Elogio (semiserio) della musica da camera

Come non mai, anche per la musica, vale il principio – generale ed individuale – che… “de gustibus non est disputandum” (frase latina non classica che ha dato anche titolo ad un dramma giocoso per musica composto da Carlo Goldoni per il Teatro Tron di San Cassiano in Venezia, nel carnevale del 1754).

I gusti sono gusti; e, dal gusto personale deriva il minore o maggior diletto di ciascuno all’ascolto dei vari generi musicali più disparati.

C’è chi ama la musica leggera, orecchiabile e canticchiabile; c’è chi ascolta la “disco music” o quella new age; ci sono i patiti del pop; del rock; del soul e del rap; del funk; del raggae; della metal o fusion o electro; ci sono gli appassionati del jazz; della lirica; della sinfonica e, per finire, della cosiddetta “musica da camera”.

Tutte scelte più che legittime; assimilabili – per dirla con esempio pratico e banale – ai vari gusti, per esempio, in tema di cibo e bevande.

In proposito si può, però, senza dubbio affermare che difficilmente potrà definirsi esperto “gourmet” chi si sia sempre e solo nutrito di polenta e castagne (ah, le visioni orobicocentriche!?); così come non potrà considerarsi vero e autentico musicofilo chi si sia… fermato al solo ascolto delle pur belle canzoni di Mina o Celentano o De Andrè o Pausini o Vasco o Beatles e compagnia varia.

La verità è che – come per tutto il ventaglio dell’Arte umana – la… curiosità e lo studio che dalla prima trae origine e ragion d’essere – sono determinanti per la consapevolezza e l’apprezzamento del bello che ci circonda; e per l’approfondimento che necessariamente ne discende.

Per poter scegliere si deve, innanzitutto, avere davanti agli occhi (o, meglio, alle orecchie) tutta – o, almeno, gran parte della sterminata “tavolozza” di suoni e sonorità che la nostra epoca ci consente di fruire, attraverso innumerevoli fonti sonore: radio; tv; cd; film; dvd; i-pod ed altri supporti elettronici; internet e via dicendo. Enormi possibilità nemmeno ipotizzabili agli inizi del XX secolo e stupefacenti se riflettiamo che, in precedenza, l’unica opportunità di ascolto per i nostri prossimi antenati era la musica “dal vivo” (oggi diremmo “live”) e, quale unico succedaneo i… patetici e nostalgici organetti ambulanti.

Evidentemente, e come si verifica in parte anche per il cibo; per i profumi e per tutti i “sensi”, gioca in noi anche una parte istintiva; di inclinazione naturale; di particolare attitudine sensoriale (per l’udito, ad esempio, il cosiddetto “orecchio assoluto”); ma poi, su tutto ciò si innesta l’abitudine all’ascolto; il piacere della conoscenza della Musica e della sua plurisecolare storia; la capacità cognitiva di metro, tonalità, intonazione, armonia, ritmo, scansione, cantabilità: e, cioè, il godimento della Musica in tutte le sue innumerevoli varianti e sfaccettature sonore.

Ogni scelta – abbiamo detto – è legittima; purché di vera scelta si tratti: perché la Musica non la si deve passivamente subire, come si subisce la colonna sonora di un film; o il commento alla pubblicità televisiva; o il sottofondo musicale del supermercato.

La “nostra” Musica; quella che amiamo; che ci emoziona e ci consola, dobbiamo individuarla e sceglierla con il cuore e con l’intelletto; e solo allora la sua magica potenzialità produrrà in noi la propria efficacia emozionante e, talora, addirittura taumaturgica.

La scelta di chi scrive è caduta – da molto tempo – sulla cosiddetta “musica da camera”; e cioè, quel settore tradizionale della musica classica (ma, aggiungerei, anche del jazz), nel quale rientrano composizioni e/o esecuzioni nelle quali il ruolo del singolo strumento è sempre essenzialmente individuale.

A differenza della musica orchestrale – nella quale sono previsti, in genere, gruppi di esecutori per ogni timbro strumentale – in quella da camera, due diversi strumenti procedono all’unisono solo episodicamente; mentre, come ovvio, nel filone cameristico rientra tutta la letteratura musicale per strumento solista.

Duo; trio; quartetto; quintetto e via via sino al… decimino, sono le “formazioni” (sia classiche, sia jazzistiche) che consentono un ascolto più… intimo, diretto, personalmente interiore, profondo e quasi… singolarmente esclusivo della Musica; rispetto a quella sicuramente più partecipativa; appariscente e collettiva della musica operistica (a chi scrive non è mai piaciuto che nell’opera l’orchestra sia… confinata nel c.d. golfo mistico!) e di quella sinfonica.

Certo, ripetiamo, “de gustibus…”; ma anche “…ogni lustro si cambia gusto”!

Ed è per questo che sovente accade, nel corso della vita, che le preferenze musicali individuali mutino con il mutare dell’età; così come accade mutino a seconda delle ore della giornata e/o dell’umore del fruitore; il quale, spesso, opta anche per il… silenzio: ma anche questo è Musica.

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Ed è per questo che ARO, grazie alla generosità della Società del Quartetto di Bergamo, regalerà un abbonamento alla stagione 2013 ai primi 5 lettori che ne faranno la richiesta a questo indirizzo mail: romanzocollage@gmail.com

 di Giampaolo Rosa

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