Libri: "Fiori dal cemento" (Domina Domna 2014)

articolo di Elena Ravasio

Mariacristina

Mi aspettavo sì un pomeriggio intimo per la presentazione di un libro, ma non così. Invece, mi sono ritrovata in un bar, con una delle autrici di “Fiori dal cemento” (Caracò editore), Maria Cristina Sarò, e la sua attrice, Miriam Capuano, che sui palchi racconta attraverso il teatro la storia che ci racconta Cristina. La potenza delle donne è anche questa: sapersi plasmare e comunque costruire. “Fiori dal cemento” sono racconti di costruzione, nonostante tutto e tutti, di donne lavoratrici all’interno della grande azienda italiana, nel settore dell’artigianato e del legno,e madri.

FIORI-DAL-CEMENTO

Il progetto nasce Fillea, che affida a quattro autrici, quattro storie di lavoratrici all’interno del sindacato che continuano a lottare attivamente. Anche a Cristina viene affidata una storia e così cominciano otto mesi intensi di telefonate con la sua testimone, in cui l’autrice ha dovuto conquistare questa donna, in un periodo di fragilità, di debolezza, di sfiducia totale verso il futuro e verso gli altri. Prima doveva nascere un rapporto e poi, la storia poteva fluire e la testimone, chiamata per convenzione Maria, ha donato con generosità la sua vicenda personale, perché diventasse un messaggio universale. Non a caso il racconto si intitola “Donna dell’Italia”: questa storia è per tutte noi e di tutte noi. Questa donna d’Italia, è in una situazione precaria sia al lavoro che in famiglia. Dopo aver lavorato per trent’anni in una grande azienda italiana e aver costruito gli ultimi trent’anni del paese, si ritrova in cassa integrazione. E come spiegare ai figli questa situazione? Come fargli capire perché è così spesso a casa, al contrario di altri genitori, che magari accettano il compromesso del lavoro in nero? Come fargli capire la sua battaglia? I figli non la capivano. Eppure dopo la prima bozza, l’autrice riceve una chiamata; non è la testimone, ma la figlia, che la ringrazia perché finalmente ha capito e può spiegare anche agli altri malpensanti. La forza di questa donna sta anche nella sua famiglia e nel suo uomo, anche lui cassaintegrato da dieci anni, che le è stato sempre accanto, che l’accompagnava al lavoro e che ha conusciuto in questo contesto, e che ora le sta accanto in questa lotta, giorno dopo giorno. La forza di questa donna è il suo imparare: imparare a difendersi, imparare a studiare, a costruirsi nel tempo un pensiero e imparare a reagire in previsione del futuro. La “donna dell’Italia” ha il diritto di essere lavoratrice, di essere madre e il diritto di dire la verità. Lei desidera con tutta sè stessa che i suoi figli domani possano avere un lavoro, anzi si sente in diritto di garantigli un futuro, e in diritto di dire loro chiaramente quale è la situazione e quale sarà questo futuro.

Miriam

Il racconto è poi diventato spettacolo, nel monologo di Miriam, che si è immaginata la testimone, l’ha pensata nel relazionarsi ai figli e al marito, ha cercato di capirla, attraverso il testo. E poi se l’è trovata lì, così come se l’era immaginata. Il libro sembra aver creato una sorta di empatia, prima empatia dell’autrice che ha pianto mentre scriveva, poi dell’attrice e poi di tutti coloro che sono entrati in contatto con questa storia.

Così i fiori mi sembra spingano dal cemento, fragili e forti, si fanno avanti nel loro splendore, per arrivare alla luce del sole.

Il libro è in vendita proprio in questi giorni presso la libreria Ibs di via XX settembre a Bergamo.

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