Grande interpretazione quella di Lucilla Giagnoni nel monologo intitolato “Furiosa Mente” e andato in scena al Teatro Sociale mercoledì 19 e giovedì 20 aprile. L’epoca in cui viviamo oggi, circondati dalla tecnologia che ci permette di fare qualunque cosa, è un’epoca incredibile, ma anche ricca di contraddizioni. Se usata male, infatti, può portare alla distruzione e all’annientamento dell’essere umano, come nel caso della guerra e delle armi nucleari. “L’uomo”, ammonisce l’attrice, “scegliendo la guerra invece della battaglia e quindi del conflitto che è anche dialogo, annienta ogni possibilità di comunicazione, condannando l’umanità all’ autodistruzione”.
Da quando l’uomo ha esplorato e conosciuto il mondo, il passaggio alla mondializzazione è stato immediato, con la terra unita in un unico progetto globale, con uomini che parlano la stessa lingua, si intendono, comunicano e possono scambiare tra loro le proprie conoscenze. Questo tempo presenta possiede anche dei lati meravigliosi, ma la globalizzazione, il conformismo e la guerra rischiano di minare quelli che sono i suoi aspetti positivi. La struttura della messinscena è imbastita come i livelli di un videogioco, metafora dell’epoca odierna, in cui a ogni livello corrisponde una virtù. La scelta del guerriero come avatar dell’uomo contemporaneo non è casuale, infatti, come spiega l’attrice: “il guerriero non è quello che fa la guerra, ma è colui che fa dell’arte della guerra un’arte, sublimandola, creando conflitto e quindi superandola”. Ecco così che tutti i più grandi pensatori che hanno fondato movimenti spirituali sono stati prima di tutti guerrieri, come ci viene raccontato negli episodi del monologo: da San Paolo a Ignazio di Loyola e anche lo stesso San Francesco, che in una formidabile rivisitazione del “Cantico delle Creature” viene indirettamente citato nel corso dello spettacolo. “Si tratta”, specifica l’attrice, “Di personaggi che hanno abbandonato il concetto di guerra per dedicarsi alla propria umanità”.
L’uso di colonne sonore, musica e giochi di luce, riescono a mantenere alta la tensione drammatica durante l’intera mise en scène, trasformando alcuni passaggi in veri e propri momenti aulici, come durante l’ intonazione del “Cantico delle Creature” o quando viene narrata l’Antigone di Sofocle. Antigone, sorella di Polinice, vuole seppellire il fratello morto contro la volontà del re di Tebe, Creonte, che vorrebbe invece consegnare il corpo del fratello in pasto ai cani perché ha tradito la patria. Lo strazio della sorella e l’ira e la crudeltà di Creonte, entrambi interpretati dall’attrice, toccano uno degli apici del pathos emotivo dello spettacolo. Solo grazie alla responsabilità umana ci potremo salvare, sembra ammonirci l’interprete. il prezzo da pagare in caso contrario sarebbe infatti troppo alto da pagare, come l’estinzione dell’intera razza umana.