L’arte di porre rimedio al male. L’erbolario bergomense

«Cannella bruna e calda quanto la pelle per aiutarti a trovare qualcuno che ti prenda per mano, seme di coriandolo, sferico come la terra, per farti vedere chiaro. Trigonella contro la discordia. Zenzero per il coraggio profondo di chi sa quando dire no…»
Chitra Banerjee Divakaruni,
La maga delle spezie, Einaudi, Torino, 2001

5. Cicoree 63vNella biblioteca Civica Angelo Mai è conservato un libro che raccoglie e riproduce un centinaio di erbe medicinali che sembra rievocare il suggestivo immaginario medievale in cui medicina e magia si mischiano per dar vita a pratiche occulte e misteriose.

Si tratta dell’Erbolario Bergomense, un codice cartaceo del 1441 scritto e illustrato da Antonio Guarnerio da Feltre, come da sua stessa ammissione, alla carta 442: «Iste erbe pincte sunt per me magistrum Antonium Guarnerium filium olim Bonaventure de Padua et fuerunt pincte ad honorem et individue Sancte Trinitatis Patri set Filii et Spiritus Sanctis, in millesimo quatuorcentesimo quadagesimo primo, decimo otavo julii in civitate Feltrina»1.

1. Bursa Pastoris 118vIl volume non è altro che un erbario, ovvero un libro che raccoglie le descrizioni delle piante e delle loro virtù farmacologiche. Dall’antichità fino all’età moderna gli erbari furono l’unica farmacopea a disposizione degli erboristi, degli speziali e dei medici essendo i più importanti compendi delle conoscenze botaniche e farmacologiche. Infatti, fin dai primordi dell’umanità le piante venivano usate come strumenti curativi per combattere i disturbi e alleviare le sofferenze causate dalle malattie tra miti e riti, scienza e fede, sacro e profano, sortilegio e sperimentazione.

Trenta secoli prima della nascita di Cristo l’imperatore cinese Shen-Nung compose la prima “Materia medica” (Pen-Ts’Ao), in cui erano riportate 360 piante divise in: piante che conservano la salute, in piante che aiutano la natura e in piante che curano le malattie. La conoscenza, l’uso e il commercio di questo tipo di piante si sviluppò anche nel mondo greco e romano grazie, anche, all’opera di Ippocrate (V-VI secolo a.c), che riportò con rigore le regole per raccogliere i semplici (le erbe medicinali) e per preparare e conservare i medicamenti; e al lavoro di Dioscoride Pedanio (I secolo) che pose le basi della farmacologia europea.

2. Balsamus 116vDioscoride descrisse, nel De Materia Medica, 5000 droghe secondo le proprietà terapeutiche delle piante, classificate per nome, ambiente vegetale, descrizione, proprietà, azione che esercitano, usi medicinali, effetti benefici, dosaggio, metodi di preparazione e conservazione. Il suo testo sarà riconosciuto come testo di materia medica per tutto il Medioevo fino al Rinascimento assumendo, attraverso riedizioni tardo antiche e medievali, un aspetto didascalico, strumentale e manualistico e arricchendosi del corredo figurativo tipico degli erbari.

L’erbario di Bergamo si accosta stilisticamente a questa tipologia di codice miniato, ma si richiama anche alla farmacopea e all’erboristeria araba. Infatti l’autore cita, tra gli altri, il più grande botanico arabo dell’antichità, Al-Baytar, morto nel 1248 a Damasco, che fece la prima classificazione delle piante differenziandole per sesso come la palma e la canapa, che si trova anche nel nostro erbario.

All’influenza araba si affianca la trattazione delle erbe e delle loro proprietà della teoria galenica (per cui lo stato di salute è rappresentato dall’equilibrio fra i quattro umori) ovvero della natura secca-calda e umida-fredda delle malattie e dei medicamenti, e l’interesse all’accurata osservazione degli aspetti naturali delle piante e all’attenta registrazione dei loro effetti curativi, tipici della nascente medicina rinascimentale. Questo è riscontrabile anche nelle illustrazioni. Infatti, Antonio Guarnerio, cerca di dare alle sue piante una rappresentazione realistica (prerinascimentale), ma, nonostante questo, persistono i modelli rappresentativi gotici come la presenza di un sole sorridente che guarda una pianta di cicoria nella tavola 63v. Antonio Guarnerio non sembra un miniatore d’arte, anche se dimostra una buona capacità grafica, è poco pratico delle ricette che riporta, a volte due ricette sono abbinate a una tavola, e non eccelle nella calligrafia, il suo modo di scrivere perde di eleganza man mano che continua l’opera. Da lì a poco però, non ci saranno più questi problemi: nel 1465 anche in Italia arriverà la stampa e L’Erbolario Bergomense si trova, proprio, sul confine tra la produzione manoscritta e quella tipografica.

3. Ciclamen 48rCon il Rinascimento cambierà tutto, non solo il modo di produrre i testi, ma anche l’approccio razionale e scientifico impresso alla cultura dagli intellettuali che porterà alla rappresentazione della flora a un taglio prettamente scientifico, nel Cinquecento si diffonderanno gli erbari intesi come raccolte di piante essiccate e nel Seicento nascerà la scienza chimica e la botanica diventerà una scienza autonoma. Ma queste sono altre storie

Fin dai primordi dell’umanità le piante venivano usate come strumenti curativi per combattere i disturbi e alleviare le sofferenze causate dalle malattie tra miti e riti, scienza e fede, sacro e profano, sortilegio e sperimentazione.

BIBLIOGRAFIA

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  • L. Colapinto, Lectura simplicium dalla botanica antica alle farmacopee del XVII e XVIII secolo a Roma, in Erbe e speziali. I laboratori della salute, Sansepolcro, Aboca Museum, 2007, p. 17-29;
  • G. Cavallo, Introduzione al volume Dioscurides neapolitanus, Biblioteca nazionale di Napoli, codex ex Vindobonensis graecus 1, in www.bnnonline.it/biblvir/dioscoride/cavallo.htm, agg. marzo 2010;
  • Magister Antonius Guarnierius de Padua, Erbolario bergomense, 1441, introduzione di Gabriele Mandel, edizione d’arte a cura di Ketto Cattaneo, Pizzi, Cinisello Balsamo s.d., 1980;
  • Saverio La Rosa, Alberi, piante ed erbe medicinali nella tradizione popolare italiana, in «Lares: bullettino sociale, Società di Etnografia italiana», Vol. 1, n. 2 (aprile), a. 1944, pp. 46-63;
  • Massimo Montanari, Alimentazione e cultura nel Medioevo, Laterza, Roma-Bari, 2005;
  • Vittorio A. Sironi, L’erbolario Bergomense del Magister Antonius Guarnerius de Padua (1441):  aspetti iconografici e terapeutici, in “Atti e memorie dell’Accademia Italiana di Storia della Farmacia”, XXI, n.1, aprile 2003, p. 7-12, 5 ill;
  • Marina Venier, Erbari e farmacopee nella raccolta Fondo Rari della Biblioteca dell’Istituto Superiore di Sanità, Rosalia Ferrara (a cura di), Immagini botaniche dalla raccolta dei fondi rari della biblioteca dell’Istituto Superiore di Sanità, pp. 7-24, http://www.iss.it/binary/publ/cont/FONDORARI.pdf;

1 «Queste erbe furono dipinte da me, Maestro Antonio Guarnerio figlio del fu Bonaventura da Padova, e furono dipinte in onore dell’Una e Santa Trinità Padre Figlio e Spirito Santo, nel mille quattrocento quarantuno, il diciotto luglio, nella città di Feltre».

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