FISICA & FILOSOFIA: corso 3 anni in 1!

“Che cosa c’è?”“C’è che mi sono innamorato di teee”, verrebbe da rispondere con Gino Paoli e Giuliano Palma.

Invece, il “che cosa c’è?” nel senso di “che cosa esiste veramente nel mondo, nella mente?” è stata ed è la domanda cruciale attorno cui si rompono la testa fisici e filosofi.

Ultimamente ho letto “Sette brevi lezioni di fisica”, un condensato di idee base della fisica ad uso di non addetti ai lavori e scimpanzé. Caso editoriale della saggistica 2015, grazie anche a suoi 10 euro per 80 paginette scarse, avvolte in un Adelphi color carta da zucchero.

Tra filosofia e fisicasorgono parallelismi spontanei, affinità tematiche, unioni civili e ammucchiate intellettuali che, come tutte le relazioni sentimentali profonde, vivono e abbelliscono il mondo indipendentemente dal fatto che qualcuno riconosca o meno la loro esistenza.

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Uno dei mostri mitologici della fisica fu Albert Einstein, filosofo a pieno titolo perché sa instaurare similitudini tra elementi appartenenti a campi distanti e differenti. Così come – intuisce inizialmente Einstein – il campo elettromagnetico è un’entità reale e diffusa, che permea ogni cosa e porta in giro le onde elettromagnetiche, anche la forza di gravità deve possedere un veicolo simile, il campo gravitazionale.

L’intuizione di Einstein è duplice, perché il campo gravitazionale non è diffuso nello spazio: è lo spazio stesso.

Lo spazio è qualcosa che si dilata, si flette, ondula: si incurva tanto più quanta è la materia alla cui presenza si trova. Per esempio, lo spazio si incurva attorno ad una stella, ed è per questo motivo che pianeti orbitano attorno ad essa.

“La materia dice allo spaziotempo come incurvarsi, e lo spazio curvo dice alla materia come muoversi”
(John Wheeler)

Le similitudini di Einstein, che agganciano due prospettive finora estranee l’una all’altra per capire qualcosa in più, sono le stesse di cui si serve Platone nel suo raccontare per immagini (mythologhéin) o Tommaso quando usa il metodo dell’analogia per sorreggere ognuna delle sue prove dell’esistenza di Dio.

Un ulteriore stupore si crea quando successivamente viene provato anche un altro azzardo di Einstein: anche il tempo si incurva, ovvero scorre più velocemente vicino ai corpi dotati di massa, mentre più lentamente a distanza da essi. E’ qui che si inserisce il celebre esperimento dei gemelli, che esplora le conseguenze di una situazione in cui un gemello è fermo mentre l’altro si muove di moto accelerato.

In un colpo solo ai due concetti cardine della storia umana, spazio e tempo, si sottraggono l’assolutezza e l’universalità: quella di Einstein è detta, a testimonianza di ciò, teoria della relatività. Il filosofo Montaigne, il più celebre blogger di viaggi del Cinquecento, eleva il relativismo a metodo di sopravvivenza nei secoli dei secoli: è impossibile e azzoppante guardare la realtà da un’unica prospettiva, perché ogni anno si scopre un nuovo continente, un nuovo farmaco e una nuova arma.

Il principio di indeterminazione di Heisenberg, altro grande giro di boa della fisica, ci descrive poi uno scenario molto semplice: un elettrone esiste soltanto nel momento in cui si scontra ed entra in relazione con un’altra particella.

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L’ultima curiosità che il divulgatore Rovelli ci racconta prende avvio da un aneddoto: il fisico americano Murray Gell Mann ha denominato le particelle che compongono protoni e neutroni quarks, ispirandosi a una frase senza senso del Finnegans Wake di James Joyce.

I quarks, insieme agli elettroni, fotoni, gluoni, sono i componenti di tutto ciò che si muove nello spazio intorno a noi, sotto forma di vibrazioni. Non esiste perciò nessuna regione dello spazio che sia veramente vuota.

Quello così descritto non è un mondo fattodi oggetti, ma di relazioni e vibrazioni. E’ una prospettiva un po’ hippie, ma anche un po’ fenomenologia dell’intenzionalità di Husserl e un po’ rapporti economici di Marx.
Permangono certo degli abissi inesplorati: attorno ad ogni galassia gli astronomi hanno osservato – solo indirettamente, tramite la loro capacità di attrazione – aloni di materia che, non essendo composta da nessuna delle particelle sopraindicate, viene denominata materia oscura.

D’altronde, anche se conosciamo l’esistenza delle onde elettromagnetiche già da un secolo, solo da poco ci cuociamo il pollo con il microonde… In tutte le cose della natura c’è qualcosa di meraviglioso, come diceva Aristotele.
Le due teorie principi del ‘900, relatività generale e meccanica quantistica, risultano però in intima contraddizione: danno vita a mondi intrinsecamente diversi, incompatibili.

Quando trova delle contraddizioni, un fisico è felice: può intraprendere lo sforzo intellettuale di sublimarle in una teoria ulteriore, più snella e potente, che tenga conto delle sfumature di entrambe (in questo caso, una proposta è la gravità quantistica a loop).

In ogni fisico, c’è un filosofo à la Hegel che saltella di gioia quando può portare a compimento l’Aufhebung, il culmine del movimento dialettico sintetico.

La teoria della gravità quantistica a loop, inoltre, potrebbe illuminare non solo i primi vagiti dell’universo, ma addirittura dirci cosa c’era prima: il Big Bang sarebbe in realtà un Big Bounce, un grande rimbalzo di un universo precedente che, dopo essersi contratto sotto il proprio peso, avrebbe iniziato a riespandersi.
Cose da mandare in visibilio 2000 anni di filosofia, che nacque proprio dall’urgenza di sapere il come e il perché, l’inizio e la direzione del mondo che ci è dato abitare..

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2000 e non 2500 perché, dal Seicento circa in poi, i filosofi abbandonano il proprio slancio verso la definizione di un’immagine sistematica e globale della realtà e delle sue origini, per dedicarsi alla specializzazione.
E’ forse allora che i filosofi diventano scienziati moderni, vivisezionatori dell’esistente: da chirurghi, paradossalmente, hanno più respiro per tornare a dare risposte universali ed essenziali. Da cosmogonie antiche a cosmogonie contemporanee senza soluzione di continuità, perché chi cerca non è né fisico né filosofo: è, sempre e in primis, uomo. Chi vuole scoprire di più, sonda l’invisibile e ne rende pulsanti le trame: “dipinge il silenzio”.

Come è stato detto abbia saputo fare, in tutt’altro contesto, il pittore Edward Hopper.

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