«L’arte non ripete le cose visibili, ma rende visibile ciò che spesso non è»
Paul Klee, Confessione creatrice e altri scritti, Abscondita, Milano 2004
Nella primavera del 2007 un parroco, con l’aiuto di due restauratori, decise di mettere al sicuro gli arredi e i quadri di una chiesa malmessa della sua parrocchia. Nello spostare la pala d’altare trovò una sorpresa: sulla parete comparvero una serie di figure rimaste nascoste per tre secoli e mezzo.
La chiesa è quella di San Ludovico al Bretto, nel comune di Camerata Cornello in Valle Brembana ed è da questa scoperta e dalla successiva opera di restauro dell’edificio, terminata nel 2009, che prende spunto il post di questo mese. È nelle testimonianze artistiche tornate alla luce e in un’ulteriore ritrovamento avvenuto durante i lavori, che è possibile ricostruire alcuni degli aspetti storici e religiosi del territorio in questione.
Le immagini emerse durante l’opera di messa in sicurezza degli arredi, erano solo una parte di un affresco più ampio che copriva l’intera parete del presbiterio e da cui, grazie a una scritta posta tra i due ordini di affreschi, è stato possibile risalire al committente, alla datazione e all’esecutore dell’opera.
Si scoprì così, che fu un certo Guarisco Tasso a volere i dipinti per disposizione testamentaria il 23 agosto 1504 e che questi furono realizzati da un pittore di Aueraria. Guarisco Tasso era un esponente del ramo del Bretto della famiglia Tasso, la dinastia cui si deve la costruzione delle poste moderne e da cui discesero i poeti Bernardo e Torquato Tasso. Furono i figli di Guarisco a fare eseguire i dipinti in memoria del padre a una bottega di Averara (de Aueraria), un comune dell’Alta Valle Brembana che all’epoca ospitava diversi artisti, tra cui i Baschenis (la famiglia che darà i natali a Evaristo Baschenis), gli Scanardi, i Boselli e gli Scipioni. Il repertorio figurativo, per lo più rappresentato da una continua ripetizione dei Santi e della Madonna con il bambino, e la difficoltà del pittore nel riprodurre la terza dimensione, testimoniano l’arretratezza artistica in cui si trovava la Valle Brembana all’inizio del XVI secolo, rispetto alla Serenissima della quale era un dominio.
Il ritardo fu dovuto principalmente alle lotte di fazione del Trecento che portarono la Valle alla distruzione e alla rovina, nonché al provincialismo e all’estrema povertà in cui versavano i paesi prima della conquista veneziana (1428). Questi fattori impedirono l’affermarsi di una vita artistica e culturale duratura che si riflesse, così, nella difficoltà di superare i limiti rappresentativi e i modi espressivi conosciuti.
Oltre al ciclo di affreschi devozionali voluti da Guarisco, la chiesa presenta un’altra serie di dipinti, fatti eseguire nella seconda metà del Seicento da altri esponenti della famiglia Tasso del Bretto, che raffigurano alcuni episodi della storia sacra. Come è noto, in un’epoca in cui carestie, pestilenze e violenze erano costantemente in agguato, il popolo si accostava alla pittura come alla Bibbia e le pareti delle chiese erano usate per raccontare e spiegare, attraverso le figure, gli episodi della vita dei santi o di Cristo.
Infine, il ritrovamento di una sepoltura all’interno della chiesa apre a un’altra chiave di lettura. Con resti ossei rinvenuti, probabilmente di una donna del posto morta a causa della peste del 1630, furono trovati un anellino di bronzo ancora infilato al dito, forse una piccola fede, e una medaglietta anch’essa di bronzo.
Quest’ultimo oggetto è particolarmente interessante. Si tratta di una medaglia devozionale di forma ovale da cui spuntano dei piccoli denti che vanno a formare il profilo di una croce. Su entrambe le facce sono riprodotte delle figure religiose. Su un lato è rappresentata una figura con un abito lungo e con un velo che le copre la testa, ha un’aureola ed è inginocchiata con le braccia aperte e il viso rivolto verso l’alto da cui scendono dei raggi: si tratta della rappresentazione delle estasi mistiche di Santa Teresa d’Avila. Sul lato opposto si intravede, invece, il profilo di un volto umano, chiuso da un cappuccio, con un’aureola, rivolto verso una crocefissione: è San Giovanni della Croce, un altro santo spagnolo, che fu il capostipite dei Carmelitani Scalzi. Questa tipologia di medaglia votiva era molto diffusa fra il XVI e il XVII secolo e la sua presenza al Bretto è da valutare nell’ambito della situazione politica di Bergamo e, nello specifico, della Valle Brembana di quell’epoca. La presenza del dominio spagnolo nel vicino territorio milanese e il diffondersi dei traffici mercantili nella Valle favorirono la trasmissione di figure sacre di origine iberica. Inoltre, non è da dimenticare l’importanza che assunse la rappresentazione di Santa Teresa (canonizzata nel 1622) durante l’affermazione della Chiesa post-tridentina, i cui provvedimenti raggiunsero, attraverso le visite apostoliche e pastorali, anche i paesi della Valle.
BIBLIOGRAFIA:
– Tarcisio Bottani, I Tasso del Bretto. I documenti Tassiani dell’Istituto Sacra Famiglia di Comonte, Corponove, Bergamo, 2002
– Tarcisio Bottani, Walter Milesi (a cura di), Storia di un restauro. La chiesa di San Ludovico al Bretto, Corponove, Bergamo, 2009
– Liceo Scientifico David Maria Turoldo di Zogno (a cura di), La contrata Bretto di Camerata Cornello e la Famiglia Tasso in Europa, Ricerca pluridisciplinare realizzata dagli alunni delle classi Quarte del liceo Scientifico e dell’Istituto Tecnico e Commerciale e per Geometri, Corponove, Bergamo, 2002
– Silvana Milesi, La stirpe dei Baschenis. Sguardi sul Quattrocento e sul Seicento, Corponove, Bergamo, 1993
– Mariolina Elisa Olivari, Pittura veneziana fra ‘400 e ‘500 nelle Valli Bergamasche, Ferrari, Clusone, 1998
– Vittorio Polli, Dittici, trittici, polittici: antiche pitture custodite nelle chiese della Valle Brembana, Bolis, Bergamo, 1992
– Felice Riceputi, Storia della Valle Brembana, Corponove, Bergamo, 2011