Visto per voi: La vita ferma al Teatro Sociale

I temi della morte e del ricordo contraddistinguono i punti focali dello spettacolo: “La vita ferma”di Lucia Calamaro, andato in scena al Teatro Sociale lo scorso giovedì 11 gennaio all’interno della rassegna“Altri percorsi”. Suddivisa in 3 atti, la messinscena colpisce subito per la poesia con cui le tematica della malattia e della morte vengono affrontate. Tanti scatoloni imballati al centro del palcoscenico, un trasloco in atto e la protagonista (interpretata da Simona Senzacqua), vestita d’argento, affetta da un male incurabile, che chiede al marito (Riccardo Goretti), di essere ricordata, di non dimenticarla mai.
LA VITA FERMA
“Se imballi tutto di cosa ti ricorderai?” è la provocazione lanciata dalla moglie, come ad evidenziare che il rischio, mettendo via tutti i ricordi, sia quello di dimenticarsi anche dei propri cari che non ci sono più. Durante il secondo atto compare anche la figlia Alice (Alice Redini) e qui, attraverso momenti di ironia e leggerezza, vengono messi in scena sprazzi di vita quotidiana e il tema della malattia e della morte connessa ad esso, viene raccontato con un tocco di humor e ironia dal marito Riccardo. Simona, la protagonista femminile, ama i vestiti a fiori e ironizzando sul proprio destino, chiede quale indossare nella tomba, perché per l’ultimo giorno vuole essere bellissima, qualcosa che le stia bene anche da sdraiata mentre tutti andranno a porle l’ultimo saluto. Nell’ ultimo atto sono passati ormai parecchi anni dalla morte di Simona e il padre Riccardo, dopo 5 anni di lontananza dalla figlia Alice, si ritrova con essa per andare a fare visita alla madre al cimitero.
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Il ricordo della sua morte però è ormai lontano, il senso di dolore legato ad esso è andato svanendo e Riccardo non ricorda nemmeno più dove sia la tomba dell’amata. Il dolore dato dal senso di perdita per i propri cari si è perduto nel tempo e subentra il senso di colpa di non ricordarli più come allora. I ricordi sfumano e si fanno più confusi, Il dolore va scemando e la presenza dei nostri cari accanto a noi diventa più flebile. Senso di colpa ma anche di sollievo per averli lasciati andare e avere superato la sofferenza provata allora. Questi la tematica e il conflitto interiore posti in essere dallo spettacolo di Lucia Calamaro, che non cerca di dare risposte ma pone interrogativi agli spettatori. Una composizione floreale che riproduce la sagoma di Simona contraddistingue l’ultima scena, in cui a uno stesso tavolo, per festeggiare il compleanno di Alice ormai divenuta grande e madre di un figlio di 12 anni, si ritrovano lei, il padre e il marito di Alice, a ricordare insieme Simona. Una pièce che affronta un tema forte, che fa discutere e che apre spunti di riflessione sulla nostra esistenza e sui nostri sentimenti umani.

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