Telecamere negli asili infantili, a chi serve?

Le cronache informano sempre più spesso della richiesta di genitori di installare, all’interno degli asili infantili frequentati dai loro figlioli, una rete di telecamere collegabili via web con l’abitazione privata o l’ufficio dei genitori stessi, in modo tale che essi possano vedere, in tempo reale e in qualsiasi momento, il loro bambino.

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Sembra che la prima ad adottare questa scelta tecnologica sia stata una scuola d’infanzia di Nola, in provincia di Napoli, ma dopo di essa in molte altre scuole, da nord a sud, si è proposto di fare altrettanto.

I gravi fatti di abuso avvenuti in questi ultimi anni all’interno di alcuni asili infantili, in alcuni casi, vedi Rignano, controversi, hanno certamente sollecitato le soluzioni a cui facciamo cenno.

Senza entrare nel merito di quello che l’adozione di un simile dispositivo di controllo comporta in tema di tutela della privatezza e di diritto del lavoro, è tuttavia importante porsi al riguardo alcuni interrogativi, quali ad esempio:

  • a chi serve ?
  • produce degli effetti nella relazione madre (genitori) figlio ?
  • produce degli effetti nella relazione maestra – bambino ?
  • quali sono le dinamiche psicologiche che esso sollecita ?

L’introduzione di un sistema di visione a distanza serve ai genitori, in particolare alla mamma, a tranquillizzarli e a ridurne l’ansia e il sentimento di colpa. Ansia per il timore che al proprio bambino, lontano dai loro occhi, possa succedere qualcosa di grave e di pericoloso e sentimento di colpa causato dal pensiero di sentirsi genitori inadeguati e trascuranti avendo affidato alla cura di altre persone in una struttura esterna il proprio piccolo.

L’idea di poter vedere, seppure attraverso l’occhio anonimo di una telecamera, il proprio bambino quando questi è lontano sembra possa alleviare questi sentimenti negativi.

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È evidente che ciò chiama in gioco la questione della separazione che, considerata da questa prospettiva, non è tanto quella dolorosa ma necessaria del bambino dalla madre ma quella della madre dal proprio bambino.

Il rischio nell’introduzione di questo sistema di sorveglianza a distanza è quello di non facilitare il processo di separazione del bambino dalla figura principale di riferimento affettivo, processo che è sostenuto dalla figura materna. Il rischio è il perpetuarsi della dipendenza, laddove, invece, sarebbe opportuno introdurre, nell’interesse del bambino, un fattore di separazione.

L’avviare il bambino alla scuola materna ha infatti, tra altre, questa importante funzione.

Tema, quello della dinamica separazione-dipendenza, attualissimo della contemporaneità, tanto che potremmo definire la nostra come la società della dipendenza. Fattore che non va individuato solo nelle diverse forme di tossicodipendenza o nell’alcolismo ma anche nelle sue nuove manifestazioni di sesso compulsivo, gioco patologico e dipendenza da web-internet.

E’ opportuno chiedersi quale sia l’effetto che l’introduzione di un sistema di video-sorveglianza, all’interno di un asilo infantile, induce nella relazione insegnante – bambino.

Non si può pensare che la possibilità di essere osservati dai genitori mentre si interagisce con i loro figli non condizioni l’agire dell’insegnante. Sicuramente ne verrebbe toccata la spontaneità della relazione. Si andrebbe verso un rapporto insegnante-bambino asettico, perfettamente rispondente alle esigenze di una corretta salute comportamentale, al riparo, nonostante l’insegnante sia pedagogicamente adeguato alla sua funzione, da critiche o osservazioni, che potrebbero essere sollevate dai genitori.

Il suo comportamento potrebbe essere considerato troppo espansivo, o troppo rigido, poco affettivo, o troppo distaccato, troppo tollerante, o troppo impositivo. Insomma, una condizione che difficilmente l’insegnante vivrebbe in modo sereno e utile all’espressione autentica di sé e delle proprie competenze.

Si rischierebbe di far prevalere un approccio professionalmente corretto ma affettivamente distaccato. In altre parole un accudimento orientato più “al tecnicamente corretto”, tendente all’uniformità, all’indifferenziazione, piuttosto che su una cura improntata all’interesse soggettivo, attenta alla singolarità del bambino e quindi specifica e differenziata.

Quanto detto ci porta a considerare che l’introduzione di questo dispositivo sollecita dinamiche psichiche concernenti principalmente due tematiche: quella della dipendenza, a cui abbiamo già fatto cenno, e quella del controllo.

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Il controllo, motivato dal genitore con l’esigenza di proteggere il figlio dai rischi che egli potrebbe correre all’interno dell’asilo, comporta il pensiero che il mondo esterno e l’altro siano luoghi ostili, colmi di pericoli, dei quale diffidare. D’altra parte si può ben comprendere il timore dei genitori che in forme nuove e forse anche più realisticamente drammatiche rievoca le antiche paure dell’uomo nero, o la raccomandazione materna del non accettare caramelle dagli sconosciuti.

Non è uguale però l’effetto prodotto dalla antica raccomandazione genitoriale e l’azione di controllo realizzata attraverso una telecamera. Entrambe sono modalità superegoiche, che tendono cioè ad insinuare nel bambino una norma da non trasgredire, ma la prima è di tipo verbale e la seconda di tipo visivo e le facoltà cognitive del bambino ancora acerbe non gli impediscono di afferrare il fatto che egli è visto e osservato dalla mamma e dai famigliari a lui cari durante la giornata da lui trascorsa all’asilo.

Ciò che è importante considerare è che la modalità superegoica di tipo visivo, attuata attraverso lo sguardo, poco importa se elettronico, rispetto a quella verbale è maggiormente intrusiva e, soprattutto, è maggiormente persecutoria.

È evidente che non è questo l’obiettivo dei genitori e non è detto che l’introduzione di questo dispositivo produca inevitabilmente questo risultato, tuttavia ciò che inconsapevolmente esso tende a produrre è un controllo incisivo e condizionante sull’altro, nonché, nuovamente, sollecitarne la sua dipendenza.

Gli effetti estremi di questa modalità è di irretire l’altro, rendendolo non solo insicuro e timoroso, due comportamenti tipici della dipendenza, ma anche bloccato e inibito nell’espressione della sua autenticità percependosi catturato e prigioniero dell’altro che in nome dell’amore lo controlla. Ciò può indurre in colui che è sottoposto al controllo, una chiusura relazionale, attuata attraverso una comunicazione rifiutante od oppositiva. Ci possono essere anche effetti stimolati dal desiderio del bambino di aderire alla richiesta dell’altro ma di fatto altrettanto costrittivi.

Ripeto, stiamo parlando di effetti clinici estremi, tuttavia è opportuno chiedersi se nell’esigenza di porre sotto sorveglianza la scuola materna frequentata dal proprio figlio, così come il desiderio di poterlo vedere-controllare in qualsiasi momento della giornata mentre si trova in un ambiente esterno, normalmente sicuro e protettivo, esprima solo la giusta preoccupazione per la salute psico-fisica del proprio figlio, oppure il timore, che è del genitore, di distaccarsi da lui affinché cominci ad incamminarsi sulla sua strada, insieme al bisogno che il genitore ha di sentirsi rassicurato dell’amore del proprio figlio.

Mario Tintori

Psicologo Psicoterapeuta

www.psicologo.bergamo.it

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