Belisario prima al "Gaetano Donizetti Bergamo Music Festival"

Lo spiegare un’opera artistica inserita nell’ambiente storico civile e culturale, vuole dire ripercorrere indirettamente la storia di ciascuno di noi, contribuendo alla costruzione del futuro per i nostri figli. Frequentare Bergamo, abbellendola e interrompendone l’impoverimento è il compito di chi opera Cultura, perché attraverso essa si può far capire che esisteva, ed esiste, un altro modo di rapportarsi alla città, alla società.

Dal mese di settembre Bergamo ospita la VII edizione del Gaetano Donizetti Bergamo Musica Festival dove la sfida degli organizzatori è incentrata su due grandi capolavori, Belisario e Maria Stuarda.

Nella cospicua produzione donizettiana, Belisario viene dopo il capolavoro Lucia di Lammermoor. Fu rappresentata nel 1836 alla Fenice di Venezia. L’opera venne scritta dal librettista Cammarano, ispiratosi a una tragedia di Franz Ignaz Holbein. Siamo negli anni trenta dell’800, periodo in cui avvenne una variazione dei costumi dovuto all’abbandono dell’ideale di una natura ubertosa per la riscoperta di città antiche e abbandonate, con particolare attenzione alla decadenza di un impero romano, che Donizetti descrisse nell’opera.
Da poco erano accaduti i primi moti rivoluzionari del 1830-31 in Europa, Italia inclusa. Donizetti attraverso la guerra di Belisario sui Goti sconfitti ma destinati a distruggere un Impero in dissoluzione, corrotto e senza stimoli, si collegò ai moti carbonari – si vedano le rivoluzioni del Belgio nel 1830, della Polonia nel 1831 e dei ducati Italiani – mantenendo la linea di supporto alla carboneria, che nonostante non ci sia certezza di una sua adesione formale, si materializzò con il dare ai patrioti la sua abitazione di Parigi. Per un opera diversa dal “Belisario”, lo stesso Mazzini, scrivendo del “Marino Faliero” di Donizetti, disse che era un’opera di argomento rivoluzionario.

La trama dell’opera è accattivante e rocambolesca. Belisario è un generale dell’imperatore Giustiniano che venne condannato ingiustamente per tradimento e che morirà mentre difende per l’ultima volta chi lo ha condannato alla cecità. L’opera si annovera in quel filone con soggetto greco romano già sperimentato dal Donizetti con L’Esule di Roma e Fausta e da altri con la Vestale e Medea. Questo tema si confaceva con il romanticismo letterario di quel periodo per cui lo stesso Leopardi scrisse: “L’antico è il principalissimo ingrediente delle sublimi sensazioni”, per cui aggiungo l’opera trasforma in musica ed emozioni.

Per i neofiti che si accostano alla lirica provando difficoltà nel comprendere le parole dette, do questo suggerimento: una volta letto il libretto abbandonarsi completamente alla musica considerando le voci un ulteriore strumento dell’orchestra. Questo suggerimento nasce dall’esperienza. Molti melomani difficilmente comprendono le parole d’opere in tedesco di Wagner o in Francese di Massenet, di Bizet nella notissima a tutti “Carmen” o dello stesso nostro Donizetti, eppure dopo l’ascolto si esce dallo spettacolo estasiati e sollevati, pieni di un senso nuovo del vivere comune.

Ogni opera lirica coinvolge una serie di rami della cultura; dall’arte, alla letteratura, alla storia. È in questo modo che si può comprendere l’evolversi dell’umanità. Bergamo con questo Festival  scommette sul suo ruolo nella storia, ruolo avuto nei secoli scorsi e che ha tutte le caratteristiche per essere confermato nel futuro.

L’invito è ascoltare l’opera lirica immergendosi nella musica.

Mirko Isnenghi

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