Riforma fiscale: il cambiamento dei regimi di vantaggio

Il disegno di legge di stabilità tiene banco su tutti i mezzi di informazione tra bonus bebè e incentivi alle assunzioni.

Tra le novità, a mio parere, merita qualche approfondimento la riforma dei regimi fiscali di vantaggio, tra cui il regime dei contribuenti minimi, che interessa molti giovani imprenditori e lavoratori autonomi (oggi sono 700mila).

Due premesse.

La prima. Il presente articolo commenta il disegno di legge, che dovrà essere approvato dal Parlamento e che, normalmente, subisce delle variazioni in sede di conversione in legge.

La seconda. La riforma fiscale riguarda chi aprirà la partita Iva nel 2015. Il testo normativo prevede che gli attuali contribuenti minimi possano proseguire ad applicare il regime di vantaggio oggi in vigore anche nei prossimi anni, fino a scadenza naturale.

Esemplificando, il soggetto che ha aperto partiva IVA con il regime di vantaggio nel 2013 può continuare ad applicarlo fino alla scadenza naturale dei 5 anni, oppure anche oltre fino al compimento dei 35 anni di età. Resta salva la possibilità di scegliere l’applicazione del nuovo regime forfetario, decisione che andrà assunta valutando attentamente vantaggi e svantaggi del nuovo regime in rapporto alla situazione individuale.

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 Dal 2015

Con l’anno 2015 saranno operativi il regime ordinario (contabilità ordinaria o semplificata), il nuovo regime forfetario per autonomi e il regime di vantaggio per l’imprenditoria giovanile (c.d. contribuenti minimi), quest’ultimo, come anticipato, pur venendo abrogato, potrà essere applicato in via transitoria e fino a scadenza naturale dai soggetti che già lo applicano nel 2014.

Si rammenta che entrambi i regimi agevolati si caratterizzano per la mancata applicazione dell’iva e delle ritenute d’acconto ai propri compensi o ricavi, il mancato obbligo di tenuta delle scritture contabili, il mancato assoggettamento agli studi settore.

I nuovi requisiti

Per accedere al nuovo regime forfetario devono sussistere contemporaneamente, nell’anno precedente, i seguenti requisiti.

1) I ricavi conseguiti (computati secondo il principio di competenza) o i compensi percepiti, ragguagliati ad anno, devono essere non superiori a limiti predeterminati, diversi a seconda del codice ATECO che contraddistingue l’attività esercitata.

A differenza dell’attuale regime dei minimi per cui non si deve superare il limite dei 30.000 euro di incassi per qualsiasi tipo di attività, vengono introdotti diversi livelli di ricavi e compensi.

Precisamente:

35.000 euro per industrie alimentari e delle bevande;

40.000 euro per commercio all’ingrosso e al dettaglio;

30.000 euro per commercio ambulante di alimentari e bevande;

20.000 euro per commercio ambulante di altri prodotti;

15.000 euro per costruzioni e attività immobiliari;

15.000 euro per intermediari del commercio;

40.000 euro per attività dei servizi di alloggio e ristorazione;

15.000 euro per attività professionali, scientifiche, tecniche, sanitarie, di istruzione, servizi finanziari;

20.000 euro per altre attività economiche.

È evidente che se questi limiti venissero confermati in sede di approvazione finale, la gran parte dei professionisti, degli agenti di commercio e degli artigiani edili (categorie che rappresentano oggi la maggior parte dei contribuenti minimi) non potrebbero aderire al nuovo regime.

Se ne è reso conto anche il governo, per cui si sono levate da più parti richieste di innalzamento dei limiti per alcune categorie o, in alternativa, il ritorno ad unico valore (30.000 euro) valido per tutte le attività.

2) Le spese per lavoro accessorio, dipendente e assimilato sostenute nell’anno precedente non devono aver superato il limite di 5.000 euro lordi (nel regime di vantaggio attuale è, invece, precluso il sostenimento di spese per lavoro).

