Il massacro di Sandy Hook. Perché trucidare dei bambini?

La scuola elementare Sandy Hook, in una tranquilla cittadina del Connecticut, il cui nome evoca storie e fantasie dell’epopea western, è divenuta nota in tutto il mondo per l’azione tragica di un ragazzo.

Non intendo soffermarmi sulla personalità di Adam Lanza perché le uniche notizie che possediamo sono quelle trasmesse dai mass-media. Questi lo descrivono come un ragazzo timido, molto intelligente e molto educato, appassionato di giochi elettronici violenti.

Una sola affermazione mi annoto, quella del fratello Ryan il quale dice di Adam che era “quasi autistico”, dando l’impressione, classificando patologicamente il fratello di prenderne le distanze, evitando, così, gli angosciosi interrogativi che un’azione terribilmente distruttiva, come quella perpetrata da Adam Lanza, indirizza primariamente a chi gli viveva accanto.

Il fratello precisa, inoltre, che non aveva più rapporti con Adam dal 2010.

Del padre si sa che aveva divorziato dalla moglie e con il figlio ormai non aveva che sporadici contatti a distanza. Viveva altrove.

Della madre sappiamo che coltivava una passione per le armi da fuoco; ne possedeva diverse. L’assassino utilizzò proprio quelle armi e ha iniziato la sua strage proprio dalla madre.

Ciò che risulta evidente è la solitudine, la privazione di relazioni, l’isolamento in cui questo ragazzo viveva e nel quale probabilmente lui stesso si era rinchiuso, covando un odio profondo per il mondo esterno nel quale, probabilmente, sentiva di non poter far parte.

Per cercare di capire qualcosa di questo terribile atto, possiamo basarci non sulle sommarie notizie intorno alla vita dell’assassino, riportate dai mass-media, ma su ciò che con certezza sappiamo: la scelta dei suoi obiettivi di morte, prima la madre e poi i bambini di una scuola elementare.

Perché accanirsi su dei bambini inermi e assolutamente incolpevoli ?

Ai suoi occhi probabilmente essi avevano la colpa di vivere, o meglio di aver diritto alla vita, di poter desiderare, di potersi immaginare un futuro. Probabilmente Adam Lanza sentiva la sua vita come un buco nero senza uscita e nell’assassinio di tanti bambini forse ha espresso l’odio verso coloro che a differenza sua potevano sperare in una vita.

E non è casuale che il suo odio si sia per primo rivolto alla madre, colei che dandogli la vita gliela aveva anche tolta, assoggettandolo totalmente, attraverso quei meccanismi psichici, in parte misteriosi, che regolano la relazione madre-figlio, al suo desiderio. Uccidendo la madre ha ucciso chi nel suo sentire lo aveva imprigionato, vincolandolo a lei, e all’impossibilità di scegliere una propria vita.

Il padre probabilmente non era mai riuscito, o voluto, entrare in questo rapporto simbiotico, cercando di aprire un pertugio di speranza, di azzurro sulla vita.

È vero che queste ipotesi ci portano a pensare ad una personalità gravemente patologica, probabilmente più psicotica che autistica, ma ciò non dà risposta sul perché un fatto così atroce sia potuto accadere e non solleva ciascuno, famigliari, comunità cittadina, organizzazione, legislazione dello stato, cultura sociale, dall’interrogarsi sulla parte di sé in causa rispetto a quanto avvenuto, perché la pur grave patologia non basta a giustificare un atto di tale efferatezza.

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