Cindy Sherman e l’arte del travestimento.

C’è un artista che ha fatto dei suoi travestimenti delle vere e proprie opere d’arte, riuscendo di volta in volta a cambiare completamente aspetto e a trasformarsi sempre in personaggi diversi: Cindy Sherman.

Nonostante i suoi lavori siano per la maggior parte fotografie, che la ritraggono appunto nei sui vari travestimenti, l’artista non si reputa una fotografa, bensì un’artista performativa: le sue fotografie sono semplicemente un mezzo che ci permette di osservare queste sue “performance congelate”.

Cindy nasce nel 1954 nel New Jersey, e sin da piccola mostra questo particolare interesse. Tutte le bambine amano provare i vestiti e le scarpe delle mamma e sembrare più grandi; la Sherman già da piccola fa di più: crea la sua prima serie di lavori raccogliendo le sue fotografie dai 10 anni fino ai 20, inserendole in un quaderno intitolato A Cindy book. La didascalia di ogni foto recita semplicemente That’s me, Questa sono io, quasi per rimarcare la sua identità.

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La prima serie che l’ha resa famosa e l’ha consacrata come artista riconosciuta è quella degli Untitled Film Stills, 69 scatti in bianco e nero che la ritraggono nelle vesti di attrici cinematografiche. Dalla studentessa avvenente, alla donna in carriera, alla casalinga in pericolo, la Sherman ripropone i clichè dei film americani, senza avere in mente un regista o un film preciso, ma basandosi sul repertorio di immagini impresse nella mente di ogni spettatore, riproponendo appunto quei “tipi” di personaggi che i film di ogni genere ci hanno insegnato a riconoscere.

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Molte volte i suoi lavori sono stati avvicinati alle tematiche del femminismo: siamo negli anni ’70 e i movimenti femministi sono in piena lotta contro l’immagine della donna come oggetto. Anche se lei stessa non si è mai dichiarata un’attivista in tale ambito, alcune immagini sembrano denunciare gli sterotipi maschilisti che arrivano dalla televisione, dai giornali, dal cinema.

Alcuni scatti degi Untitled Film Stills sono molto sensuali, e mettono lo spettatore nella parte del voyeur, del “guardone”. Quando la ripresa è effettuata da dietro la porta del bagno, e la ragazza si sta specchiando, la osserviamo di nascoso in un momento di intimità, senza che lei se ne accorga.

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Dagli Untitled Film Stills la Sherman ha sviluppato successivamente varie tematiche: l’orrido, il disgustoso, l’erotico. Negli anni 90 la serie degli History Portraits prende spunto dai ritratti degli old masters, gli antichi maestri: ricordano lo stile di Caravaggio, o i dipinti fiamminghi. In Hollywood abbiamo fotografie di donne che, come se partecipassero ad un casting, cercano di vendersi meglio che possono, implorando lo spettatore a dar loro una possibilità. Ritratti ironici che non nascondono del patetismo: segretarie, giardiniere, casalinghe, la cui occupazione reale si può riconosce dall’abbigliamento (ancora una volta, clichè!).

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Nella serie Fairy Tales tuti gli elementi di reale che almeno in parte sopravvivevano nella produzione precedente, vengono eliminati in favore del fantastico, dell’innaturale: non manca l’elemento macabro, che rende questi scatti più vicini a degli incubi che alle favole.

Con parrucche, trucchi e protesi, la Sherman è riuscita a sconvolgere totalmente il proprio aspetto, trasformandosi in clown, in dama del Rinascimento, in attrice anni ’50, persino in cadavere. In un’intervista le era stato chiesto cosa avrebbe voluto scrivere come epitaffio sulla sua lapide, e rispose: “She finally find the perfect outfit”. Ha trovato infine l’outfit perfetto.

Geniale.

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Le sue fotografie sono semplicemente un mezzo che ci permette di osservare queste sue “performance congelate”

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