La città nascosta, breve storia di via Pignolo 123

«Una descrizione di Zaira quale è oggi dovrebbe contenere tutto il passato di Zaira.
Ma la città non dice il suo passato, lo contiene come le linee d’una mano».

Italo Calvino, Le città invisibili, Mondadori, Milano, 2012, pp. 10-11.

Leggere i segni del passato dall’edificio del civico 123 di via Pignolo, sede del dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Bergamo, oggi non è cosa facile. Le recenti ristrutturazioni del palazzo, che dalla fine dell’Ottocento si trova all’angolo tra via Pignolo e via della Noca, hanno contribuito a nascondere la lunga storia che si trova tra le sue mura e nell’area che lo circonda. È da questo silenzio e da un interessante elaborato di alcuni studenti di Lettere, che prende spunto questo post.

6. veduta aerea di borgo pignolo con s aless d croce

Questa breve storia di via Pignolo 123 parte nel 1561 quando la via, arteria d’ingresso alla città per chi proveniva da Venezia, si dovette confrontare con la costruzione delle Mura Venete. L’erezione della cinta muraria comportò importanti cambiamenti: non solo richiese l’abbattimento di numerosi edifici, ma impose anche il divieto di costruire intorno al loro perimetro. Per questo motivo il terreno su cui oggi sorge l’edificio che ospita il dipartimento di Lettere e Filosofia, fu per molto tempo caratterizzato dalla presenza di orti, campi e giardini, anche quando via Pignolo si arricchì di numerosi palazzi nobiliari. Questa particolarità contraddistinse la zona fino alla prima metà dell’Ottocento quando l’appezzamento, di proprietà di Giovanni Gandolfi, era ancora usato come prato per la produzione di foraggio e, probabilmente, per l’allevamento dei bachi da seta. Quando il terreno cambiò proprietario cambiò anche funzione: da campo agricolo passò a essere un luogo d’incontro. Infatti, il nuovo proprietario, un certo Maffei, decise di costruire una trattoria con pergolato e con uno spazio per i giochi di bocce che chiamò “Al Giardinetto”. La trattoria però non durò molto e, verso la fine dell’Ottocento, Maffei vendette il terreno a un professore di Clusone: Angelo Baroni, il quale diede nuova vita al lotto fondando, nel 1893, un collegio con annessa una scuola elementare. Il neonato Collegio Baroni ospitò studenti provenienti da numerose scuole della città tra cui gli alunni fuorisede (provenienti dalla provincia di Bergamo, ma anche da altre regioni italiane) del Regio Istituto Tecnico che frequentavano la sezione Industriale e la Scuola biennale di capi operai.

2. I due fabbricati dell'ex Collegio Baroni nel 1930

Nel 1918 il collegio fu acquistato dal Regio Istituto Tecnico Industriale, su iniziativa dell’Ente Scuole Industriali (si trattava di un Ente morale che aveva lo scopo di provvedere al mantenimento e favorire lo sviluppo della sezione industriale del Regio Istituto Tecnico Industriale), per far fronte all’aumento del numero degli iscritti e dare, così, la possibilità agli studenti della Scuola Industriale di essere ospitati in un istituto ben attrezzato e sicuro.

4. Il refettorio

Il nuovo convitto era ispirato al modello di pensionato del collegio Ghisleri di Pavia, che aveva come scopo quello di favorire la vita in comune degli allievi della stessa età. La struttura originale però non era abbastanza grande per ospitare i nuovi arrivati, fu così costruito, nel 1919, un nuovo edificio di due piani, a valle di quello esistente, con undici camere e due sale studio per piano, collegato al cortile superiore con una passerella aerea in ferro. Gli ingrandimenti proseguirono nel 1925 e nel 1929 per cercare di far fronte alle nuove esigenze della struttura. Al convitto fu aggiunto un piano, una piccola chiesa, un dormitorio con settanta posti letto e servizi e un refettorio. Inoltre i locali erano costantemente sottoposti a miglioramenti quando non erano più in grado di fornire un servizio efficace.

5. Una camera

Il collegio funzionò fino al 1943, quando fu requisito dai tedeschi e fu trasformarono in un carcere politico; il ricordo di quel periodo è visibile nella targa commemorativa che si trova sulla parete dell’edificio.

3. La facciata su via Pignolo

Con la fine della guerra il collegio fu ripristinato nonostante le pessime condizioni dei locali, che, a partire dal 1950, furono rinnovati e messi in sicurezza. Per molti anni il complesso mantenne la sua funzione, ospitando docenti e studenti di diverse scuole cittadine.

Nel 2002 il fabbricato fu acquistato dalla Provincia di Bergamo e ristrutturato per diventare una sede universitaria.

Questa breve storia di via Pignolo 123 termina così, con l’insediamento dell’università in un luogo che per più di un secolo ha legato il suo passato alla formazione scolastica.

BIBLIOGRAFIA

ORNELLA GELMI, Storia e caratteri dell’istruzione tecnica industriale bergamasca, tesi di dottorato di ricerca in Scienze Pedagogiche, Università degli Studi di Bergamo, 2009-2010.

ANGELO MAZZI, Corografia Bergomense nei secoli VIII, IX e X, Pagnoncelli editore, Bergamo, 1880.

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LUIGI PELANDI, Attraverso le vie di Bergamo scomparsa. Il borgo di Pignolo, S.P.A poligrafie Bolis, Bergamo, 1962.

MONICA RESMINI, L’ex Convitto Pietro Paleocopa già Collegio Baroni ora Università degli Studi di Bergamo, in «La Rivista di Bergamo», n. 60, ottobre-dicembre 2009, pp. 60-67.

JUANITA SCHIAVINI TREZZI, 1968-2008. 40 anni di Università a Bergamo, Bergamo università press, Bergamo, 2009.

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