Storia di una scoperta: Lucio Fontana e il buco (il taglio)

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Della serie: “Ma questo lo potevo fare pure io!”

L’artista e l’opera che forse maggiormente vengono etichettati come “banali”, “inutili” o che causano reazioni sdegnate tipo “ma-sarà-mica-arte-questa?” sono i Concetti Spaziali di Lucio Fontana.

Effettivamente, trovarsi di fronte una tela monocolore con uno squarcio al centro e sapere che si tratta di un capolavoro dell’arte quotato milioni di euro può lasciare perplesso chiunque non sappia che cosa sta guardando in realtà, qual’è il percorso che ha portato l’artista a concepire l’opera in quel modo, in quale contesto storico, sociale, politico e culturale è nata quella particolare opera.

Tutti questi elementi concorrono a formarla, ad idearla, ognuno di essi influenza il modo in cui l’artista la realizza. E senza conoscere nessuno di essi, è molto probabile che l’opera che troviamo di fronte a noi risulti banale e senza significato. Che poi è quello che la maggior parte delle persone pensa dell’arte contemporanea.

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Negli anni ’50 in Italia ci fu grande movimento: era il dopoguerra, il paese si stava rialzando, i disastri della guerra riecheggiavano ancora nei racconti di chi l’aveva vissuta in prima persona.

Nel mondo dell’arte si sviluppò la corrente dell’Informale, che propendeva per il rifiuto di qualsiasi forma di rappresentazione convenzionale, legata a forme riconoscibili, per lasciare libera espressione alle pulsioni individuali. In questo contesto nacquero quelle opere fatte di segni, in cui l’importanza venne affidata non tanto al risultato finale quanto piuttosto al gesto che nell’impeto del movimento l’artista lascia sulla tela (il già citato Action Painting di Pollock, per esempio).

L’Informale assunse varie forme, e influenzò come abbiamo visto non solo l’Italia e l’Europa, ma anche gli Stati Uniti. Ma ci fu anche chi, invece, cercò di distaccarsi da questo filone: Fontana e lo Spazialismo, per esempio. Lucio Fontana nacque nel 1899 a Rosario di Santa Fe, in Argentina, da genitori italiani. Lavorò nell’impresa del padre e si trasferì poi a Milano, dove studiò all’Accademia di Brera. Milano all’epoca era il polo attrattivo principale per gli aritsti esordienti, era un pò come la Parigi dei bohemien. Come già ricordato per Manzoni, l’ambiente culturale milanese era ricco, era vivo, gli artisti si ritrovavano nei bar e discutevano di arte, di movimenti, di rappresentazione. Ognuno svolgeva la propria ricerca, gli animi erano inquieti, agitati, mai soddisfatti.

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Nelle varie interviste che rilasciò, Lucio Fontana spiegò la sua ricerca, e lo fece in un modo molto semplice, naturale. Partiamo dal pincipio: egli disse che, inizialmente, i pittori rappresentavano solamente la bi-dimensione. Nel corso della storia dell’arte, si iniziò a studiare la tridimensionalità (con Giotto), la prospettiva; le rappresentazioni sceniche divennero così più naturali, più vicine al vero. Tuttavia, questa tridimensionalità non bastava più: si era andati oltre. Non bastava saper studiare una perfetta prospettiva, perchè l’uomo nel frattempo aveva ampliato le sue conoscenze, e si era imbattuto in un’altra scoperta: la quarta dimensione. L’uomo ha scoperto il cosmo, l’infinito.

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E se l’arte riproduce la realtà, se è dai suoi aspetti pricipali che trae ispirazione, Fontana si chiese come portare questa quarta dimensione sulla tela finchè, finalmente, non arriva alla sua scoperta:il taglio. Fontana tagliò la tela, inizialmente bucandola e succesivamente con squarci veri e propri, in questo modo accedendo alla quarta dimensione. E questa quarta dimensione, per lui, rappresentò la base dell’arte contemporanea. Bucando e tagliando la tela, Fontana superò anche la distinzione tra pittura e scultura: lo spazio infatti cessò di essere rappresentato secondo le tradizionali regole della pittura e della scultura per entrare direttamente in rapporto con la tela stessa, per entrare nella tela stessa.

Ed ecco che allora non ci troviamo più di fronte ad una semplice tela con un taglio al centro, ma vediamo rappresentata davanti ai nostri occhi la quarta dimensione, abbiamo di fronte a noi il Concetto Spaziale. 

Per concludere cito lo stesso Fontana, usando le stesse parole con cui chiuse un’intervista: “Per chi la vuole capire, chi non la vuole capire continua a dire che è un buco e basta…l’è u bus!”

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