta le pernici. Le aveva appena spazzate, che il marito tornò dal mercato. Chiese alla moglie:- Dov’è il mio amico? – Rispose quella: – Perché non mi chiedi anche dove sono le due pernici?-
E il marito:- Non mi dirai che il mio amico se le è portate via? –
E la moglie:- Guarda tu stesso! La pentola è ancora lì. –
L’uomo diede un’occhiata alla pentola.
La pentola era vuota.
L’uomo si precipitò fuori di casa.
L’uomo si mise ad inseguire l’amico. Lo scorse in lontananza. Gli gridò dietro:- Lasciane almeno una!- L’amico, pur continuando a correre con quanto fiato aveva, gridò di rimando:- Se mi raggiungi, puoi pigliartele tutte e due -.

L’uomo si precipitò fuori di casa.
L’uomo si mise ad inseguire l’amico. Lo scorse in lontananza. Gli gridò dietro:- Lasciane almeno una!- L’amico, pur continuando a correre con quanto fiato aveva, gridò di rimando:- Se mi raggiungi, puoi pigliartele tutte e due -.

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