LA STORIA D’AMORE INCOMPIUTA DI LUCIA DE’ CASTELLANI DI PIZZINO

«Quand’ecco nell’acqua si compone | mirabile visione | il simbolo d’amor |
nel folto di lunghe trecce bionde | il seno si confonde | ignudo in pieno sol | […] |
“Se voi non foste il mio sovrano” | Carlo si sfila il pesante spadone|
“non celerei il disio di fuggirvi lontano, |
ma poiché siete il mio signore” | Carlo si toglie l’intero gabbione
| “debbo concedermi spoglia ad ogni pudore” |
Cavaliere egli era assai valente | ed anche in quel frangente |
d’onor si ricoprì | e giunto alla fin della tenzone |
incerto sull’arcione | tentò di risalir. |
Veloce lo arpiona la pulzella | repente la parcella |
presenta al suo signor. |
“Beh proprio perché voi siete il sire | fan cinquemila lire.
|È un prezzo di favor”»

Fabrizio De André, Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers

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È dedicato a una storia d’amore tragicomica, narrata dal poeta Samuele Biava, della scuola dei romantici italiani vicino a Alessandro Manzoni, che trascorse del tempo nella bergamasca dove ambientò una sua poesia.

0. Pizzino

La famiglia di Samuele Biava era originaria di Pizzino, un paese della Valle Taleggio, dove il poeta per un periodo soggiornò e da cui trovò l’ispirazione per una delle sue composizioni. Pizzino è caratterizzato dalla presenza di un luogo molto suggestivo: una rocca, residuo di un vecchio castello, oggi un punto panoramico a cui è ancora possibile accedere e dove il poeta ambientò “Lucia de’ castellani di Pizzino”.

2. Louis Jean Francois Lagrenee - Malinconia

Si tratta di un amore non ancora vissuto con una fanciulla in una torre che aspetta con trepidante passione il cavaliere che la porterà via da quel luogo. Si tratta più che altro di un’attesa, vissuta con speranza da una ragazza innamorata e infranta in meno di un batter di zoccoli da un ragazzo a cui poco importa di quella passione.

«Oh! La vista d’un amante
Sa ben lungi rimirar!
Sa l’udito vigilante
Remotissima ascoltar
D’ogni passo la battuta
Del suo caro alla venuta!
D’un amante il sentimento
Può con fervido desir
Anche l’ultimo momento
Della vita differir;
può il momento, che le avanza
prolungar colla speranza.
Poiché amor di Lucia
Tutta l’anima occupò,
ella il guardo in cerca avvia
di chi tanto sospirò,
d’una torre sulla vetta
moribonda alla vendetta.
L’occhio suo così brillante
Langue oppresso dal torpor;
la freschezza del sembiante
è consunta dal pallor;
ha la mano trasparente
contro il sole d’occidente.
Una tinta repentina
Sul suo viso comparì,
una tinta porporina
che il suo viso rabbellì;
e disparve; e lo squallore
lo ricopre di chi more.
Ma non anco alcun’alano
Del castello al limitar
Tese orecchio, che lontano
Ella udì lo scalpitar,
e distinse al noto freno
del suo caro il palafreno.
L’ha pel bruno conosciuto
Di distanza in cui spuntò;
e con atto di saluto
sopra i merli si chinò:
e le braccia protendea,
che volare a lui parea.
Vien galoppa; e sol la testa,
come fosse uno stranier,
erge alquanto a quella mesta,
ed accelera il destrier;
e l’addio che lo prorompe
collo strepito interrompe.
L’eco appena ripetea
Nella torre il mormorar
Dell’addio che si spegnea
Con un fioco singhiozzar
Della vergine nel core
Col suo vivere l’amore.
Là sul vertice d’un colle,
de’ miei padri credità,
quella torre ancor s’estolle,
che hai futuri attesterà
della misera l’affetto
per l’infido giovanetto.»

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