Don Chisciotte è il personaggio letterario che ha sopraffatto in fama il proprio creatore. Tutti sanno della lotta contro i mulini a vento di questo vecchio e strampalato cavaliere errante, ma nessuno conosce realmente la vita di Miguel de Cervantes, padre “dell’ingegnoso hidalgo della Mancia” , nato in una modesta famiglia, afflitto dagli stenti, soldato nella Battaglia di Lepanto del 1571, ostaggio dei pirati Algerini e amico di Antonio Veneziano.
Proprio questa lacuna rende incredibile il romanzo Don Chisciotte.
Offuscando lo scrittore rimangono gli uomini protagonisti della storia: il cinquantenne Alonso Quijano, che preso dalla follia si darà il nome di Don Chisciotte proclamandosi cavaliere errante, e il suo compare/scudiero Sancho Panza, che soprannominerà il suo padrone “Il cavaliere dalla Triste Figura”. Due uomini a tutto tondo, con le loro stramberie, difetti, leziosità, ma soprattutto alimentati dall’illusione di gloria e ricchezza tipica della nostra natura. I due tomi, che compongono l’opera, sono libri che catturano e assorbono il tempo del lettore, riempito dalle spassose vicende dei due protagonisti e dai loro dialoghi minuziosamente costruiti
Di Don Chisciotte si innamorò anche Nietsche, identificatosi nella libera capacità di sognare di quest’uomo inesistente. La complessità dell’opera è tale che si possono ritrovare tutte le particolarità di un romanzo popolare, che Cervantes volle scrivere, la profondità di un romanzo psicologico, la ricchezza di un romanzo storico ma soprattutto l’espressività e l’eternità di quelle opere miliari per la letteratura mondiale, quali sono il “Faust” di Goethe, “La Divina Commedia” di Dante, “Il Decamerone” di Boccaccio, “Dei delitti e delle pene” di Beccaria, “Romeo e Giulietta” e “L’Amleto” di Shakespeare, “Delitto e castigo” di Dostoevskij, “Il giovane Holden” di Salinger, “Uomini e topi” di Steinbeck, “Il processo” e “La metamorfosi” di Kafka, e via dicendo.
Don Chisciotte è l’uomo più uomo della letteratura del suo tempo: pazzo e saggio, serio e ridicolo, religioso e blasfemo, ma è anche un vero visionario che per amore della sua idea abbandona tutto pur di vivere la sua cavalleria errante, accompagnato dal fido Sancho Panza che, pur sapendo quanto il padrone sia pazzo, si lascia condizionare dalla colta follia, arrivando a credere agli incantatori, alle fantasmine, alle isole abitate dai giganti e alle finte principesse che incontra, dando forza alla saggezza popolare che con lui emerge a tal punto da toccare il limite dell’altra faccia della medaglia: l’ignoranza.
Cervantes venne criticato dal lontano Nietsche per non aver contestato apertamente la Santa Inquisizione, eppure leggendo questo libro si ha un doppio rapporto su tali argomenti; infatti, se in certi momenti non ci si può non indignare per i dialoghi misogini, o rimanere colpiti per l’eccessiva religiosità, dando ragione al filosofo tedesco, in altri ci si stupisce per la capacità di Cervantes di prendere a calci clerici e piccoli religiosi, di farsi beffe del re e della Santa Fratellanza, di mettere a nudo le abitudini di una nobiltà soffocante e soverchiante, salvata da donne avvedute e sagge, e di dare spazio alla contrapposizione tra poesia e guerra.
Il “Don Qujiote” è un libro completo: irriverente, divertente, saggio e interessante. Un testo che si inizia a leggere con fatica, spaventati sia dal numero di pagine, dal linguaggio ampolloso, che dalla lentezza di alcune parti, ma è anche un libro che crea dipendenza. Ogni capitolo viene letto portandosi al successivo non per sforzo ma per bisogno, sperando che il libro non finisca. Una storia complessa che può essere letta con leggerezza, per divertimento, dando così ragione a Cervantes che non pensò di scrivere un libro fondamentale per la letteratura mondiale, ma solo un bel libro da leggere che lo aiutasse a vivere.
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