Mantenimento e convivenza

“… sono separato da 6 anni, lavoro come dipendente e verso alla mia ex € 600,00 al mese. Dato che non abbiamo figli e ormai da 3 anni lei convive stabilmente con un uomo benestante, vorrei sapere se posso ottenere di non versarle più niente.”

Cenni storici

La valutazione della convivenza tra persona sposata e altra non sposata ha subito un cambiamento radicale nel corso del tempo. Si è infatti passati dalla sanzione penale del concubinato, cancellata dalla Corte Costituzionale nel 1970, all’espressione neutrale della convivenza more uxorio, priva di valenza giuridica. Successivamente, si è iniziato a parlare di famiglia di fatto che, seppur regolata solo per alcuni aspetti particolari, ha assunto una connotazione positiva: è infatti recentemente emerso un modello famigliare aperto e comunitario, con valorizzazione dell’aspetto affettivo rispetto ai vincoli formali e coercitivi.

Orientamenti attuali

Occorre anzitutto precisare che la mera coabitazione del coniuge con altra persona non incide di per sé direttamente sull’assegno di mantenimento. La convivenza diventa invece rilevante quando, costituendo una comunità di affetti e interessi, diventa continua e regolare, con condivisione libera e stabile di valori e modelli di vita e, conseguentemente, anche degli aspetti economici. Per aversi famiglia di fatto occorre quindi sussista quell’arricchimento e potenziamento reciproco della personalità, con trasmissione dei valori educativi all’eventuale prole, che caratterizza la famiglia di diritto. Il parametro delle condizioni di vita matrimoniali cui deve essere commisurato l’assegno di mantenimento viene quindi meno in quanto la nuova famiglia rescinde ogni connessione con quella precedente. La vita in comune non ha effetti sui conviventi, ma sul precedente matrimonio, rendendolo privo dell’efficacia più rilevante. Non vi è quindi necessità d’indagini sulle condizioni economiche della coppia di fatto, salvo la rilevanza solo dell’eventuale stato di bisogno non compensato all’interno del nuovo nucleo. Si tratta pertanto di un effetto simile a quello di un nuovo matrimonio, pur persistendo rilevanti differenze nella cessazione del rapporto: l’unione formale è sempre soggetta alla procedura di separazione-divorzio, mentre nella nuova famiglia di fatto la dissoluzione è istantanea e, in assenza di accordi, priva di tutela per la parte debole, che però può ritornare a chiedere immediatamente l’assegno di mantenimento goduto in precedenza. Dato che il diritto all’assegno non si estingue, ma è solo in stato di quiescenza, l’avente diritto potrebbe essere quindi spinto a non risposarsi per non perderlo qualora l’ex coniuge fosse più abbiente del nuovo partner.

Ciò premesso, si può ritenere senz’altro che il lettore potrà ottenere la revisione dell’obbligo di mantenimento, con decorrenza retroattiva (non al momento dell’accadimento innovativo, ma alla data successiva della domanda giudiziale) e fino a quando la nuova famiglia di fatto della ex compagna sussisterà.
Luca Santinoli

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