Prostitute, alcool e arte: Henri de Toulouse-Lautrec, dandy di fine secolo

Centocinquantanni fa, precisamente il 24 Novembre 1864, nacque un artista che per stile di vita e personalità si può considerare un vero e proprio dandy della Parigi di fine secolo: Henri de Toulouse-Lautrec.

Nacque da una delle famiglie nobili più antiche di Francia, che vanta antenati risalenti addirittura all’epoca di Carlo Magno. La pittura, insieme alla caccia, è una delle passioni principali dei membri della famiglia: sia il nonno sia il padre furono pittori dilettanti, per cui Henri non potè che seguire naturalmente questa strada. La madre conservò orgogliosamente i primi disegni del figlio, e un aneddoto riguardo i suoi primi anni racconta che il primo disegno che realizzò il bambino fu a 4 anni, quando al battesimo del cugino non potè apporre la firma sul libro ospiti (dato che ancora non sapeva scrivere) e allora disegnò un bue. Da quel momento ogni quaderno, ogni foglio, ogni superficie diventeranno una possibile base per un disegno.

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Il divorzio dei genitori fu il motivo per cui Henri si trasferì con la madre a Parigi, ma l’infanzia dell’artista fu caraterrizzata anche da altri avvenimenti negativi: a causa della fragilità delle sue ossa (dovute probabilmente ai frequenti rapporti consanguinei nella sua famiglia) si ruppe sia il femore destro che il sinistro; passò gran parte della giovinezza in cura presso cliniche specializzate per tenere sotto controllo la crescita, ma la sua altezza non superò mai il metro e cinquanta ed egli fu costretto a camminare da allora aiutandosi con un bastone. Questo handicap gli precluderà la partecipazione ad alcune attività consuete del suo ceto sociale, e per alcuni è uno dei motivi che lo spinsero a frequentare, più tardi, i sobborghi parigini.

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 Frequentò la scuola d’arte ed entrò nell’atelier del pittore Bonnat, un pò troppo legato alle convenzioni accademiche per apprezzare il crudo realismo e le linee forti dei ritratti del giovane artista. Successivamente passò nell’atelier di Cormon, che con un atteggiamento più incoraggiante spingeva i suoi allievi ad uscire dall’atelier e dipigere all’aperto.

Ma il grande esempio di Lautrec rimarrà sempre Degas: avrà modo di incontrarlo più avanti, e il grande maestro esprimerà giudizi positivi sull’arte del giovane artista. Le sue parole saranno sempre ricordate come uno dei riconoscimenti più importanti che abbia mai ricevuto.

Verso la metà degli anni 80 Lautrec si unì ad un gruppo di artisti dissidenti, tra cui figurava anche Van Gogh, che rimase soggiogato dallo spirito un pò intimidatorio di Lautrec, e pensava addirittura che a lui non piacesse, cosa che fu smentita quando lo difese a spada tratta contro le critiche di uno studioso.

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Lautrec si avvicinò poi sempre più al mondo delle maisons closes, le case chiuse. Le frequentava talmente spesso che con gli amici scherzava dicendo di abitarci (cosa in realtà assai improbabile).

I soggetti dei suoi quadri ritraevano i personaggi del sobborgo parigino, misterioso e lontano dalla mondanità del ceto sociale a cui invece apparteneva. Il Moulin Rouge, il Moulin de la Galette, Les Folies-Bergère erano i locali in cui, da vero dandy fin de siècle, passava la maggior parte del tempo, bevendo e facendo schizzi qua e la, che diventavano poi soggetti dei suoi quadri. Alcuni furono esposti proprio in quei locali, all’attenzione di un pubblico diverso e per certi versi più aperto rispetto a quello dei Salon ufficiali.

La capacità e il talento di Lautrec stavano sopratutto nel saper individuare, attraverso pochi e veloci tratti, la personalità di questi personaggi caratteristici della Parigi di fine secolo. Il talento caricaturiale dell’artista è indiscusso: la caricatura, l’esasperazione dei tratti a scopo espressivo, è un modo per l’artista di ironizzare sulla realtà e di interpretarla in modo più personale. Spesso ritraeva anche se stesso insistendo sulle proprie proporzioni, e negli anni 90 continuò quest’attività facendo litigrafie per giornali quali Le Figaro illustré o Paris illustré.

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Le ballerine e le prostitute dei suoi dipinti sono donne pesantemente truccate, come mascherate, dedite al divertimento ma con un senso di malinconia e di tristezza profonda. Lo sguardo dell’artista è al tempo cinico e indagatore, ma non lascia scampo alla compassione e non ha mai un atteggiamento di denuncia. Le donne sono spesso ritratte mentre ingannano il tempo prima del lavoro, giocando a carte o aspettando, con l’aria assorta e lo sguardo perso.

A volte l’atteggiamento dell’artista è ambiguo, ma non prende mai una posizione sulla questione sociale: anche l’opinione pubblica era divisa, tra chi condannava l’esercizio della prostituzione e chi invece lo tollerava, purchè nascosta dalla società borghese e rispettabile.

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Lo stile di vita dell’artista non fu di certo positivo per la sua salute già precaria: l’eccesso di alcol e la sifilide trascurata furono le cause principali del suo ricovero in una clinica psichiatrica nel 1897. Sorprendentemente però dopo poche settimane la sua salute era così migliorata che fu dimesso: gli fu accanto un amico, Paul Viaud, che aveva il triste compito di tenerlo lontano dall’alcol. Ovviamente Lautrec riuscì ad eludere questa sorveglianza e si fece riempire di liquore la cavità di un bastone da passeggio. Stufo dell’ambiente parigino e con le finanze ormai del tutto dissipate, si trasferì a Bordeaux. Nel 1901 l’amico Viaud scrisse alla madre dell’artista: le condizioni di Lautrec erano ormai disperate. Raggiunsero la casa di famiglia a Malromé il 20 Agosto e Lautrec morì il 9 Settembre.

Nonostante le opere dell’artista siano vendute sin da subito con una certa regolarità e con un certo successo di mercato, il riconoscimento ufficiale arriverà solo più tardi.

Segno che, evidentemente, per apprezzarne realmente i contenuti, servono occhi di un pubblico più aperto.

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