Visto per voi: Il prezzo regia di Massimo Popolizio

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Siamo nell’America della post depressione del ’29: due fratelli, Victor e Walter, interpretati rispettivamente da Massimo Popolizio e Elia Schilton, si ritrovano dopo sedici anni a dover vendere i mobili che un tempo facevano parte della casa in cui avevano vissuto da piccoli. L’immobile in cui si trovano accatastati gli antichi mobili sta infatti per essere abbattuto e necessita di essere sgomberato il prima possibile. Per stimare il prezzo del mobilio giungerà sulla scena un terzo personaggio, un broker di origini ebraiche, Gregory Solomon, interpretato dal grande Umberto Orsini. La vicenda diventa il pretesto per i due fratelli di incontrarsi e di scontrarsi, facendo emergere risentimenti, rancori, momenti del passato che riaffiorano alla memoria. Il primo, Victor, sposato con Esther Franz (interpretata dall’attrice Alvia Reale), donna che soffre di depressione e di alcolismo, ha infatti deciso di prendere una strada completamente diversa da quella del fratello, arruolandosi in polizia per mantenere il padre, caduto in disgrazia dopo la crisi del ’29. Il secondo, invece, allontanandosi dalla famiglia, ha preferito continuare gli studi di medicina, divenendo un chirurgo di successo.

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L’ambientazione è caratterizzata da una scenografia che rimane fissa nel corso della rappresentazione e che è composta dalla scala che conduce all’appartamento e dalla quale fanno la loro entrata i diversi personaggi, mentre accatastati lungo la parete sinistra ci sono i vecchi mobili, come l’arpa della madre, il letto, le sedie, che rappresentano ricordi di un’epoca passata, di un’infanzia finita presto con l’arrivo della crisi. Anacronistici sono i mobili, così come anacronistico è ormai chiedersi se le decisioni prese in passato dai due fratelli siano state giuste o sbagliate. Il testo, dal titolo “Il prezzo”, portato in scena dall’interprete e regista Massimo Popolizio , in programma al teatro Donizetti dal 23 al 28 Febbraio e tratto dall’omonimo romanzo, narra le conseguenze che la crisi economica del ’29 ha portato con sé, causando inquietudini e incertezze sul futuro, soprattutto sul futuro di quella élite benestante che a causa della crisi ha visto venir meno il suo avvenire. Così “il prezzo”, all’interno della pièce, non rappresenta più solo il prezzo da stimare dei vecchi mobili, ma assume un significato più profondo, finendo col rappresentare anche il prezzo che ognuno ha dovuto pagare dopo la crisi, il prezzo delle scelte fatte, del futuro che ognuno si è costruito.

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Victor rinfaccia al fratello il suo disinteresse verso gli altri, mentre lui, più brillante di Walter nello studio, è stato costretto ad lavoro mediocre, Walter invece gli rimprovera le sue scelte facendo chiedere allo spettatore se quelle fatte siano davvero valse a qualcosa? O il prezzo da pagare è sempre troppo salato?

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Il passato, come un fantasma, tramite il dialogo a tratti comico a tratti tagliente tra i due fratelli, si riversa nel presente e costringe a fare i conti con esso. I due fratelli si mostrano si da subito differenti nella loro psicologia e nel loro modo di affrontare la vita: Walter più deciso e più cinico e Victor più fragile e insicuro, pronto ad abbondare i suoi sogni per farsi carico dei problemi familiari. A fare da mediatore tra i due entra in gioco Solomon, il vecchio ebreo, l’uomo saggio che ne ha viste di tutti i colori durante la sua lunga esistenza. Sarà lui a far capire che la vita in fondo è una sola, e le decisioni prese non si possono cambiare, resta solo vivere al meglio il proprio futuro assaporando la bellezza della vita.

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