Separazione: quando 2 ritorna 1

“ È successo così, all’improvviso. Da un giorno all’altro lei se n’è andata ed io non so come fare!”

“Mio marito mi ha lasciato. Sono una donna distrutta, nulla ha più senso.”

“Io l’amavo, l’amavo tanto!! Come vivrò senza di lei?!”

Quando una relazione finisce, il mondo in cui vivevamo fino a quel momento ci appare sconosciuto e straniero e noi ci sentiamo sperduti. Tutto sembra immobile, perdiamo ogni genere di interesse, non troviamo senso in nulla di ciò che facciamo.
Ansia, angoscia, delusione, vuoto e tormento sono le emozioni che ci accompagnano.

Come superare la fine di un amore?

La fine di una relazione è vissuta, ovviamente, in modo diverso da ciascuno di noi. Non esiste un tempo prestabilito né – ahimè – una ricetta segreta per superare tutto e staccarsi dal passato, per poter essere, così, liberi di andare incontro al futuro.

Accettare l’abbandono della persona amata richiede un processo psicologico complesso, per certi versi analogo a quello che avviene per l’elaborazione del lutto di una persona cara.

Molti autori ne hanno studiato il percorso, tra questi Elisabeth Kṻbler Ross, medico psichiatra svizzero che si interessò a lungo ai death studies e che delineò un percorso a 5 fasi di elaborazione del lutto per malati terminali, che la comunità psicoterapeuta ritenne adattabili a qualunque perdita.

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Il cammino comincia con la fase della negazione e del rifiuto del nuovo stato. Viene messo in atto il più naturale meccanismo di difesa: chi viene lasciato non riesce a credere che la storia sia finita, che l’altra persona voglia lasciarlo e non l’ami più e continua a sperare in un riavvicinamento, spesso contro ogni logica ed evidenza. In questa fase si sperimentano ansia e disorientamento, quando ci si rende conto di dover affrontare, forse per la prima volta, il mondo da soli.

Passato il tempo della tristezza, inizia a sopraggiungere la fase della rabbia che si manifesta in molteplici modi: a volte contro tutti e arriviamo ad odiare i sorrisi degli sconosciuti; a volte la indirizziamo verso noi stessi, aggredendoci e ritirandoci da tutti; altre volte la scagliamo contro chi ci ha lasciato, sentendoci però in colpa, vittime dell’ambivalenza dei sentimenti provati.

La persona che viene lasciata si può addossare la responsabilità del fallimento relazionale e si può macerare nei rimorsi e nei sensi di colpa, credendo che se non avesse fatto errori o si fosse comportata diversamente, la situazione sarebbe di sicuro diversa dall’attuale. Questo è un punto particolarmente importante dal punto di vista psicologico, perché se non adeguatamente elaborato, può portare a vivere la separazione come la prova della propria inadeguatezza personale.

Si arriva cosi alla fase del patteggiamento e della contrattazione in cui si tenta di reagire all’impotenza cercando delle risposte per spiegare o analizzare l’accaduto e la persona inizia a verificare cosa è in grado di fare ed in quale progetti può investire. Pian piano comincia a riprendere il controllo della propria vita e a cercare di riparare il riparabile, ma il desiderio di farla tornare come era e restaurare l’amore perduto, resta.

Arriva poi il momento in cui si inizia a prendere coscienza della perdita subita e della sua realtà e subentra la fase del dolore. Ora viene vissuta la sconfitta e non si può far altro che concedersi del tempo per far decantare il dolore e favorire il processo di guarigione, perché è essenziale accettare che la persona amata non ci sia più. Affinché si realizzi una risoluzione del lutto positiva, occorre riuscire ad assimilare l’esperienza dolorosa nella storia di vita, altrimenti le emozioni non elaborate e soffocate prima o poi reclameranno il loro diritto di essere riconosciute.

Spesso vi è la tendenza a evitare tutto ciò che è legato alla persona persa, ma più evitiamo, più ci manteniamo legati: bisogna ricordare ciò che era bello e prendersi i meriti di quello che si era riusciti a costruire. Occorre prendere atto del cambiamento e integrarlo come parte della nostra esistenza, per poter rinascere a nuova vita!

Solo così si può giungere all’ultimo step, la fase dell’accettazione della propria nuova condizione e a una consapevolezza dell’accaduto, riappacificandosi con esso. È finalmente il momento in cui viene accettata la separazione, perché si smette di ribellarsi e di opporsi all’evidenza e si comincia un percorso nella direzione dell’autonomia, in cui bisogna imparare a stare bene da soli. Solo così la prossima relazione potrà essere una scelta e non una necessità, poiché non si avvertirà il bisogno di avere accanto qualcuno per potersi sentire felici.

Per ogni fase non c’è un tempo o un percorso stabilito, ciascuno li affronterà secondo le proprie modalità e i propri vissuti emotivi. La figura dello psicologo può essere un valido supporto nei momenti di difficoltà durante l’elaborazione del lutto e anche abile aiuto per scoprire la resilienza, cioè la propria capacità di far fronte agli eventi traumatici e di riorganizzare positivamente la propria vita dinnanzi alle difficoltà.

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