La recita di Versailles

Molière viene chiamato da re Luigi XIV a rivestire il ruolo di capocomico nella reggia di Versailles. Siamo nel 1663 quando il grande commediografo e attore teatrale francese compone la sua opera “L’improvvisazione di Versailles” .In un continuo rimando temporale Paolo Rossi insieme alla sua compagnia, nella messinscena di “La recita di Versailles”, in programma al teatro Donizetti da giovedì 19 a domenica 22 gennaio con repliche il 28 febbraio e l’1 marzo, alterna se stesso nel ruolo di capocomico al grande Molière. Il rapporto tra Molière e le sue opere era infatti molto stretto e questo aspetto viene reso in scena proprio dall’alternanza tra la compagnia che si prepara a recitare per il re e la sua corte e i personaggi da essa rappresentati. Lo spettacolo è realizzato a partire da un canovaccio di Stefano Massini, con la regia di Giampiero Solari, mentre scene e costumi sono di Elisabetta Gabbioneta.

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Tre i testi messi in scena: Il tartufo, il malato immaginario e Il Misantropo. Compito della commedia, allora come oggi era quello di prendere in giro i vizi dei potenti, aspetto che anche nello spettacolo viene messo in rilievo, infatti non mancano i rimandi e le battute inerenti alla nostra epoca storica. Ne Il Misantropo viene ripresa la scena in cui Alceste e Oronte dialogano, ma modificandone alcuni aspetti, in modo tale che il ruolo del personaggio si confonda con quello dell’attore. Oronte infatti, non recita più versi poetici al cinico Alceste, ma una battuta teatrale, confessando il suo sogno di voler divenire non un grande poeta come nel testo originale ma un abile attore. Nella rappresentazione de “Il tartufo”, la commedia più controversa e condannata di Molière, Paolo Rossi veste i panni di sua Santità e numerosi sono i rimandi comici all’attualità, come le unioni civili, le adozioni delle coppie omosessuali, il matrimonio.

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Infine, ne “Il malato immaginario” il protagonista in scena vive un incubo onirico circondato da folli mascherati che danzano intorno a lui. L’abile compagnia composta da attori e musicisti come Lucia Vasini, Fulvio Falzarano, Mario Sala, Emanuele Dell’Aquila, Alex Orciari, Stefano Bembi, Mariaberta Blasko, Riccardo Zini, Irene Villa, Karoline Comarella e Paolo Grossi, alterna con sapienza parti recitate a balli e canzoni. La mise en scène vuole anche essere una strizzata d’occhio a quello che è il lavoro dell’attore e di una compagnia teatrale: la scelta del testo, di come rappresentarlo, le parti da assegnare, le prove, gli errori, gli adattamenti scenici.

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Anche la quarta parete in alcuni momenti viene abbattuta e il pubblico direttamente interpellato, come quando una delle attrici, stanca del fatto che le vengano assegnate sempre parti da smorfiosa, esce di scena ma scendendo in platea, seguita dalla madre, e in uno scoppio di pianto accusa Molière/ Rossi delle sue scelte registiche. «Molière mi attira perché subisco il fascino di quell’epoca; da capocomico, mi sento vicino a lui, ai suoi problemi, sia nella vita sia nella gestione della quotidianità del teatro» sostiene Rossi «mi attira perché è trasgressivo e innovatore, ma con ampio sguardo verso la tradizione». Un testo con continui rimandi tra passato e presente, tra personaggio e attore e che grazie alla professionalità della compagnia e a un’improvvisazione rigorosa, dà vita a uno spettacolo nuovo ogni sera.

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