Siria: vittime civili per interessi di guerra.

Pensare, scrivere, o parlare di medio oriente e nord Africa porta a dover affrontare la vista del baratro in cui precipitano le vite rubate  di due anni e mezzo di rivoluzione, guerra civile, conflitto religioso.

Negli ultimi trenta mesi paesi come Egitto, Tunisia, Libia sono stati scenario di ciò che giornalisticamente è stato chiamato Primavera Araba – le rivolte iniziate durante l’inverno del 2010-’11 – che hanno provato ad azzerare un assetto politico. Il 15 marzo 2011 arrivarono notizie di rivolte anche in Siria, per cui si pensò a un cambiamento di rotta generazionale in un paese autarchico, ma la brutale reazione del presidente Assad, i fucili dei ribelli e gli estremismi inutili, bloccarono tutto portando milioni di persone a vivere (ad oggi) quasi tre anni di limbo istituzionale, in un paese rovinato dalle bombe sganciate da concittadini che si odiano.
La rivolta divenne velocemente una guerra civile, come successe in Libia, dove però ai proiettili dei rivoltosi si unirono i missili dei caccia della N.A.T.O. In Libia dopo soli tre mesi di guerra civile intervenne l’O.N.U., in Siria non può intervenire per i veti nel consiglio di sicurezza di Cina e Russia, contrari ad ogni intromissione internazionale in faccende nazionali, come CeceniaTibet; nel frattempo ottanta paesi si sono proclamati amici della Siria e discutono della crisi, la Lega Araba ha mandato osservatori per verificare la situazione dei civili, e la Croce Rossa ha proclamato il conflitto siriano un conflitto non internazionale nel luglio del 2012, per poter fare un intervento umanitario a favore della popolazione. Da quando è iniziato il conflitto si è discusso, litigato, verificato, indagato e nel frattempo sono morte 110.000 persone.

Palestinian children play soccer 06 Febr

Negli ultimi mesi sono arrivate notizie di stragi senza mandanti certi che ci hanno allibito, la più odiosa il 21 agosto 2013.
Stragi senza mandanti ma con fornitori d’armi noti per entrambi i fronti: Inghilterra, Corea del Nord, Egitto, Arabia Saudita, Germania e Francia, quest’ultime contrapposte a livello europeo per un eventuale intervento a favore dei “ribelli”. In questo stesso momento in Siria si sta consumando un conflitto basato sull’odio e sull’interesse, sfociato nell’orrore umano per delle normali e lecite richieste politiche di un popolo che vuole un futuro con delle prospettive, indipendenti da religioni e regime.
Il conflitto siriano è diverso dai conflitti citati perché sta prendendo la forma dell’omicidio premeditato, dove i colpevoli hanno il tempo di premeditare carneficine e terrore in totale libertà, contando sull’appoggio di altri colpevoli: quelli liberi di agire per vendere armi, come accadde in Algeria e prima ancora in Somalia e Rwanda.
Domenica qualcuno ha pensato ad un autobomba per attaccare i palazzi del potere facendo morire decine di persone, in questo momento un cecchino spara per uccidere una donna indifesa e incinta, gli unici a perdere qualcosa sono sempre i civili, un esercito inerme e non armato che in guerra è obbligato ad avere il compito di essere vittima.

In Siria dove un presidente incapace di ascoltare, appoggiato e finanziato da chi cura senza nessuno scrupolo i propri interessi economici, si scontra con degli estremisti religiosi che si sono mischiati ai rivoluzionari, si sta consumando una carneficina. Due fronti ottusi continuano a combattere per distruggere il reciproco nemico che troppo spesso ha solo la faccia di un bambino.

Il mondo guarda Damasco e alla sua storia ma non riesce a mediare per paura di trovarsi in un altro pantano come quello israelo-palestinese, dimenticandosi che proprio l’intervento di mediazione riduce il numero di vittime e apre le porte al lento percorso di pace, perché senza vittime da vendicare non ci possono essere guerre.

In un tempo in cui tutto viene letto e scarsamente immagazzinato, ci stiamo abituando alle notizie di guerra, dimenticando il vero significato di quella parola e soprattutto il fatto che sia il più brutto affare umano, anche quando parliamo di rivoluzione.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *