Keith Haring: Quando il Graffito diventa Arte

Si sa, Febbraio è il mese dell’amore per eccellenza, e a San Valentino c’è chi si accontenta del peluches e della scatola di cioccolatini e chi invece sceglie di dimostrare il proprio amore all’amata in modo plateale con le classiche, sgrammaticate e intramontabili frasi d’amore sui muri.

Sul dizionario la parola graffito è definita come “scrittura o pittura eseguita sui muri della città, generalmente con vernice a spruzzo”: siamo abituati a vederne in abbondanza sugli edifici delle nostre città, dalla semplice scritta al murales vero e proprio, che è un disegno realizzato su muro il cui termine deriva dallo spagnolo e ha origine dal movimento messicano noto come muralismo.

Se il murales per definizione e origine sembra abbia una ragione artistica più intrinseca, il graffito viene percepito invece come un mero atto di vandalismo anche se, bisogna ricordarlo, i primi capolavori dell’arte sono le ben note incisioni rupestri.

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Il graffitismo vero e proprio nasce in America negli anni ’60 sull’onda delle contestazioni giovanili e per questo i writers (nel termine inglese che suona meglio di graffitista) provengono per la maggior parte dai sobborghi e dai quartieri poveri della città. In realtà il termine graffitismo non è del tutto accettato, sarebbe più opportuno definire questa corrente come Aerosol art, Subway art, Hip Hop.

Treni, metropolitane, muri di edifici: qui i writers disegnano, sempre al limite della legalità e anzi, correndo spesso il rischio di essere arrestati o di incorrere in multe salatissime.

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Tra gli artisti che hanno innalzato ad arte questa forma di creratività ce n’è uno le cui opere vengono riprodotte tutt’oggi su magliette, manifesti e oggetti di ogni tipo: il suo nome è Keith Haring.

Nacque nel 1958 in Pennsylvania, e fin da piccolo mostrò interesse per il disegno, forse incoraggiato anche dal padre, fumettista e disegnatore. I cartoni animati, soprattutto di Walt Disney, furono per lui una continua fonte di ispirazione; non abbandonò mai del tutto il mondo dell’infanzia, sostenendo che: “i bambini sanno qualcosa che la maggior parte della gente ha dimenticato”.

Lasciati gli studi, nel 1976 iniziò a girare gli Stati Uniti in autostop.

Haring desiderava un’arte per tutti: rendere l’arte accessibile al grande pubblico significa portarla fuori dai musei e dalle gallerie. Disegnare sulle metropolitane significa non sottomettersi alle regole imposte dal mondo del mercato ma ignorarle, con tutti i rischi annessi: “Mi è sempre più chiaro che l’arte non è un’attività elitaria riservata all’apprezzamento di pochi: l’arte è per tutti e questo è il fine a cui voglio lavorare”.

Fu arrestato parecchie volte con l’accusa di aver imbrattato proprietà pubbliche.

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Ma la sua popolarità crebbe tanto che i suoi disegni venivano staccati dal contesto originale per essere venduti a quegli stessi musei e gallerie che Haring inizialmente ripudiava ma che poi, per convenienza, fu costetto ad accettare.

Il suo stile è inconfondibile: tratto lineare, figure semplici e stilizzate, colori accesi che ricordano quelli utilizzati nelle pubblicità. I suoi disegni sono universalmente comprensibili, il significato si coglie immediatamente. La sua è un’arte fatta di simboli, di segni, di icone che veicolano un messaggio ben preciso: l’amore, la felicità, la gioia, il sesso, ma anche la violenza, l’abuso e l’oppressione. L’omosessualità e la lotta all’HIV costituiscono uno dei temi sociali che stanno più a cuore all’artista. Egli stesso afferma: “Nella mia vita ho fatto un sacco di cose, ho guadagnato un sacco di soldi e mi sono divertito molto. Ma ho anche vissuto a New York negli anni del culmine della promiscuità sessuale. Se non prenderò l’AIDS io, non lo prenderà nessuno.”

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E difatti, morì di AIDS il 16 febbraio 1990, a soli 31 anni. Lascia però una fondazione, la Keith Haring Foundation, che si propone tutt’oggi di continuare la sua opera di supporto alle organizzazioni a favore dei bambini e della lotta contro l’AIDS. Una serie di opere sparse per le città del mondo testimoniano il suo passaggio. A Pisa c’è uno dei suoi graffiti piu famosi, Tuttomondo, realizzato sulla parete della chiesa di Sant’Antonio Abate e dedicato alla pace universale.

Nel 1984 fu chiamato da Elio Fiorucci a decorare il suo negozio a Milano: un giorno e una notte di lavoro no stop per l’artista e un perfetto connubio tra arte e moda (anche se poi tutti i disegni furono venduti alle gallerie).

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