Scuola 21 pensiona la scuola antiquata


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Dagli studenti ai professori: insegnare ad insegnare

Non era mai successo, almeno sulla base delle mie esperienze personali prima di Scuola 21, di dovermi trovare in una situazione in cui occorre rivolgersi ad un professore, non per chiedergli spiegazioni su una formula non capita od un procedimento di chimica poco chiaro, ma per arrivare a produrre risultati condivisi. Risultati raggiunti non solo grazie all’impegno del professore e delle sue esperienze, ma grazie anche ad un percorso di ricerca operato dagli studenti.

Metodo didattico. Due parole che alle orecchie di molti non significano nulla e che però sono alla base di ogni educazione scolastica.

L’insegnamento tradizionale è semplice : un uomo o una donna preparato/a in un determinato argomento, sia questo scientifico o letterario, trasmette le sue conoscenze ad un individuo per arricchirlo di nuove competenze.

Ma chi ha detto che deve essere proprio così?

Perché non immaginare un sistema scolastico in cui sono gli studenti ad insegnare ai professori ? E se anche non si trattasse di insegnare non sarebbe forse una rivoluzione che la giovane generazione si proponga come creatrice e progettatrice e non come percezione passiva di regole già prestabilite?

Non è stato solo un progetto per produrre catalizzatori o sperimentare nuove forme di biocarburanti. Il laboratorio è diventato il luogo dove professori e studenti hanno collaborano per espandere le loro conoscenze. È stato un momento di incontro tra generazioni, una spinta innovativa ad un diverso modo di vivere la scuola.

Michele Campus – V a lst

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Oltre i confini delle aule

L’esperienza vissuta in questi due anni scolastici ha rappresentato un reale esempio d’integrazione disciplinare.

I diversi tentativi, indispensabili, che lo hanno preceduto negli anni passati, progetti pluridisciplinari, multidisciplinari, interdisciplinari ecc, vedevano la partecipazione di due o più docenti di discipline diverse che contribuivano ognuna per il suo ambito, alla costruzione di un sapere in maniera quasi autistica, svincolati gli uni dagli altri sia a livello metodologico che disciplinare. Un metodo didattico antiquato con l’unico obiettivo (nobile nonostante tutto) di affrontare contemporaneamente un macroargomento, certi che i discenti sarebbero stati avvantaggiati da una conoscenza multi-sfaccettata. Si riproponeva il modello della didattica quotidiana che vede gli studenti passare da un sapere ad un altro al suono della campanella!

In Scuola 21 l’integrazione è stata prima di tutto progettuale! Ci si è seduti ad un tavolo e si è condiviso con studenti, genitori e soggetti esterni in modo paritario, metodologie e obiettivi, in modo continuo e questo ha portato ad una reale integrazione delle competenze che ogni soggetto ha saputo mettere in gioco e ha potuto fare fruttare in un contesto creativo di apertura mentale, strutturale e culturale!!!!!!

Si sono abbattuti i confini disciplinari, i confini delle classi, i confini delle aule e della Scuola stessa! Straordinario!

Prof.ssa  M. Fanizzi  – Docente di biologia e Scienze della Terra e responsabile del laboratorio di Biologia del progetto Scuola 21.

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Un nuovo metodo

Nell’esperienza di “Scuola 21” si è tentato di instaurare una metodologia diversa riguardo all’organizzazione del lavoro.

Probabilmente era insito nel progetto in quanto una parte di esso è basato sulla sperimentazione dove penso si debbano scegliere delle linee guida, ma che il dettaglio delle attività debba adattarsi ai risultati ottenuti.

La novità è stata quella di coinvolgere gli alunni nella programmazione e nello svolgimento delle attività portando proposte o soluzioni al fine di raggiungere l’obiettivo preposto. Questo atteggiamento ha certamente coinvolto e responsabilizzato maggiormente i ragazzi, ma secondo me ha dato loro anche la possibilità di manifestare la loro creatività e le loro conoscenze extra scolastiche in un ambito dove normalmente ciò non è richiesto.

Certamente il loro modo di trovare informazioni e/o risposte è diverso da quello utilizzato dalla generazione che io rappresento. Essendo la loro una delle prime generazioni “native digitali” accedono e utilizzano in modo naturale i mezzi d’informazione e di comunicazione che la moderna tecnologia offre, trovando quello che serve in tempi ristrettissimi e utilizzando un’enorme quantità di informazioni.

Qualche docente ha raccontato anche che, presi dall’euforia della partecipazione, durante un’intervista alla Dirigente, Le spiegavano come doveva muoversi o che durante uno Stage alla Italcementi alcuni spiegavano all’interlocutore quali erano secondo loro le cose scorrette.

Se il coinvolgimento nell’organizzazione delle attività porta ad acquisire questo genere di sicurezza o a sviluppare un pensiero critico così articolato significa che l’esperienza non può che essere positiva.

Naturalmente questo atteggiamento deve essere manifestato in modo educato e soprattutto costruttivo.

Colgo l’occasione quindi per congratularmi con questi ragazzi che hanno saputo cogliere l’opportunità spronandoli a continuare senza dar troppo peso a quello che normalmente si dice sulla gioventù: “non hanno più valori….”, “ai miei tempi ….”. Sono le stesse cose che sentivo dire io alla vostra età, significa quindi che è semplicemente uno scontro generazionale e non siete né meglio né peggio di altri ma siete semplicemente giovani.

Attilio Zanini – Genitore

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