Maryam, un nome invocato a tre voci nell’omonimo dramma interpretato dall’attrice Ermanna Montanari con la regia di Marco Martinelli, andato in scena venerdì 13 aprile alle 21, nell’ambito della stagione di Altri Percorsi, organizzata dalla Fondazione Teatro Donizetti. Maryam è la madre di Gesù nel Corano e tre donne mussulmane che hanno visto morire tragicamente i propri figli, invocano la Santa affinché abbia pietà di loro e perché castighi gli aguzzini che hanno fatto loro del male. La storia delle tre madri unita a quella di Maria, che anch’essa ha visto il proprio figlio morire sulla croce per salvare l’umanità dal peccato. Dopo i racconti imploranti delle tre donne per i propri figli abusati o morti per mano della Jihad o durante o un viaggio disperato in mare verso l’Europa, Maria si palesa loro con una corona dorata e partecipa del loro dolore, consolandole per la gravosa perdita. Grandiosa la capacità interpretativa dell’attrice nell’interpretare le tre madri ed infine Maria, nel lungo monologo carico di tensione drammatica, capace di cambiare tono ed espressione ed esprimendo appieno gli stati s’animo e i sentimenti contrastanti che attraversano i cuori delle donne: dal dolore, all’abbandono, alla vendetta. Come ha sottolineato il drammaturgo Luca Doninelli, era da parecchio tempo che aveva nel cuore l’idea di scrivere un testo teatrale su Maria, soprattutto dopo aver visto come le donne mussulmane, entrando nella Basilica dell’Annunciazione di Nazareth, erano devote alla Madonna. Grazie all’incontro successivo con Ermanna e Marco Martinelli, la sua drammaturgia ha finalmente potuto prendere vita sulla scena. Un’immagine di una donna col velo con occhi profondi che si aprono e si chiudono, viene proiettata su uno schermo, alle spalle della protagonista, ad indicare come l’amore per i propri figli sia qualcosa di universale, che attraversa i credo e le religioni. Anche le luci e gli effetti scenici come le musiche che hanno un richiamo tribale, compartecipano dello stato d’animo espresso durante i tre racconti dalle tre donne. La musica, in particolare, a un certo punto diviene quasi assordante, come un grido interiore che vorrebbe mettere fine al dolore causato dalla perdita dei propri cari e urlare vendetta per trovare un po’ di pace e di quiete su questa terra, che ha tolto tanto alle madri in preda alla disperazione. Uno spettacolo che mette in luce come i sentimenti umani, al di là della differenza religiosa, siano uguali, come quelli delle madri accomunate dall’amore per i propri figli e che chiedono un riscatto, un senso per la loro perdita, in un mondo in cui la religione viene spesso utilizzata come strumento di morte invece che veicolo di unione tra i popoli.
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