3) Il costo complessivo per beni strumentali, alla chiusura dell’anno predente, deve essere non superiore a 20.000 euro, al lordo degli ammortamenti. Nel limite dei 20.000 euro sono inclusi:

– i beni in leasing, che rilevano in base al costo sostenuto dal concedente;

– i beni in locazione e noleggio, che rilevano per il valore normale (non vengono, quindi, più computati i canoni, come accade nel regime di vantaggio);

– i beni in comodato, che rilevano per il valore normale (nel regime di vantaggio, invece, tali beni sono irrilevanti);
– il 50% dei beni ad uso promiscuo; la relazione illustrativa indica che tale previsione riguarda anche i beni a deducibilità limitata, come autovetture e telefonia.

Sono invece esclusi dal limite dei 20.000 euro i beni di costo unitario non superiore a 516,46 euro e gli immobili, comunque acquisiti, utilizzati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione. Quindi, a differenza dell’attuale regime, non rilevano gli affitti di immobili.

Infine un’ulteriore novità: il nuovo regime di vantaggio non ha limiti temporali. Se si mantengono i requisiti può durare per sempre.

La determinazione del reddito

In base alle nuove regole, i costi sostenuti per lavoro e beni strumentali dovranno essere monitorati solo per verificare l’eventuale superamento delle predette soglie; nessun rilievo, invece, assumeranno questi, così come tutte le altre spese sostenute dall’imprenditore o professionista ai fini reddituali poiché il reddito imponibile sarà calcolato tramite l’applicazione del coefficiente di redditività all’ammontare dei ricavi o compensi percepiti nel periodo d’imposta. Le uniche spese che potranno essere dedotte dal reddito imponibile saranno i contributi previdenziali, la cui eccedenza potrà essere, a sua volta, dedotta dal reddito complessivo.

In pratica si passa una forfetizzazione del reddito, indipendentemente dalle spese sostenute.

Come per i livelli di ricavi, la percentuale di forfetizzazione del reddito differisce a seconda delle attività, e precisamente:

40% per industrie alimentari e delle bevande, per commercio all’ingrosso e al dettaglio, per commercio ambulante di alimentari e bevande, attività dei servizi di alloggio e ristorazione; 54% per commercio ambulante di altri prodotti; 86% per costruzioni e attività immobiliari; 62% per intermediari del commercio; 78% per attività professionali, scientifiche, tecniche, sanitarie, di istruzione, servizi finanziari; 67% per altre attività economiche.

Esemplificando, se il professionista incassasse compensi per 15.000 euro, il suo reddito imponibile, dedotti i contributi, sarebbe pari al 78% di tale differenza.

Per i primi tre anni di attività il reddito imponibile può essere abbattuto forfetariamente di un terzo.

Quanto si paga

Sul reddito come sopra determinato, si applica la nuova imposta del 15%, rispetto all’attuale del 5%.

Sono dovuti, come adesso, i contributi previdenziali.

Tuttavia per i soli imprenditori che si devono obbligatoriamente iscrivere alla gestione inps commercianti o artigiani, è prevista la possibilità di versare i contributi solo sul reddito effettivamente prodotto, anche se inferiore al minimale previsto dalle normative Inps.

Oggi gli artigiani e i commercianti versano in quattro rate trimestrali contributi a prescindere dal reddito prodotto. Con l’agevolazione prevista dal Ddl di stabilità 2015, viene meno la contribuzione sul reddito minimale, applicandosi questa solo sul reddito effettivamente prodotto.

L’indubbio beneficio apportato dalla nuova disposizione (rappresentato dal risparmio di spesa per contributi nel caso in cui il reddito effettivo sia inferiore al minimale) ha, tuttavia, un “costo” per il contribuente in quanto in caso di contribuzione annua inferiore all’importo minimo, i mesi di contribuzione da accreditare ai fini della pensione sono ridotti in proporzione alla somma versata.

Ciò significa che, se l’imprenditore percepisce un reddito inferiore al minimale annuo previsto per la Gestione artigiani e commercianti (pari a 15.516 euro nel 2014), verserà, sì, meno contributi rispetto a quelli dovuti sul reddito minimale – calcolandoli sul reddito effettivamente prodotto – ma accumulerà un montante contributivo non coincidente con l’anno solare, proporzionalmente ridotto in base alla somma versata, con il rischio di dover lavorare più di un anno per accumulare contributi sufficienti a coprire una sola annualità.

Lo sconto, come anticipato, non riguarda i professionisti iscritti alle casse private legate agli ordini professionali, i quali, salvo modifiche, continueranno a pagare i contributi minimi previsti dai singoli ordinamenti.

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