Visto per voi: Human al teatro Donizetti

Marco Baliani e Lella Costa affrontano il tema dell’immigrazione nel loro ultimo spettacolo “Human”, in programma al teatro Donizetti da martedì 10 a domenica 15 gennaio. Molteplici racconti, storie di vita di migranti vengono messe in scena per narrare il dramma del grande esodo, ma anche per raccontare come differenti possono essere i motivi per cui si scappa da un luogo: per la guerra, per la fame, per cercare migliori condizioni di vita o per amore. E proprio l’amore è il tema che apre lo spettacolo, con il recupero del mito di Ero e Leandro, i due amanti che vivevano sulle rive opposte dell’Ellesponto e che affrontano anche il mare in tempesta pur di incontrarsi e di amarsi.

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“Per raccontare una tematica bisogna partire da lontano, in modo tale da avere uno sguardo limpido e da addentrarsi lentamente nella storia che viene narrata” ha sottolineato Baliani, e quindi anche Human non poteva non partire da un racconto remoto che parla anche di noi, fino a giungere alla storia attuale. Ad accompagnare i due grandi attori sulla scena, David Marzi, Noemi Medas, Elisa Pistis e Luigi Pusceddu, giovani attori di diversa formazione teatrale che mostrano tutto il loro talento, tenendo bene i tempi teatrali e mantenendo alta la tensione drammatica nelle scene di maggior pathos. Non mancano i riferimenti al mondo contemporaneo e ai pregiudizi che spesso ci fanno vedere gli stranieri come persone troppo diverse da noi, con cui non è possibile pensare a una vera integrazione, dimenticandoci che un tempo anche noi eravamo immigrati, quando verso la fine dell’800 ben 8 milioni di italiani sono emigrati da tutte le regioni d’Italia verso i paesi più ricchi come l’America.

RAVENNA FESTIVAL 2016. HUMANMarco Baliani, Lella CostaFoto Fabrizio Zani / Daniele Casadio

RAVENNA FESTIVAL 2016. HUMANMarco Baliani, Lella CostaFoto Fabrizio Zani / Daniele Casadio

I colori e le luci costituiscono un altro fondamentale elemento che caratterizza la mise en scène. Recuperando l’uso della luce di Caravaggio, con colori molto vivi e zone d’ombra, senza illuminare mai completamente la scena, si riesce ad ottenere maggiormente l’effetto drammatico che ogni singolo micro racconto intende trasmettere: dalla descrizione dell’esodo straziante dei migranti costretti ad abbandonare i propri bambini al loro destino quando vedono che non possono più proseguire senza acqua né cibo, al dramma degli sbarchi di profughi giunti fino alle nostre coste e che rischiano di annegare prima di trovare la salvezza tanto sperata. I colori sgargianti, dalle tonalità di rosso al blu, sono anche quelli degli abiti di scena, colori molto africani e che si fanno portatori di significato. Anche il fondale è realizzato completamente con delle stoffe di abiti dismessi, proprio perché gli abiti usati divengono portatori di memoria fino a narrarci delle storie, di chi li ha indossati di chi li ha vissuti, proprio come le vicende che ci vengono mostrate dagli attori in scena.

RAVENNA FESTIVAL 2016. HUMANMarco Baliani, Lella CostaFoto Fabrizio Zani / Daniele Casadio

RAVENNA FESTIVAL 2016. HUMANMarco Baliani, Lella CostaFoto Fabrizio Zani / Daniele Casadio

Numerosi anche i richiami al mondo dell’informazione, spesso troppo confuso e caotico, all’interno del quale non si riesce a rintracciare la veridicità di una notizia. Come ha sottolineato Marco Baliani, spesso parliamo dei profughi per parlare di noi. Quante volte non sappiamo come comportarci di fronte a una determinata situazione e veniamo afflitti da conflitti interni, proprio come nella scena dei pescatori che non sanno cosa fare di fronte a un’imbarcazione carica di profughi, consci del fatto che i soccorsi potrebbero giungere troppo tardi per salvare tutti. Lo smarrimento è il senso che si avverte in questi casi ed è anche quello che prova la società moderna con la grande crisi economica che ci ha colpiti. Allora spetta proprio al teatro occuparsi di questa crisi globale che non ci fa più comprendere in che direzione stiamo andando. Spetta al teatro parlare al pubblico per esplorare noi stessi e lo fa spiazzando lo spettatore ma al tempo stesso divertendolo, affrontando temi forti con la leggerezza di un sorriso, perché questa è la vera forza del teatro, della sua poesia.

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