Film classici: Fantasma d’amore (1981)

Dopo Anima persa, un altro intenso affresco di Dino Risi.

 

Intorno al film

Il maestro Dino Risi, dopo Anima persa (1977), firma un’altra meravigliosa opera “gotica” che si distanzia decisamente dai suoi canoni ai quali siamo abituati: Fantasma d’amore (1981), romantica e struggente storia d’amore ricca di fascino e connotazioni misteriose. Insieme al precedente, formano un dittico imprescindibile in cui il regista toglie per un momento lo sguardo dalla società e mette in scena profonde vicende psicologiche e psicanalitiche. Risi non fa un film “di genere”, ma dirige con la consueta maestria opere d’autore appassionanti grazie sia alle intense interpretazioni sia alle ottime sceneggiature.

La vicenda

Nino Monti (Marcello Mastroianni) è un commercialista di Pavia che conduce una grigia vita borghese insieme alla moglie Teresa. Un giorno incontra sull’autobus Anna Brigatti (Romy Schneider), un suo antico amore che da anni aveva perso di vista: al momento non la riconosce, talmente è sciupata, ed è la donna a rivelare la sua identità. Giovanni inizia così un nostalgico viaggio fra i ricordi e i luoghi della gioventù, fino a quando scopre da un medico che la donna è morta tre anni prima. Non potendo credere alla notizia, l’uomo si reca nella villa di Sondrio dove Anna si era nel frattempo sposata, e qui la rivede in tutto il suo antico splendore: fra i due nasce nuovamente l’amore, ma è un sogno destinato a svanire tristemente.

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Narrazione e stile

Anche questo film, come Anima persa, è tratto da un romanzo – l’omonimo Fantasma d’amore di Mino Milani – con la sceneggiatura di Risi e Bernardino Zapponi. Fra le due opere c’è una certa continuità e somiglianza, quasi a voler portare avanti il discorso iniziato quattro anni prima: innanzitutto la presenza di due attori monumentali come Mastroianni e la Schneider (nel precedente abbiamo Gassman e la Deneuve), l’atmosfera insieme misteriosa, romantica e triste, nonché tutta una serie di tematiche complesse quali l’amore, il ricordo, il tempo che fugge, la follia. Fantasma d’amore introduce, insieme all’elemento “giallo”, anche una presenza soprannaturale – appunto il “fantasma” del titolo – impersonato dalla Schneider con la consueta eleganza. Naturalmente lo sguardo di Risi è scevro da ogni elemento thriller, anche se il carattere misterioso e gotico della storia contribuisce in maniera decisiva a rendere affascinante il film.

Dalla Venezia decadente di Anima persa ci spostiamo in una Pavia grigia e nebbiosa. Le location svolgono nuovamente un ruolo fondamentale per la creazione dell’atmosfera: dalla piazza dove si svolge il mercato popolare ai vicoli uggiosi, dal ponte nel centro cittadino fino al fiume in campagna. Tutto è quasi sempre avvolto nella nebbia o bagnato dalla pioggia, i paesaggi trasudano mistero e abbandono: la regia di Risi è talmente solida e attenta che lo spettatore può quasi “sentire” gli odori, profumi e percezioni che incontra lungo la vicenda. Altrettanto suggestivi sono gli interni, tre in particolare: la casa borghese dove Nino e Teresa consumano stancamente il loro matrimonio (“come due vecchi amici”, afferma Mastroianni), la lussuosa villa in cui abitava Anna Brigatti (che tanto ricorda quella di Anima persa) e la misteriosa abitazione di Padre Gaspare, uno spretato dedito all’occultismo. La decadenza nostalgica dei luoghi è una sorta di corrispettivo esterno del grigiore interiore che vivono i personaggi: malinconia e ricordi accompagnano costantemente Mastroianni e la Schneider, che si trovano a riprendere un’antica storia d’amore interrotta anni prima, una relazione adesso impossibile in quanto supera i confini della realtà. Un amore profondo, mai sopito – opposto alla noiosa routine in cui Nino vive insieme alla moglie – talmente forte da far “rivivere” la defunta Anna, il cui “fantasma” si manifesta al protagonista prima sotto forma di una vecchia decrepita, poi nelle consuete e splendide sembianze, quasi si nutrisse del suo sentimento. Ma il commovente finale, con Mastroianni ricoverato in manicomio che vede il volto della Schneider anche in un’infermiera, crea una suggestione secondo cui tutto quanto vissuto sia frutto della sua folle immaginazione.

