A proposito di “Feria di agosto” di Cesare Pavese: le novelle de’ "La città"

Il secondo gruppo di novelle, dal titolo “La città”, è composto da dieci racconti di vissuti cittadini, e da uno dedicato alla campagna.

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I protagonisti non sono più bambini, o adolescenti sognatori, messi a confronto con una realtà che svergina la loro visione della vita, rendendola in parte adulta e consapevole dell’altro che li circonda, ma sono giovani insoddisfatti, bighelloni o innamorati, persi in una città che ingloba esperienze umane e vita, o in una campagna che è vera, dura e crudele. Sono latin-lover impenitenti, rubacuori per giovani ragazze a servizio (Le case), perdenti nelle situazioni d’amore (L’estate, Piscina feriale), o giovani inclini alla riflessione permalosa (Risvegli) e orgogliosa di chi vuole essere cittadino (Il tempo), o vivere un altro posto (Le feste).

Il confronto tra cultura rurale e vita cittadina emerge schiettamente come un contrasto. Inizialmente sovrasta la vita urbana fatta di noia, di passeggiate in viali soleggiati, di vie svuotate dalle ore notturne, successivamente prevale la crudeltà del mondo rurale dove si passeggia di notte, si guardano le stelle e si muore per un cavallo.

È anche il libro della poesia e delle profonde riflessioni, tipiche della scrittura di Pavese. Nei racconti le mani diventano un mezzo per parlare dell’ammirazione di un uomo per un altro uomo (Vocazione), e il contatto tra due corpi giovani e bramosi del piacere sessuale non è liberatorio, ma è il mezzo con cui si perde l’occasione per vivere l’amore innocente (La città). È anche il libro dell’ironia. Nella sintassi poetica c’è spazio per personaggi secondari simpatici e poco ambigui, che smontano i “romanzi” dei vari protagonisti con la loro crudezza, con il loro essere reali, terreni, come nella novella “Le case” e più duramente nella novella “Le feste”.

Chiuse le pagine di “Mare” in cui si hanno ricordi dell’infanzia, piccole avventure vicino casa, ipotetici viaggi verso lo sconosciuto Mediterraneo, si viene catapultati dentro la città e i suoi luoghi (Il prato dei morti), dove proprio la morte viene introdotta in modo reale, crudo, come un fatto umano piuttosto che un fatto divino. Un tema che verrà ripreso e confermato in “Le feste” che chiude il libro e introduce il ritorno alla campagna con il terzo blocco di novelle, dal titolo “Le vigne”.

La città” è un blocco di novelle riflessive, in cui accanto alla storia si sviluppa il ragionamento di giovani, in cui il lettore si può identificare, senza aprire spazi alle paure su un futuro che da giovane non spaventa e non interessa. Il tempo e momentaneo, il tempo è il loro presente. L’amore è un incontro di letto da far divampare perché bruci il calore interiore, perché avvolga due corpi di giovani che parlano di matrimonio senza capirne il senso, o che si vivono sapendo che a ottobre tutto deve finire. Il futuro è il senso di inquietudine che porta un ragazzo in città, o alla cava, oppure a seguire degli amici brillanti che corteggiano ragazze per gioco o per sfida, perdendoli perché bloccati dietro al banco di una tabaccheria, invischiati in un futuro che li prende senza che loro se ne rendano conto.

C’è chi ricollega tutta l’opera alle poesie di Lavorare Stanca, c’è chi legge senza porsi la questione, c’era Pavese che scriveva per raccontare.

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