Teatro al femminile: l'incontro con Daria Deflorian

L’attrice, autrice e regista di spettacoli teatrali Daria Deflorian torna in scena con ‘Reality’ , una performance teatrale che nel 2012 le ha permesso di ricevere il Premio UBU come migliore attrice. In questa intervista, rilasciata alla nostra Daniela Picciolo che l’ha incontrata per il progetto Domina Domna 2014, ci racconta, insieme all’attore Antonio Tagliarini, il percorso seguito e le motivazioni che l’hanno portata a dare vita a questa pièce teatrale.

1) Quando e da cosa è nata l’idea di realizzare questo spettacolo?

L’idea è nata nel 2010, dalla lettura del reportage di Marius Szczygiel ‘Kaprisyk, damskie historie’, uscito su un quotidiano italiano dove si parlava dei diari della donna polacca Janina Turek. La lettura del reportage è stata folgorante perché oltre a essere ben scritto era molto intrigante e io e Antonio Tagliarini, l’altro attore con cui lavoro, abbiamo subito pensato di renderlo il punto di partenza di un progetto. Per analizzare a fondo questo progetto siamo andati a Cracovia, città in cui Janina aveva vissuto, tappa fondamentale per il nostro lavoro e nel luglio del 2012 eravamo pronti con lo spettacolo con cui abbiamo debuttato a Roma.

2) E’ stato difficile rendere in forma teatrale i pensieri di Janina Turek?

Si, è stato parecchio difficile e non immediato trovare una sintesi nostra e che rispettasse la forma dei diari, puri elenchi senza commenti e senza apertura alla vita che c’era dietro quell’elenco. Volevamo portare avanti un’indagine sulla realtà e sul quotidiano. Volevamo interrogarci sulla realtà quotidiana e restituire l’anti drammaticità della vita, delle piccole cose.

Reality (1)

3) Quanto tempo è stato necessario per costruire uno spettacolo come questo?

Ci è voluto parecchio tempo, anche perché io e Antonio, nel nostro lavoro preferiamo fare delle tappe di prove non continuative. Lavoriamo ad esempio una ventina di giorni e poi riprendiamo il lavoro dopo una pausa per metabolizzare quanto fatto fino a quel momento. Dalla prima intuizione di creare un lavoro teatrale al debutto sono passati due anni, considerando però anche le pause che ci siamo presi, durante le quali portiamo avanti altri lavori o ci dedichiamo ad altro. Durante il periodo di lavorazione abbiamo realizzato anche una performance, un progetto autonomo di 40 minuti dal titolo ‘Cose’, in cui lavoriamo con 300 oggetti. Lo studio dei diari di Janina, ci ha permesso, tra l’altro, di portare avanti anche una riflessione sull’invecchiamento e sul tempo che scorre, dal momento che l’elemento della durata riveste un ruolo non indifferente nella storia di Janina. Questo ci ha permesso di creare dei laboratori teatrali rivolti a persone anziane. Disponiamo tra l’altro anche di un blog che racconta tutto il nostro percorso, realitydiario.tumblr.com. Gran parte di quanto scritto nel blog, anche se non tutto, è rientrato nel nostro spettacolo. Sicuramente il percorso che abbiamo affrontato partendo dai diari non è stato semplice, ma la cosa che a noi interessa è che abbia prodotto molto pensiero e aperto diverse questioni.

4) Si ritiene soddisfatta della realizzazione di questa messinscena? Aveva già allestito lavori simili?

Si, noi, come gruppo di lavoro, abbiamo condiviso diversi lavori con Antonio dal 2008. Siamo attratti soprattutto da vicende minori, questioni invisibili, non eclatanti, questioni laterali ma che suscitano proprio per questo il nostro interesse.

5) Partendo dai diari personali di Janina Turek, dove vuole arrivare e quale aspetto esistenziale intende sottolineare con questo spettacolo?

Noi abbiamo voluto rispettare la privacy e la vita di Janina, infatti della sua vita privata non riveliamo quasi nulla. Quello che lo spettacolo intende fare è mostrare come uno specchio la realtà, la nostra vita. Quella di Janina, di annotare in numeri le azioni quotidiane, può sembrare una scelta assurda e inutile, ma mostra invece quello che noi possiamo o non possiamo sapere della nostra esistenza quotidiana, ci ricorda l’oblio del quotidiano, come tante cose che riempiono e compongono gran parte della nostra vita vadano dimenticate. Alla fine sono proprio questi gesti banali e ripetitivi che costituiscono la nostra esistenza, essa è infatti scandita da gesti quotidiani.

6) Quindi, si può dire che, ogni oggetto che ci appartiene o azione apparentemente priva di significato può raccontare la nostra storia, chi siamo, da dove veniamo?

Si, ogni nostra azione ci contiene. Mi viene in mente la scena della pièce in cui io e Antonio proviamo a immaginare la protagonista Janina nel momento in cui muore. Noi ce la figuriamo mentre, poco prima di morire di infarto, si ricorda il momento in cui si pulisce le scarpe sullo zerbino di casa dei propri genitori. Un gesto quotidiano, quindi, e pensiamo che potrebbe aver deciso proprio lì, in quel momento, di scrivere i diari. Usiamo la nostra fantasia per collocare un gesto banale e semplice e renderlo eterno. Da un gesto apparentemente scontato sarebbe quindi nata l’idea dei diari, facendo così diventare quel momento unico e importante. Nel momento della nostra morte, del resto, è proprio la nostra quotidianità che ci torna alla memoria e che rappresenta la nostra vita.

Uno spettacolo da non perdere e che porta lo spettatore a riflettere sul senso del nostro esistere.

Daniela Picciolo
pinopic1@tin.it

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