Storia di un cambiamento: Albrecht Dürer

Una delle tipologie di raffigurazione più interessanti nell’ambito artistico è certamente il ritratto.

Quando ancora non esisteva la fotografia, era l’unico mezzo per trasmettere la propria immagine ai posteri, per lasciare un’impronta di se che potesse rivelare qualcosa di noi. Man mano che gli artisti migliorarono la loro capacità di raffigurazione, i ritratti divennero sempre più naturali e, per quegli artisti eccelsi, la componente psicologica era tanto indagata da rendere questi ritratti parlanti, in grado di trasmettere anche il carattere e la personalità dell’individuo raffigurato.

Ma ancora più interessanti, forse, sono gli autoritratti degli artisti perché a differenza di un semplice ritratto, qui chi viene raffigurato è la persona stessa che sta dipingendo. Quindi, non c’è persona che possa conoscersi meglio. Non tutti hanno realizzato autoritratti, ma chi l’ha fatto ci ha lasciato una testimonianza incomparabile, un ricordo di se preziosissimo.

FIG1

Tra gli artisti che hanno realizzato degli autoritratti interessanti rientra certamente Albrecht Dürer. Il primo è una delle opere giovanili realizzate dall’artista, e risale al 1493. L’artista appare giovane, un pò rustico, con un’espressione data dall’arricciarsi delle labbra che lo rende quasi buffo; ha lo sguardo fisso allo spettatore ed in mano un fiore di eringio (come si evince dal titolo). Un filone interpretativo di questo dipinto sostiene che venne realizzato per la futura moglie dell’artista, Agnes Frey, a cui sarebbe donato appunto il fiore che l’artista tiene in mano. Altri critici sostengono invece che il fiore abbia più un significato religioso, legato forse all’iscrizione in alto nel dipinto: Le cose mi vanno come è disposto Lassù.

FIG2

Solo cinque anni dopo, nel 1498, un altro autoritratto rivela una personalità totalmente diversa dal precedente dipinto. Qui abbiamo un Albrecht Dürer ventiseienne, come ci dice l’iscrizione, abbigliato in modo totalmente diverso. L’artista ha ormai raggiunto una certa fama, che gli consente quindi di essere parte di una classe sociale diversa da quella di provenienza. L’abbigliamento rivela l’appartenenza a questa classe sociale elevata, i capelli sono curati e lo sguardo è fiero ma non altezzoso. La posizione del busto è la classica a ¾ (come nel ritratto precedente), e le mani sono intrecciate e poste sul davanzale, inguantate come dice anche il titolo dell’autoritratto (evidentemente, sempre per darne una connotazione aristocratica).

FIG3

Del 1500 è il terzo, ultimo, e forse più famoso degli autoritratti di Dürer, L’Autoritratto con pelliccia. Dopo questo, egli si raffigurerà solo tra i personaggi di alcuni suoi dipinti.

Lo sfondo questa volta ritorna scuro, e l’artista non è più di ¾ ma frontale rispetto all’osservatore. La posizione della figura e della mano alzata a tenere la pelliccia ricorda molto la tipologia del Salvator Mundi, con la mano benedicente rivolta a chi prega dinanzi a lui.

Anche in questo caso i capelli curatissimi e l’abbigliamento testimoniano l’appartenenza ormai assodata ad una classe sociale elevata, e l’ormai consueta iscrizione, questa volta in latino, rivela una ricerca anche culturale dell’autore.

In realtà, sia la posizione frontale, sia l’iscrizione in latino, non sono casuali: ormai Dürer aveva raggiunto la fama ed era un artista riconosciuto in tutto il mondo rinascimentale. L’iscrizione recita: Io Albrecht Dürer di Norimberga, all’età di ventotto anni, con colori eterni ho creato me stesso a mia immagine. Citando le parole dell’Antico Testamento, non utilizza il verbo dipingere ma il verbo creare, non tanto per presunzione ma ricollegandosi all’immagine che l’artista rinascimentale aveva di se, come creatore di bellezza.

Questi tre autoritratti, realizzati nel giro di soli 7 anni, sono completamente diversi, e testimoniano un’evoluzione sia pittorica che psicologica. Dürer morì nel 1528, avrebbe potuto realizzare altri ritratti, ma forse la sua immagine invecchiata non poteva sostenere il paragone coi precedenti dipinti.

Accontentiamoci, quindi, di questi pochi ma notevolissimi selfie d’autore.

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