Aram Kian, attore nato da padre iraniano e madre romana, ha portato in scena venerdì 31 marzo lo spettacolo “Mi chiamo Aram e sono italiano” con la regia di Gabriele Vacis. L’attore descrive in un lungo monologo le difficoltà di essere un immigrato di seconda generazione, tra l’ignoranza dei suoi insegnanti di scuola che confondono l’Iran con l’Iraq e le problematiche che tutti i giovani si trovano ad affrontare nel corso della loro vita. Sono gli anni ’80 quelli in cui cresce Aram, nella provincia del milanese, e il protagonista tiene il pubblico col fiato sospeso raccontando diversi episodi della sua vita: dal rapporto di amicizia con i compagni, ai primi innamoramenti, alle scelte professionali dopo l’Università. In un periodo in cui gli atti terroristici diventano purtroppo pane quotidiano, il rischio è proprio quello, per Aram, di venire spesso identificato come il nemico, come il terrorista che semina panico nell’occidente. Sarà proprio Aram, trovandosi di fronte ad un bivio, a scegliere la via della relazione, dell’integrazione, a discapito di quella dell’odio e dell’isolamento. Proprio come spiega l’attore: “I muri non servono, sono utili solo a fomentare l’indifferenza e l’isolamento”. La scena è minimalista, composta da pochi elementi ed è l’attore, che grazie alla sua capacità di calarsi nei diversi personaggi della narrazione e alla sua ironia, riesce a non far mancare nulla alla mise en scène. Numerosi sono gli esempi di isolamento, di meschinità e di razzismo che ci vengono presentati dall’attore, a cui Aram riesce sempre a rispondere e superare grazie proprio al dialogo e alle relazioni sociali che intesse. Questo distanza, che il protagonista avverte nella comunità in cui vive, viene descritta già nelle prime battute del monologo. Aram è intento a imbiancare una stanza e vede tutto bianco, mentre lui piccolo, peloso e nero, come spesso si descrive nel corso della narrazione,è come se si sentisse estraniato da tutto quel bianco che lo circonda. “Sono le persone che incontri che fanno la differenza e costruire ponti, anche se può sembrare un’ovvietà, è meglio che alzare barriere” sono le degne conclusioni a cui giunge Aram attore e personaggio.