“Alla fine qualcosa ci inventeremo”: riflessioni di un padre di un ragazzo autistico.

Mi serve ancora tempo, devo costruire qualcosa per lui”. Spinto da questo desiderio, o forse meglio necessità, Nicoletti anche quest’anno è tornato a scrivere dell’autismo in “Alla fine qualcosa ci inventeremo”.

copertina

Gianluca Nicoletti, giornalista e nota voce di Radio24, l’anno scorso ha presentato il suo primo libro sull’autismo, sulla base della sua esperienza con il figlio Tommy: “Una notte ho sognato che parlavi”, vincitore del premio Estense 2013.

NicolettiL’autore stesso ha dichiarato che gli è costato moltissimo scrivere questo secondo libro, anche perché gli sembrava che non fossero accadute cose così significative nella vita sua e di Tommy, da meritare un nuovo libro. Ma poi qualcosa è cambiato. “Alla fine qualcosa ci inventeremo” è il libro della consapevolezza e della consueta rabbia, mai distruttiva. Consapevolezza, perché Nicoletti si accorge che sta invecchiando, mentre Tommy, il suo «Capoccione» cresce e si fa uomo. Il figlio sedicenne cammina sempre più veloce davanti al padre, ed è difficile stargli dietro, così come diventa sempre più difficile gestire le sue crisi epilettiche e i comportamenti oppositivi. Dalla consapevolezza della vecchiaia nascono la paura e la preoccupazione per quel figlio, per cui si ha sempre l’impressione di non aver mai fatto abbastanza. La domanda che assilla l’autore è: ”Come farà Tommy a stare bene e divertirsi come lo fa con me, quando io non ci sarò più?”

IMG_0038selectedcolorfinal-1Tommy cresce, e dopo le superiori i ragazzi autistici sono destinati all’oblio, a essere persone fantasma. Ed è qui, nell’analizzare la situazione italiana nei confronti dell’autismo, che esce la rabbia, più che giustificata, di Nicoletti. L’Italia non è culturalmente pronta all’autismo, e lo dimostra portando come esempi numerosi casi, alcuni vissuti in prima persona dall’autore e dal figlio.

I ragazzi autistici sono assegnati a persone non specializzate, che non sanno come fare, o peggio li torturano. Dopo la scuola vengono rinchiusi in strutture grigie insieme ad altri pazienti, abbandonati a se stessi. Le stesse famiglie a volte li rinchiudono tra le pareti di casa perché si vergognano e perché in Italia ancora non si riesce a parlare del problema autismo. Non c’è nemmeno una cultura istituzionale a tale proposito, tant’è che i comuni non approvano i vari progetti di strutture pensate per l’inserimento degli autistici, o peggio c’è chi usa “autistico” come insulto per il suo rivale politico.

Cool-evening-45-of-97Eppure il papà di Tommy, come tanti altri genitori di bambini autistici, non si arrende e continua a cercare soluzioni che possano far vivere in modo sereno e con più dignità suo figlio e altri ragazzi come lui. Da questa ricerca nasce il progetto di Insettopia: non una città-lager per autistici (come molti hanno insinuato), ma un unico luogo, dove si condensino tutte le attività gradite e utili ai propri figli, che possano riempire le loro lunghe giornate con tante attività diverse e stimolanti.

Nicoletti inserisce lettere di altri genitori, messaggi, stralci di documenti o di lezioni universitarie ed esprime sempre la sua opinione, pur rischiando di essere impopolare. Il pregio maggiore è certamente la schiettezza. L’autore non vuole imporsi come persona autorevole, ma ci riporta la sua esperienza e le sue opinioni senza censure, prima che come scrittore, come padre che lotta per suo figlio, convinto che “avere un figlio autistico che ti cresce accanto è una delle migliori opportunità, che ci possano capitare, per non annoiarsi mai”.

Elena Ravasio

 

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