SAN BABILA ORE 20: UN DELITTO INUTILE (1976) di Carlo Lizzani

Grazie alla distribuzione in Dvd e Bluray da parte della label tedesca Camera Obscura (con audio italiano), possiamo (ri)scoprire un classico del cinema politico italiano: San Babila ore 20: un delitto inutile (1976) di Carlo Lizzani, crudo e realistico incrocio fra noir metropolitano e film di denuncia politica – uno di quei crossing-over che solo maestri come Lizzani, Di Leo e Damiani (ciascuno in modi diversi) sono riusciti a realizzare. Un film che trasuda il clima di lotta politica e sociale di quegli anni, come tipico del cinema “militante” dell’epoca, ma che risulta ancora oggi di un’incredibile attualità.

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Lizzani è stato uno dei grandi autori del nostro cinema, specializzato nella denuncia sociale e politica, nella messa in scena delle storture della società e storia italiana: con uno stile più essenziale e intimista, lontano da quello spettacolare di Damiani o Squitieri, ha spaziato comunque attraverso vari generi (compreso il western, col notevole Requiescant) e film trasversali, riuscendo sempre a mantenere un’impronta squisitamente autoriale. A Lizzani si devono graffianti ritratti sociali quali La vita agra e Roma bene o ritratti storici come Mussolini ultimo atto – solo per citare i più conosciuti. Varie volte si è cimentato anche nel noir/poliziesco, in primis coi seminali Banditi a Milano e Svegliati e uccidi sul finire degli anni Sessanta, poi nei ruggenti seventies con Torino nera, Crazy Joe, Storie di vita e malavita e il nostro San Babila ore 20: noir metropolitani distanti dal puro “genere” di azione ed exploitation, ma comunque dotati di ritmo, in un cinema sempre all’insegna dell’impegno civile. San Babila ore 20 è sicuramente una delle sue opere più riuscite, una descrizione in stile quasi documentaristico (Lizzani proviene dal documentario e dal neorealismo) della Milano rovente anni Settanta – la piazza del titolo è stata infatti un celebre ritrovo meneghino per i ragazzi di destra.

Un film profondamente ancorato all’epoca storica in cui nasce – di cui diventa uno spietato ritratto – così impregnato di lotta politica, sociale e generazionale fra “neri” e “rossi”, un contrasto descritto con acutezza e lungimiranza visto che il film non è invecchiato di un passo, anzi continua ad essere di scottante attualità. Scritto dallo stesso Lizzani insieme a Mino Giarda e Ugo Pirro, in una sceneggiatura essenziale ma efficace come tipico della cronaca, il film racconta una giornata-tipo di quattro giovani neo-fascisti: Franco, Michele, Fabrizio e Alfredo sono ragazzi della Milano bene, figli di papà viziati, annoiati e in contrasto con le famiglie, che riempiono il loro vuoto esistenziale con una violenta lotta politica nelle file dell’estrema destra. Dopo aver partecipato al funerale di un vecchio gerarca fascista, distruggono alcune moto del “rosso” liceo Beccaria, per poi iniziare ciascuno la propria giornata – chi a scuola, chi al lavoro, chi in giro per locali. Rimorchiano una ragazza con cui svezzare Franco, picchiano un ragazzo di sinistra e decidono di collocare una bomba in un sindacato a Sesto San Giovanni. Fallito l’attentato, proseguono la loro giornata di violenza che sfocia in un crudele duplice omicidio.

Se da un lato il film rientra nel noir politico in stile Sbatti il mostro in prima pagina di Marco Bellocchio, dall’altro San Babila ore 20 si inserisce in quel filone incentrato su ragazzi borghesi e fascistoidi che si danno alla violenza, fra rapine, omicidi e stupri: dai più celebri e “polizieschi” Liberi armati pericolosi e Roma, l’altra faccia della violenza ai crudelissimi Come cani arrabbiati e I ragazzi della Roma violenta. L’opera di Lizzani è lontana dai canoni roboanti e spettacolari del “poliziottesco”, e con il suo stile asciutto e cronachistico da istant-movie si avvicina di più al neorealismo, rivisitato con una narrazione e canoni moderni. La regia si colloca “in terza persona”, adottando uno sguardo il più neutrale possibile in quella che è una vicenda concentrata in un’unità di tempo ben definita (una giornata, con le varie fasi scandite da scritte in sovraimpressione): in certi momenti si avvicina allo stile del reportage documentaristico in virtù del suo realismo estremo, come Lizzani ha fatto anche in Storie e di vita e malavita e nell’incipit di Banditi a Milano, senza rinunciare però al racconto cinematografico e alla verve del genere noir – anche per questo San Babila ore 20 è un film così riuscito e originale. A tal fine, il regista arruola un cast di attori non professionisti (a parte alcuni nomi), i quali – diretti magistralmente da Lizzani – restituiscono una forte impressione di verismo e creano personaggi “veri”, ciascuno con il proprio carattere, le proprie forze e debolezze. Gli unici nomi di un certo rilievo sono Pietro Brambilla (nipote di Ugo Tognazzi, lo ricordiamo come l’inquietante Livio de La casa dalle finestre che ridono di Avati) nel ruolo di Fabrizio e Brigitte Skay (celebre soprattutto come vittima nel baviano Reazione a catena) nei panni di Lalla, la ragazza svampita che diventa oggetto di divertimento per il branco. Gli altri tre attori del quartetto sono invece alla loro prima e unica esperienza cinematografica: Daniele Asti (Franco), Giuliano Cesareo (Michele) e Pietro Giannuso (Alfredo).

Nel film non c’è azione vera e propria, ma un ritmo sempre sostenuto che sfocia in alcune sequenze di forte impatto emotivo: la devastazione dei motorini davanti al liceo, il pestaggio del ragazzo comunista che si difende come una belva ferita, il corteo fascista a mo’ di marcia militare, la scena al poligono di tiro in cui i ragazzi sembrano godere nell’impugnare una pistola e sparare a un bersaglio umano (sintomatico delle loro personalità). Da segnalare anche due sequenze importanti e ricche di suspense: la preparazione dell’attentato e il pedinamento finale (in stile quasi thriller) fra strade e gallerie semi-deserte che si conclude con i feroci omicidi del titolo.

La violenza, fisica e mentale, è uno dei tratti distintivi del film – una violenza mai compiaciuta, ma rappresentazione di una società allo sbando e di vite balorde, in cui la sopraffazione sull’altro diventa un modus vivendi che va anche oltre lo schieramento politico: la Skay picchiata e stuprata con un manganello nel magazzino e poi presa a schiaffi in mezzo alla città, il manifestante pestato e i due fidanzati accoltellati nella disturbante conclusione sono le punte dell’iceberg di un malessere psico-sociale soggiacente a tutto il panorama descritto. I contrasti generazionali tra genitori e figli – pensiamo al padre che minaccia di morte Michele perché mangia “con la mano sinistra” o la madre di Franco perennemente rifiutata dal figlio – inaspriscono il disagio esistenziale dei ragazzi che degenera nella formazione del “branco”. Inquietudine psico-sociale e politica vanno di pari passo: il film diventa un autentico specchio degli anni di piombo, con le lotte fra “neri” e “rossi”, cortei operai opposti a contro-cortei fascisti, ragazzi della Milano-bene che mostrano il loro lato più belluino, oscuri mandanti che cercano giovani da arruolare, mentre la polizia sta a guardare dimostrando una certa tolleranza (paradossalmente, interviene solo quando compiono l’azione più innocua, esibendosi in un parco con falli di gomma).

Perfette come sempre le musiche di Ennio Morricone, basate soprattutto su un pezzo ossessivo e martellante che in alcuni passaggi diventa una sorta di marcia militare, con tanto di fischietti. Una curiosità sulle musiche: durante la soffiata di Fabrizio a un poliziotto, sentiamo in sottofondo il meraviglioso brano Un ami di Morricone (in versione strumentale), estrapolato dalla colonna sonora del capolavoro Revolver (1973) di Sergio Sollima.

San Babila ore 20 è anche un viaggio nella Milano degli anni Settanta, di cui vediamo numerosi scorci (essendo il film ambientato soprattutto in esterni), identificabili anche grazie al “location tour” presente negli extra del Dvd e Bluray: non solo Piazza San Babila ma anche Piazza Diaz, Piazza Duomo, il Cimitero Maggiore, Corso Vittorio Emanuele II, Piazza Sempione e altri ancora, oltre a varie strade di periferia fino a Sesto San Giovanni.

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