La torre d'avorio con Luca Zingaretti al Teatro Donizetti.

È possibile separare la politica dalla cultura? Questo uno dei dilemmi che nel corso dei secoli l’uomo si è posto e questo è il difficile tema affrontato nello spettacolo di prosa ‘La torre d’avorio’, tratto dall’omonimo libro di Ronald Harvood è andato in scena al teatro Donizetti di Bergamo dal 28 gennaio al 2 febbraio, con la regia di Luca Zingaretti.

La trama

Dopo il secondo conflitto mondiale comincia il processo di denazificazione per punire i colpevoli che si sono macchiati di atroci delitti durante il regime nazista. Tra i sospettati viene indagato anche Wilhelm Furtwangler, interpretato dall’attore Massimo De Francovich, un importante direttore d’orchestra di fama internazionale, il quale ha sempre dichiarato di ripudiare il nazismo e che durante il regime ha preferito rimanere in patria invece che emigrare come molti altri grandi artisti, convinto che l’arte potesse superare tutte le barriere, anche le differenze tra gli uomini e i diversi schieramenti politici. Nonostante la sua innocenza egli viene accusato di essere sceso a compromessi con Hitler e con i suoi sostenitori: egli si sarebbe esibito con la sua arte per glorificare la Germania e in cambio avrebbe avuto la possibilità di non iscriversi al partito e di trarre in salvo alcuni ebrei, ottenendo dei permessi per il loro espatrio.


La Torre d' Avorio

Furtwangler cerca di difendersi dalle accuse infondate, affermando di non avere stretto alcun accordo con la Gestapo e che aveva, anzi, cercato in ogni modo di rimanere fuori dalle questioni politiche, citando un episodio in cui, durante una sua esibizione, sapendo che tra le autorità in prima fila era presente Adolph Hitler, per evitare il saluto nazista, era salito sul palco impugnando la bacchetta con la mano destra e aveva cominciato a dirigere l’orchestra. L’indagine viene affidata a un maggiore dell’esercito americano, Steve Arnold, interpretato da Luca Zingaretti, attore e regista, (meglio noto al grande pubblico nei panni del commissario Montalbano), il quale è intenzionato a tutti i costi a trovare dei colpevoli da mettere alla gogna, che detesta la musica classica, che in passato aveva fatto l’assicuratore e per il quale tutti gli uomini sono uguali, tutti ugualmente colpevoli di quanto accaduto in Germania durante il terzo Reich.

L’accusa del maggiore da un lato e la difesa di Furtwangler assumono verso la fine della pièce, un ritmo incalzante, fino a che Steve Arnold confessa di non riuscire più a dormire la notte, dopo avere visto i campi di concentramento, le fosse comuni piene di cadaveri e i forni crematori che bruciano carne umana.

La Torre d' Avorio nella foto

Per il maggiore, non avere abbandonato il paese e non avere combattuto apertamente contro il regime equivale ad averlo servito, a essersi resi complici di un crimine contro l’umanità. Solo a questo punto Furtwangler scoppia in lacrime e comincia a pensare che forse avrebbe potuto fare di più di ciò che aveva fatto con la sua arte e la sua musica. Il maggiore, pur non avendo prove schiaccianti contro il musicista è riuscito ugualmente a rovinare per sempre l’immagine pubblica del grande artista ma il problema se la piena emancipazione e indipendenza dell’arte dalla politica sia realmente possibile rimane un quesito aperto al pubblico.

Resta da chiedersi se non sia proprio l’arte in tutte le sue forme a poter combattere i pregiudizi, l’ingiustizia e le aberrazioni dell’animo umano.

 

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