Il futuro è giovane… e ha i capelli grigi!

Mai come ora l’elettorato, terminate le spinte ideologiche che hanno caratterizzato il novecento si trova a scegliere di interpretare due ruoli: il tifoso o il cittadino. Anche prima, ai tempi delle “ideologie”, l’elettore era o tifoso o cittadino ma ora il dualismo si accentuato a tal punto da svuotare di contenuti i termini del contendersi, divenendo, nel caso del tifoso, solo tifo. Appunto.

L’elettore tifoso”, segue la politica con lo stesso spirito del tifoso allo stadio o sul divano di casa. In questo caso la partita non è altro che la rappresentazione che i leader dei partiti (e/o i relativi “cortigiani”) danno della realtà nei talk show, il linguaggio è quello tipico da stadio (nella sua accezione più becera e “barbara”). L’elettore sceglie la sua “squadra preferita” e ciecamente, aldilà della logica e talvolta in barba alla recente memoria, sceglie, sostiene e infine vota. Non importa come ma si deve vincere, non importano le conseguenze. Il derby deve essere conquistato e l’avversario deve essere battuto, per poi deriderlo con l’italianissimo e classico stile tipico delle “beghe” da Bar Sport il lunedì mattina.

L’elettore cittadino” è l’elettore che sta rialzando la testa, sta riaprendo gli occhi e vuole ritornare ad essere un po’ più protagonista, sta riconquistando la coscienza civica e civile, vuole capire i meccanismi e gli schemi che regolano la società, vuole partecipare, vuole essere alternativo.

Questa seconda categoria, negli ultimi lustri minoritaria e messa in ombra, colpevolmente, dal sistema partitocratico si sta ritagliando un nuovo ed ampio spazio e sta cominciando a “preoccupare” i partiti tradizionali. A preoccupare i dirigenti di partito non è tanto il “fenomeno Grillo” in se stesso, ma la rinascita di una consapevolezza delle potenzialità del singolo cittadino che se “attivo” comincia a “pensare con la propria testa”, a non credere più nei cosiddetti “pifferai”. Riconquistata la capacità critica e di giudizio, diventa “pericolosamente” in grado di scegliere e da il giusto peso alla propria scelta.

Terminata questa piccola parentesi di analisi ora è il momento di parlare del tema che cominceremo a trattare oggi: il nostro futuro.

Noi uomini, esseri sociali e politici per natura e necessità, dobbiamo smetterla di essere autoreferenziali e di “sbrodolarci” addosso le lamentele dell’oggi. Dobbiamo pensare al domani.

Ci dicono spesso che il futuro è nei giovani. Frase scontata e nello stesso tempo imperfetta.

Sì, imperfetta perché se prendiamo per modello gli altri paesi occidentali, europei e di oltre-oceano, scopriremo che questi non stanno pensando solo alla generazione del 2000, o all’emergenza degli ultrasettantenni di oggi, bensì stanno concentrando i loro sforzi e le loro riforme su un’altra fascia demografica: i figli del boom economico.

bABY BOOM

Quella moltitudine di persone (la fascia più ampia della società in termini demografici) che oggi, nel 2013, hanno più o meno 50 anni e che fra vent’anni saranno anziani.

Oggi il termine “anziano” fa subito pensare al sistema pensionistico, all’assistenza sociale, alla solitudine. Cosa faremo quando la nostra Italia (con tasso di natalità dello 0,8%) nel 2025 sarà prevalentemente abitata da anziani? Cosa stanno facendo negli altri paesi per trasformare quello che da noi è un “peso”, un costo in una “risorsa”?

In Italia non ci abbiamo ancora pensato, noi come si sa, purtroppo, aspettiamo le emergenze e raramente le anticipiamo, ma negli Stati Uniti, per esempio, ci stanno pensando, già da tempo.

L’argomento è di quelli molto interessanti e curiosi e mi riservo di approfondirlo nelle prossime “tappe” del nostro percorso.

DC-AARP

Nel frattempo, in attesa del nostro prossimo incontro che continuerà su questo argomento vi consiglio la lettura di un interessantissimo libro di Federico Rampini dal titolo “Voi avete gli orologi, noi abbiamo il tempo” una sorta di “manifesto generazionale” che ci apre gli occhi su un “mondo nuovo” e talvolta sconosciuto.

Per ora l’esempio vuole servirci per capire ancora una volta come questa “politica dei partiti”, in Italia, non si interessi dei veri problemi, quelli che dovrebbero essere affrontati per progettare un futuro, quelli che se non affrontati bene e per tempo si ripresenteranno come l’ennesima emergenza da affrontare tra il “finto” stupore e in attesa di un ennesimo “salvatore della Patria”, o di un Governo del Presidente come va di moda dire oggi….

De Gasperi, riprendendo una massima di James. F. Clarke, diceva che “Un politico pensa alle prossime elezioni, uno statista alla prossima generazione. Un politico cerca il successo del suo partito; uno statista quello del Paese”. In Italia probabilmente abbiamo troppi politici che si fingono statisti e troppi (potenziali) statisti che non fanno i politici… ma c’è sempre tempo, finché c’è tempo.

Alla prossima.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *