Dove è finita la colla?

Dove abbiamo lasciato quel collante che univa le generazioni, che anche se esternamente disegnava rapporti austeri, patriarcali e severi riusciva a trasmettere, di generazione in generazione le esperienze e le emozioni di un vissuto? Che sanciva un patto di sopravvivenza e di reciproco rispetto e supporto tra presente e futuro?

tumblr_m6p0m8N6Rc1r5dje8o1_400Nella società dei conflitti, della paura, delle crisi e delle intolleranze, tra la diffidenza e la fretta stiamo scavando un solco inter-generazionale preoccupante e pericoloso.

  • Preoccupante perchè, come già ricordato, fra vent’anni ci aspetta il boom dei capelli grigi/bianchi (o tinti…), figlio di quel boom economico e demografico che ci consegna oggi “una grande energia” che dovremmo cominciare a saper sfruttare come risorsa e non come elemento di allarme sociale e di mera e svilente preoccupazione assistenziale.
  • Pericoloso perché in ballo ci sono il futuro di tutti noi e anche dei “non nati” che riceveranno, senza aver colpe, un mondo perverso e complicato da vivere

L’anziano del domani vivrà in una società ben diversa dall’anziano di oggi o di 20 anni fa. Vivrà in una società nella quale a prevalere numericamente saranno molti suoi coetanei e stranieri, o meglio “nuovi italiani”.

Dovrà trovare non solo un equilibrio nei rapporti inter-personali, anche con chi “è diverso” da lui, dovrà anche ritagliarsi un ruolo nella società. Un ruolo nuovo.

Con l’innalzamento dell’aspettativa di vita e un più generale benessere derivato dal progresso scientifico e tecnologico dovrà essere padrone di tutti i mezzi del vivere e del comunicare, dovrà custodire e testimoniare la cultura del proprio popolo, dovrà essere corazziere ed ambasciatore nello stesso tempo, non solo un nonno quindi.

Una figura lontana dal clichè attuale ed è inevitabile che ciò accada. I numeri parlano chiaro.

Dobbiamo fin da ora preparare il terreno per questa rivoluzione sociale che sta li dietro l’angolo, a qualche lustro di distanza da noi, che piomberà in mano ai nostri figli come una granata già priva di spoletta.

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Ma come fare a costruire e a far assimilare questo nuovo concetto di terza età?

Negli Stati Uniti, come ricorda Rampini nel suo libro (plesios/ARO: il futuro è giovane e ha i capelli grigi), già da tempo si è voluto investire nelle politiche di invecchiamento attivo e di trasformazione dei ruoli sociali.

Gli anziani, per fare un esempio, vengono coinvolti, o meglio ri-coinvolti nel mondo del lavoro con il ruolo di “mentori”, come i vecchi maestri delle arti e dei mestieri che venivano, anche nella nostra società, quasi venerati come patrimonio sociale, umano e culturale e che ora, purtroppo, stanno sparendo nel silenzio generale.

Il mercato si muove, osserva e saggiamente (a volte) anticipa, e ci sono intere aree di mercato dedicati a questa fetta di utenza, la più ampia. Non parlo solo del settore dei servizi sanitari e assistenziali in genere, bensì parliamo di intrattenimento, turismo, sport…. e persino formazione, perchè per organizzarsi la “seconda vita” e quindi orientarsi meglio nella “carriera bis” serve ritornare anche a scuola, da alunni, ancora.

Il domani ci prospetta un passo nel passato, in chiave positiva si intende. Ritornando a quando le fasce d’età non avevano un nome ma avevano una funzione ben precisa.

Gli anziani del 2030 dovranno avere carattere, dovranno loro essere il supporto, anche morale e psicologico, alle generazioni più giovani, quelle dei ventenni di oggi, dei “senzasperanze” che faticano a “metter su famiglia”, a costruirsi un futuro.

Chi ha vissuto i terribili periodi delle due guerre mondiali ha saputo in passato trasmettere ai propri figli valori essenziali come la libertà e la responsabilità, il sacrificio, la dignità o più semplicemente il valore del denaro e del lavoro e non per niente circa l’80% degli italiani, grazie a questa “tavolozza valoriale” ha saputo conquistarsi la proprietà di un immobile, divenuto anch’esso un valore primario, essenziale. Ha sviluppato, almeno fino agli anni 80 una cultura della responsabilità nei confronti del proprio futuro e di quello dei propri figli. Oggi, come si suol dire, “si vive alla giornata”, si vive di scommesse e non più di certezze e di progetti.

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Il cinquantenne di oggi quindi, alla luce di queste ampie trasformazioni all’orizzonte, non può pensare di immaginare se stesso fra 20 o 30 anni immedesimandosi in un settantenne o un ottantenne dei nostri giorni. Non sarà così.

Certo alcuni “benpensanti” credono che questo fenomeno demografico sia da sfruttare creando opportunità di lavoro nel campo assistenziale (case di cura, badanti..) ma c’è un piccolo particolare che non torna… chi paga? Chi pagherà il mantenimento di questi servizi? Non certo i figli degli anziani del domani che già non riescono a costruirsi un presente, ne tantomeno riuscirebbero gli anziani stessi a mantenere certi servizi perché il sistema previdenziale, cosi come articolato oggi non potrà supportare una tale mole di necessità. La soluzione non dovrà quindi essere trovata tra le azioni passive e di assistenzialismo, bensì in quelle attive, di coinvolgimento e di partecipazione a 360°. Che abbia come fulcro la cultura nelle sue diverse declinazioni e che trovi nel vivere al meglio il proprio territorio e i propri rapporti con l’altro un elemento imprescindibile.

Concludendo, e ritornando “alla colla”, è chiaro che se dobbiamo iniziare un percorso, questo deve iniziare sin da ora e per mano di tutti, delle istituzioni e dei singoli cittadini, giovani e meno giovani, partendo lavandoci e levandoci di dosso quella pigrizia dialettica e di confronto che sta aumentando distanze che abbiamo bisogno di colmare e che ci sta inaridendo moralmente e intellettualmente sempre più in modo evidente e desolante.

Rientreremo nell’argomento sicuramente in futuro durante il nostro viaggio per ora spero di aver offerto dei punti di riflessioni interessanti.

Alla Prossima, Plesios

 

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