Ci troviamo nei pressi di un palcoscenico e un capocomico, l’unico componente rimasto della compagnia che è andata disgregandosi, decide di mettere in scena l’”Edipus” di Testori, testo che recupera l’Edipo re di Sofocle ma stravolgendolo. Quello che verrà messo in scena, infatti, sarà una polis dominata dal potere corrotto del tiranno Laio, in cui ogni tentativo di ribellione risulterà essere fugace, anche quello estremo del protagonista,Edipo, che lungi dall’accettare passivamente il proprio destino come nell’opera di Sofocle, vi si opporrà con tutta la forza, punendo le figure genitoriali, causa delle sue sventure.
Un unico attore, Eugenio Allegri, si troverà a vestire i panni di tutti i personaggi della tragedia greca, scelta imposta dall’ultimo testo de“La trilogia degli scarrozzanti” di Testori, a differenza di Ambleto e Macbetto,che erano stati pensati per più attori. Lo spettacolo, andato in scena il 26 gennaio al Teatro Sociale all’interno della rassegna “Altri percorsi”, vuole rappresentare anche quella che è la decadenza del teatro nell’epoca contemporanea e compito dell’attore diviene quindi quello di battersi affinché questo non accada. L’opera di Testori non a caso era stata scritta proprio negli anni ’70, gli anni di piombo, in cui ogni certezza, allora come oggi, stava venendo meno e quindi il testo può essere letto anche come rispecchiamento della crisi che stiamo vivendo: sociale, valoriale e politica. La potenza espressiva del testo è resa anche dall’uso del linguaggio: un’alternanza di dialetto, volgarismi e latinismi, proprio come nell’opera di Testori. Un’Edipus dissacrante, sacrilego e deflagrante.
Un’Edipo consapevole, che su mandato di Dionisio punisce il padre e la madre per essere stato escluso dal potere, un Edipo che vuole distruggere la corruzione di Tebe con ogni mezzo, anche i più abietti e meschini. Come ha sottolineato lo stesso Allegri: “Il messaggio è terrificante ma tragicamente di attualità perché oggi siamo di fronte a generazioni di giovani che incapaci di trovare nuove forme di civiltà, reagiscono con una grande violenza all’impossibilità di trovare un ruolo nella società. Calarmi nel personaggio violento è stata anche una scelta per vedere quali possano essere le ragioni di questo altro modo di intendere i rapporti umani”.
In un unico monologo di un’ ora e un quarto Allegri riesce con grande abilità e maestria a calarsi nei panni di più personaggi, da Laio, a Edipo a Giocasta, alternando le vicissitudini dell’Edipus a quelle del suo ruolo di capocomico e narrando le sventurate vicende della sua compagnia, con una primadonna fuggita con un ricco mobiliere, mentre gli altri attori sono andati a cercar fortuna altrove. Ma il teatro deve resistere in qualche modo e anche solo in scena l’attore continua a difendere la sua arte, rappresentando la pièce. Un teatro che rimane ormai l’unico baluardo di questa società allo sbaraglio.