Lo Spazio e La Luce: le installazoni di Dan Flavin

Luce contrapposta al buio, luce come salvezza, luce come divinità, luce come pace, luce come liberazione. Si potrebbe scrivere più di un trattato sui significati che la luce ha acquisito nel corso del tempo, ma in questa sede ci limitiano a dire che qualcuno, la luce, l’ha utilizzata come strumento per fare arte. E non parlo di luce resa a colpi di pennelate chiare sulla tela, ma luce derivata da una fonte di energia, da quella più ovvia: una lampadina.

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Dan Flavin è l’artista in questione, esponente di quella corrente artistica detta Minimalismo, che percorre gli anni 60 e che è caratterizzata dalla riduzione, dall’inespressività, dall’oggettualità che sovrasta la soggettualità.

Uno degli scopi della corrente minimal, che influenza anche architettura, letteratura, design, è quello di eliminare il superfluo e valorizzare solo gli elementi necessari. E se guardiamo a quello che utilizza Dan Flavin per le sue installazioni capiamo che effettivamente servono solo un paio di oggetti: luce al neon e una stanza da illuminare.

Le installazioni permanenti di Flavin in Italia sono due. A Milano si può ammirare la Chiesa di Santa Maria Annunciata in Chiesa Rossa, consacrata nel 1932. L’intervento dell’artista fu voluto dal parrocco della Chiesa e la progettazione dell’opera, iniziata nel Maggio 1996, fu completata soltanto due giorni prima della morte dell’artista, avvenuta il 29 Novembre dello stesso anno.Una sorta di testamento di un artista che era tutto, fuorchè cristiano e praticante. Sembra che inizialmente l’artista non volesse avere nulla a che fare con questo progetto, salvo poi cambiare idea dopo aver ricevuto una lettera dal sacerdote della Chiesa.

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Lavorò quindi a distanza dal suo studio a New York, sui disegni e sulla planimetria dell’edificio, con l’intento di esaltare e illuminare i vari ambienti, creando un tutt’uno tra luce e architettura.

Entrando nella navata, si è avvolti dal blu e dal verde, i colori dei tubi al neon che Flavin posiziona nel corpo centrale della Chiesa. Il transetto è invece occupato dalla luce rossa, l’abside è oro (essendo il luogo sacro per eccellenza dell’edificio).

Nel transetto e nell’abside sono anche presenti delle file di neon a luce di Wood, più semplicemente a raggi UV. In questo modo gli spazi architettonici dell’edificio religioso sono divisi dai colori, e accompagnano il percorso del fedele dall’ingresso fino all’altare, il luogo più importante, intessendo di significati antichi la prima opera d’arte contemporanea progettata e conservata in un’edificio religioso.

FOTO3Un’altra installazione permanente si può vedere a Villa Panza a Varese. La Villa fu costuita nel 1748 dal marchese Paolo Antonio Menafoglio, successivamente, nel 1823, a causa della mala gestione delle finanze, la Villa passò a Pompeo Litta Visconti Arese, che la ampliò e la trasformò in una vera e propria dimora signorile. Dal 1956 il nuovo proprietario della Villa, Giuseppe Panza di Bumio, decise di raccogliere all’interno un’ampia collezione
di arte contemporanea americana, di cui era appassionato.

FOTO4.In questa Villa Flavin fu chiamato per trasformare, nel vero senso della parola, alcune stanze, alterandone la percezione degli ambienti. Posizionando i tubi al neon di diversi colori nelle stanze e nel corridoio, all’occhio del visitatore gli ambienti cambiano colore se osservati dall’interno o dall’esterno, in un gioco di colori complementari che rende l’idea solo se visto e sperimentato di persona. Un bell’esempio di arte che dialoga con lo spazio, o più precisamente, arte che è data dall’incontro tra lo spazio e la luce.

 Luce contrapposta al buio, luce come salvezza, luce come divinità, luce come pace, luce come liberazione.

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