Ad ogni modo, il film è costruito apposta per non dare una spiegazione razionale: poco importa se Anna Brigatti sia fantasma o follia, quello che conta per Dino Risi (e in cui riesce pienamente) è creare sensazioni ed emozioni nello spettatore, che si trova avvolto in questa atmosfera sognante, sospesa nel tempo, rarefatta e surreale, il tutto accresciuto dalle malinconiche musiche di Riz Ortolani. Seguiamo quindi, con una forte immedesimazione e partecipazione emotiva, Nino Monti mentre vaga per le stradine di Pavia o nell’antica villa in cerca dei luoghi del suo antico amore: una “ricerca del tempo perduto” struggente e quasi proustiana, che diventa un bellissimo sogno fino a trasformarsi in amara disillusione a cui l’uomo non vuole rassegnarsi, fino a precipitare sempre nella follia. La malinconia del tempo perduto è rafforzata dai ricordi della giovanile passione, tradotti cinematograficamente in flashback con atmosfere luminose e inquadrature “flou”: gli unici momenti di luminosità presenti nel film, dominato per il resto da tonalità grigie e cupe (da notare la cura fotografica di Tonino Delli Colli). Amore, malinconia e mistero si intrecciano indissolubilmente. Memorabili e intensi gli incontri fra i due innamorati che si ritrovano e riaccendono “l’antica fiamma”: prima casualmente su un autobus, poi nella villa barocca, infine nella romantica e drammatica gita in barca sul Ticino – con la donna che precipita in acqua e vi scompare come l’Ofelia dell’Amleto shakespeariano. Per quanto riguarda l’aspetto più “gotico”, è notevole la sequenza in cui Monti naviga sul fiume avvolto nella nebbia scorgendo sulla riva opposta un uomo, a cui offre un passaggio senza però ricevere risposta: un altro “fantasma”, una sventurata anima errante che aspetta di essere traghettata, con Mastroianni che compie una sorta di viaggio dantesco tra i fantasmi del passato. Inquietante il personaggio dello spretato Padre Gaspare (Michael Kroecher): scheletrico e dallo sguardo folle, vive in uno studio pieno di libri antichi, fra teschi e gatti neri, e ammonisce il protagonista come una severa guida – se vogliamo proseguire la suddetta metafora, è il novello “Virgilio” nel viaggio fra le ombre. Arricchisce il tutto una sotto-trama gialla, con l’omicidio di una donna e le relative indagini: un caso che si rivelerà connesso al personaggio della Schneider e che rimane aperto a varie interpretazioni.

Immensi i due protagonisti. Mastroianni si conferma, come in ogni film, uno fra i migliori attori del cinema italiano: nell’evoluzione del personaggio, nell’espressività del volto e nella calda voce che fa anche da narratore esterno – come se il film fosse un suo “diario segreto”. Romy Schneider (la celebre “Principessa Sissi” molto attiva anche coi maestri del nostro cinema) regala un’impagabile eleganza e profondità a questo carnale fantasma, passando – grazie anche a un ottimo lavoro di make-up – dall’avvizzita signora alla splendida ragazza del passato. Impreziosiscono il tutto gli ottimi attori di contorno, da Eva Maria Meineke (Teresa) a Victoria Zinny (Loredana, amica della moglie e attiva partecipante del suo gruppo cattolico), dal suddetto Kroecher a Wolfgang Preiss (il vedovo di Anna Brigatti), senza dimenticare alcuni caratteristi come Raf Baldassarre e Giampiero Becherelli.

La colonna sonora

Come in Anima persa, anche in Fantasma d’amore la colonna sonora è un elemento fondamentale per la costruzione dell’atmosfera. Qui è affidata a uno fra i più grandi compositori del cinema italiano, Riz Ortolani, conosciuto dagli amanti sia del cinema “di genere” sia del cinema “d’autore”. In questo film, il maestro si avvale di un musicista d’eccezione: il celebre clarinettista americano Benny Goodman, che esegue una performance impeccabile sulle note composte da Ortolani. Un brano lento, malinconico e ricco di sonorità quasi jazz, con un retrogusto di mistero; questa melodia si alterna con musiche più romantiche e altisonanti che accompagnano i flashback, unici veri momenti di felicità dei due personaggi.

Davide Comotti

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