La tragedia della gelosia di Otello ci porta inevitabilmente alla storia dei nostri giorni. Con gli avvenimenti e i fatti narrati nelle tre versioni di questo dramma, ci colleghiamo alla tragicità di notizie sempre più spesso riportate dai mass media.
La storia di Otello è il racconto del tragico epilogo dell’amore sfortunato tra Otello e Desdemona, che nell’opera di Giraldi Cinzio è l’unica ad avere un nome con un significato, perché in greco significa “sfortunata”. E la sua sfortuna è amare in modo puro un uomo, se così vogliamo chiamarlo, che più che amore dimostra ossessione, possesso.
Con Giraldi, Otello viene solo definito “il moro” ma non per questo si può intravedere un significato di nero cattivo e bianco buono, cosa che nell’opera di Shakespeare può sembrare. L’autore inglese dette qualche segnale in tal senso nel “Tito Andronico” quando nel descrivere Aron scrisse: “swarth Cimmerian…of body’s hue detested and abominable” (un bruno Cimmerio… dalla tinta corporea macchiata, detestante e abominevole), facendo proprio pensare a una certa inclinazione dello stesso a considerare “nero” abominevole “bianco” puro.
Questa contrapposizione tra Puro e Impuro costituisce il corpus del personaggio di Bianca descritta da Jago come una “sgualdrina, che vendendo i suoi desideri si compra pane e vestiti”, mentre alla fine dell’opera viene rivalutata e scopriamo che la verità è solo la parola Jago (l’infido), che con la sua perfidia e la sua manipolazione getta il seme della malvagità.
Nell’opera lirica Verdi non usò questa contrapposizione bianco-nero. La stessa figura di Bianca è estranea alla vicenda, e presa solo come pretesto da Jago per rovinare la reputazione di Cassio. Il compositore usa il dramma della gelosia, della maldicenza per costruire un capolavoro, in cui il vero nemico di Jago sembra essere non Cassio o Otello, ma la stessa Desdemona, causa e materia per la sua vendetta.
Nell’opera vediamo messe in luce caratteristiche della nostra civiltà attuale, ma forse anche di quella di sempre; la maldicenza, l’odio e la gelosia, una triade che tristemente vediamo presentarsi ai giorni nostri con gli innumerevoli omicidi di donne, mogli, amanti, che sconvolgono la società ma che, per il loro susseguirsi, rischiano di passare nella routine del vivere attuale, perdendo quella luce di drammaticità che ci devono fare pensare al significato della vita, dove l’atto dell’omicidio non può essere redento dal suicidio di un eventuale Otello di turno. Nell’originale dell’opera di Girali “Il moro e l’alfiere” (Otello e Jago) fuggono a Venezia dove verranno uccisi in seguito, giustificando quasi la perfidia delle loro azioni. Verdi tentò di redimere la coscienza dei personaggi con il suicidio di Otello e la morte di Jago. Nella realtà noi non possiamo che condannare ieri e oggi questi comportamenti, sintomo di una società sempre più superficiale e priva di coscienza.