Da vicino e da lontano: empatia e realtà virtuale

Un paio di anni fa partecipai, insieme ad una quindicina di persone, di età mediamente intorno ai quarant’anni, conosciute in quell’occasione, ad un appassionante viaggio in Medio Oriente. Al ritorno dal viaggio ci si scambiò, come spesso succede, i rispettivi indirizzi che ai giorni nostri sono nella forma dell’indirizzo e-mail.
Nei giorni successivi al nostro rientro a casa, ci fu una cospicua circolazione di e-mail, spesso simpaticamente allusive a fatti occorsi nel viaggio, oppure semplici saluti o ricordi dei momenti passati insieme. In psicologia si osservano le congruenze o le incongruenze che si verificano tra il dichiarato ed il manifestato, tra il linguaggio verbale e il non verbale, perché spesso in questa dialettica si evidenziano punti di conflitto o di difficoltà, o semplicemente di interrogazione.

Ebbene, ciò fu evidente soprattutto in un compagno che durante il viaggio non fu per nulla comunicativo, sembrando incapace o disinteressato a qualsiasi rapporto con l’altro, mentre, una volta tornato a casa, divenne il più attivo, continuo e sollecitante nella comunicazione via e-mail.

 

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Risultò evidente l’incoerenza tra i due atteggiamenti; al disinteresse relazionale nel rapporto vero con l’altro, faceva da contraltare una sorprendente simpatica intensità comunicativa che si esprimeva, però, solo nel contesto fornito dalla e-mail elettronica. E-mail che nella loro forma compositiva erano lontanissime dalla struttura della tradizionale comunicazione scritta, caratterizzandosi con brevi frasi, poche parole rimandanti, in una lunga catena incrociata alle frasi degli altri. Insomma una modalità del tutto simile alle comunicazioni che in buona parte caratterizza i social network: rapidità, essenzialità estrema, informalità, abbreviazione, emoticons, ecc.

Già oggi sono numerose le ricerche che mirano ad indagare gli effetti che le nuove tecnologie hanno sull’uomo, cercando di anticiparne le incidenze sul prossimo futuro. Vengono osservati aspetti cognitivi, relativamente all’apprendimento, all’attenzione, ai processi mentali, le capacità di analisi e di logica, gli aspetti affettivi e relazionali, concernenti i vissuti emotivi ed empatici, nonché gli aspetti sociali, concernenti le dinamiche interpersonali.

Relativamente all’esempio sopra raccontato che evidenzi il diverso atteggiamento del soggetto tra la relazione vis-a-vis e quella a distanza via e-mail, mi limito a considerare solo uno delle aree coinvolte dalla diffusione delle nuove tecnologie; quella affettivo-emotiva.

Cominciamo dai quei semplici simboli grafici chiamati emoticon che decorano le comunicazioni via web. Il loro scopo è di rappresentare all’altro i sentimenti di chi scrive o i suoi stati d’animo; di fatto uniformandoli ad un ipotetico vissuto generale. Di certo li semplificano e li impoveriscono, liberando colui lo scrivente dalla difficoltà sia di riconoscerli dentro di sé, sia di spiegarli e precisarli all’altro. Queste operazioni sono, viceversa, molto importanti sia sul piano cognitivo, sia su quello affettivo, e concorrono al riconoscimento di sé e della propria identificazione.

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Cosa succede quando invio una emoticon sorridente e l’altro mi risponde allo stesso modo, con un’altra emoticon sorridente ? Che siamo d’accordo, ci siamo reciprocamente simpatici, o condividiamo lo stesso vissuto emotivo al riguardo di una frase o di un commento espressi. Quanto meno così crediamo. Non è detto, però, che colui che ha scritto sappia dire all’altro, quindi ancor prima a se stesso, in che cosa si articoli, come si specifichi, la sua contentezza. Spesso è un modo per “salvarsi in angolo”; sarebbe troppo complesso provare a spiegare il proprio sentire. Ogni epoca ha manifestazioni tipiche del disagio psichico. Nel passato potevano, ad esempio, essere legate al senso di colpa causato da desideri, generalmente della sfera sessuale, inaccettabili, e per questo negati alla coscienza del soggetto stesso. Oggi, invece, esse si caratterizzano con il cosidetto “analfabetismo emotivo”, tecnicamente alessitimia, ovvero l’incapacità del soggetto nel riconoscere e nel dare nome ai propri vissuti emotivi.

In entrambi i casi si tratta di una difesa del soggetto. Nel primo, classicamente, come difesa della rappresentazione ideale di sé, nel secondo come difesa contro l’invadenza dell’altro; segnalando in questa seconda dinamica la carenza di quell’operazione fondamentale per la costituzione e costruzione soggettiva che va sotto il nome di separazione.

La comunicazione tramite web, nella forma problematica che abbiamo visto, può indicare, tra le altri, una difficoltà di relazione, ovvero di incontro con l’altro percepito come un pericolo per la propria sussistenza non certo fisica ma esistenziale.

In altre parole, la paura di essere presi nel desiderio dell’altro e di non aver più parola per il proprio.

Ne consegue la chiusura, il ripiegamento su se stessi, così che si limiti sempre più lo scambio autentico e quindi ravvicinato con l’altro. Uno degli effetti di ciò è la perdita della possibilità di riconoscere i propri vissuti emotivi, poiché è passando dall’altro che si definisce sé stessi, così da poterli nominare e rappresentare.

Anche sotto questa luce va interpretata l’incoerenza tra il manifestato relazionale autentico, di contatto e il manifestato virtuale, a distanza, che nelle sue forme critiche si riscontra nella comunicazione condotta attraverso le nuove tecnologie.

 

Mario Tintori

Psicologo Psicoterapeuta

www: psicologo.bergamo.it

 

 

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